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Lungo il confine orientale dell’UE si infrange il mito dei diritti umani

Le parole senza i fatti sono lettera morta, le parole senza le giuste politiche sono inutili

Photo credit: Fundacja Ocalenie

Premessa

Lo scorso 10 dicembre abbiamo celebrato la giornata mondiale dei diritti umani. Una data scelta per ricordare la proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani. Difficile celebrare una ricorrenza così solenne e importante, con tutte le violazioni dei diritti umani che si registrano in ogni angolo del mondo.

Volgendo il nostro sguardo verso il confine orientale del nostro Continente, dobbiamo prendere atto di quanto sia insignificante la vita umana e di come centinaia e migliaia di persone vengano utilizzate semplicemente come pedine sulla scacchiera della politica internazionale. Uno schema consolidato che consente agli Stati di giocare una partita politico-istituzionale sulla pelle dei migranti. Una vera e propria partita a Risiko che prevede lo spostamento di truppe da un confine all’altro, l’innalzamento di muri e di recinzioni. Una partita diplomatica che rappresenta la sconfitta più evidente delle politiche migratorie dell’UE e la disfatta del mito dei diritti umani.

Educati all’idea che fascismi e totalitarismi fossero la vera e unica causa dei mali del mondo, si è veicolata l’idea semplicistica della democrazia come soluzione di ogni problema e del sistema economico capitalistico come vero luogo di libertà e di benessere. Una illusione appunto che induce ad avere maggiore tolleranza quando la violazione dei diritti umani è avallata dai c.d. Paesi occidentali. Il grande paradosso è che questi stessi Stati si chiudono e innalzano muri per ripararsi dalle nefaste conseguenze di decenni di politiche predatorie. Ecco perché quanto accade ai confini della nostra Europa deve essere cancellato, allontanato da noi come se fosse questione che non ci riguarda.

Cosa succede sul fronte orientale?

Spostandoci da occidente a oriente lungo i confini dell’Europa, facciamo esperienza della portata dei fenomeni migratori in corso e delle conseguenze disastrose delle politiche di contenimento e respingimento adottare dai singoli stati e dall’UE. Dalle Canarie al Mar Mediterraneo, da Malta alla Grecia passando per la Turchia, un lungo “muro” che genera morte e sofferenza.

Negli ultimi mesi, l’attenzione si è concentrata su quanto sta accadendo lungo il confine tra Bielorussia e Polonia. Una vera e propria crisi internazionale sta coinvolgendo i Paesi dell’Europa dell’est. Una crisi diplomatica che ha ragioni ben precise e che vede contrapposte l’UE alla Bielorussia. In questa crisi diplomatica si inserisce il dramma di una crisi umanitaria che coinvolge migliaia di profughi utilizzati come pedine di scambio da governi senza scrupoli.

Photo credit: OKO.press

L’antefatto

Per comprendere cosa stia accadendo lungo il confine tra Ue e Bielorussia, occorre fare un passo indietro e precisamente tornare al mese di giugno quando l’Unione Europea ha approvato sanzioni nei confronti della Bielorussia accusando il presidente Alexander Lukashenko di un autoritarismo sempre più duro.La risposta del presidente Lukashenko non si è fatta attendere e le sue dichiarazioni sono state molto chiare facendo presagire quello che poi sarebbe accaduto. Accusando l’UE di interferire negli affari interni della Bielorussa, infatti, Lukashenko fa sapere all’UE che il suo Paese non avrebbe più contribuito alla lotta all’immigrazione clandestina, permettendo il transito verso Ovest dei migranti. Stessa strategia adoperata diversi mesi prima dalla Turchia per tenere sotto scacco l’Unione Europea.

Così, in breve tempo, un gruppo di circa 3.000 persone, in maggioranza curdi iracheni, ha montato le tende al confine tra Bielorussia e Polonia tentando in più occasioni di forzare l’ingresso in quest’ultimo Paese. La Polonia, da parte sua ha iniziato ad accusare la Bielorussia di controllare i migranti che si trovavano al confine e di spingerli a forzare i blocchi per entrare in Europa.

Nasce così la crisi umanitaria con cui facciamo i conti da almeno 2 mesi. Una crisi umanitaria frutto di uno scontro diplomatico che ha portato alla militarizzazione del confine tra Polonia e Bielorussia 1.

In questa contrapposizione politica non ci sono buoni e cattivi, non ci sono ragioni che possono giustificare la situazione che vivono i migranti accampati nei boschi, costretti a vivere di stenti, esposti alla pioggia, alla neve, al freddo invernale. In questa contrapposizione politica esistono solo le ragioni dei più deboli che dovrebbero essere le uniche a muovere le nostre azioni. Purtroppo, non è così. Siamo nelle mani della realpolitik che può permettersi di assistere alla morte di bambini a causa del freddo, che può sopportare le immagini di uomini e donne stremati e spauriti, che può accettare che intere famiglie vengano spezzate, dilaniate, separate e si perdano nei boschi al confine europeo.

Quanto accade ai confini estremi della nostra Europa è il risultato delle politiche securitarie che abbiamo avallato in questi anni. Eppure non abbiamo nessun confine da difendere, non ci sono invasioni in atto, non vi è alcuna guerra in atto. Anzi, a dirla tutta, sono proprio questi uomini e queste donne che respingiamo a fuggire spesso da conflitti e a portare le cicatrici fisiche e morali della guerra.

Una lunga crisi

Il mese di novembre ha rappresentato la sconfitta degli ideali europei. L’ennesimo schiaffo dato ai diritti umani. Mentre infatti i potenti della terra giocavano al loro personalissimo Risiko, nei boschi, nel fango, nella neve, morivano uomini, donne e bambini a causa del freddo, della fame, degli stenti.

Se analizziamo la successione degli eventi, ci rendiamo conto che vi è stata una sorta di escalation della crisi diplomatica nel mese di novembre che poi sembra essere arrivata ad un punto di stallo. In effetti, il 9 novembre la Lituania dichiara lo stato di emergenza nelle aree di confine con la Bielorussia. Il 10 novembre, a sua volta, Cipro rende noto di voler sospendere le richieste di asilo per via della crisi migratoria che interessa l’isola. Il 13 novembre la polizia polacca annuncia la scoperta di un corpo di un giovane siriano senza vita nei pressi del confine Bielorusso. Il 15 novembre l’UE decide per nuove sanzioni contro la Bielorussia. Il 18 novembre 430 migranti accampati presso il confine polacco sono stati rimpatriati con voli di ritorno in Iraq. Il 19 novembre le posizioni del Primo Ministro Bielorusso iniziano ad ammorbidirsi e le dichiarazioni vanno verso una maggiore distensione.

Ma la soluzione del problema non è affatto vicina e per tutto il mese di novembre continuano le schermaglie politiche tra UE e Bielorussia, quest’ultima spalleggiata dalla Russia.

La situazione in questi giorni continua a essere drammatica. Sono migliaia i migranti ammassati al confine in condizioni disperate. Campi di fortuna sono stati allestiti per accogliere famiglie intere ma le testimonianze che arrivano sono strazianti. “Un gigantesco magazzino trasformato dalle autorità di Minsk in un dormitorio per migranti. Siamo vicino al valico di frontiera di Bruzgi tra la Bielorussia e la Polonia. Centinaia di persone, bloccate per settimane in campi di fortuna dopo aver tentato di attraversare il confine polacco, ora hanno un posto caldo dove stare. Anche se le condizioni di vita restano disastrose 2.

Chi l’ha visto dice che non è nemmeno un campo profughi. È un bosco, una palude, un acquitrino gelato dall’inverno, dove non si possono nemmeno piantare delle tende. La zona è controllata dai militari polacchi, che non fanno avvicinare nessuno. Chi cerca di aiutare i profughi rischia pesanti multe e fino a cinque anni di carcere 3”.

Mentre accade tutto questo e mentre il Parlamento europeo ancora discute su come fare fronte alla crisi, il 15 dicembre, su decisione delle autorità polacche, è cominciata la costruzione un muro lungo il confine con la Bielorussia. Il muro sarà realizzato anche grazie ai finanziamenti europei e sarà lungo 200 chilometri. Sarà alto quasi sei metri, con una fitta matassa di filo spinato in cima, sensori di movimento, telecamere, luci e allarmi sonori. Servirà a controllare il confine tra Polonia e Bielorussia e a impedire l’ingresso in Unione europea delle persone in cerca di rifugio dai conflitti, dalle violazioni dei diritti umani e dalle crisi sociali dovute al cambiamento climatico in Medio Oriente e in Asia.

Photo credit: OkoPress

Le violenze di Stato

In questo contesto geo-politico si inseriscono poi le quotidiane violazioni dei diritti umani da parte della polizia di frontiera. Sono numerosi i racconti delle persone che si trovano accampati al confine bielorusso. Racconti che ci descrivono di brutali aggressioni. “Ci hanno picchiato, il mio amico si è rotto il naso, hanno preso i soldi e i passaporti. Hanno preso tutto”.

Ma non solo violenze. I racconti ci descrivono anche la situazione disumana in cui queste persone sono stati costretti a vivere. Bloccate nelle foreste, senza cibo e senza acqua. Costretti a mangiare quello che trovavano sugli alberi e a bere l’acqua del fiume, ma anche a dormire abbracciati tra di loro per riscaldarsi.

Naturalmente, costretti a vivere in queste condizioni non sono mancati coloro che non ce l’hanno fatta.

Alcune riflessioni

Leggendo i racconti e gli appelli di chi ha toccato con mano la brutalità della situazione in atto al confine tra Polonia e Bielorussia, possiamo comprendere innanzitutto la fallacità delle politiche migratorie messe in atto dall’Ue e dai singoli Stati membri. Una riflessione che si rende necessaria perché l’Europa non può continuare a parlare di diritti umani senza mettere in atto azioni concrete che rendano la loro tutela effettiva. Le parole senza i fatti sono lettera morta. Le parole senza le giuste politiche sono inutili.

Permettere che al confine con il nostro Continente muoiano ogni giorno uomini, donne e bambini che hanno come unica colpa la voglia di ricercare una vita migliore, rappresenta una inaccettabile mancanza dell’UE. Una mancanza che costituisce un crimine contro l’umanità e che non può conciliarsi con la retorica dei diritti umani a cui siamo abituati.

Ma non solo.

Quanto accade al confine orientale, come quanto accaduto in precedenza con la Turchia, apre un nuovo tema nel dibattito generale delle politiche migratorie, il tema del ricatto a cui è sottoposta l’UE da Stati che non hanno alcun rispetto della vita umana. L’UE è messa, anche per colpa propria, sotto scacco dalla minaccia di governanti senza scrupoli che utilizzano i migranti come pedina di scambio per ottenere aiuti economici, mano libera nelle repressioni interne e nella conduzione di nuove guerre.

Da questo punto di vista, la Turchia ha fatto scuola dimostrando la debolezza del nostro Continente, la sua debolezza, la sua totale incapacità di emanciparsi dalla logica della esternalizzazione delle frontiere europee.

I migranti sono divenuti così strumenti di giochi di politica internazionale tra Stati.

Noi non possiamo accettare tutto questo. La dignità umana, il rispetto dei diritti, il dovere di aiutare e soccorrere chi si trova in difficoltà, il superamento delle diseguaglianze, sono problematiche che non possono ancora essere sacrificate.

  1. Tra le misure adottate dalla Polonia per limitare gli ingressi illegali, è importante ricordare il dispiegamento di soldati annunciato, il 25 ottobre, dal ministro della Difesa polacco, Mariusz Blaszczak. Attraverso un tweet, il funzionario aveva dichiarato la mobilitazione di altri 2.500 soldati, portando a un totale di 10.000 militari lungo il confine che la Polonia condivide con la Bielorussia. Quest’ultima, in risposta, ha avvisato che Mosca e Minsk avrebbero agito “in modo duro” per contrastare la militarizzazione polacca lungo i confini. Analoghe misure erano state adottate dal Ministero della Difesa di Varsavia anche il 19 ottobre, quando era stato annunciato il dispiegamento di altri 3.000 soldati al confine, ponendo una stretta sulle misure di sicurezza per far fronte alla crescente crisi migratoria, acuitasi dallo scorso agosto”https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/11/09/cosa-sta-succedendo-al-confine-polonia-bielorussia
  2. https://www.globalist.it/world/2021/12/19/migranti-al-gelo-foresta-distrutta-la-frontiera-del-crimine-tra-bielorussia-e-polonia/
  3. https://www.nuoveradici.world/attualita/sul-confine-tra-polonia-e-bielorussia-dove-naufraga-leuropa/

Avv. Arturo Raffaele Covella

Foro di Potenza.
Sono impegnato da anni nell’ambito della tematica del diritto dell’immigrazione, con particolare attenzione alla protezione internazionale e alla tutela dei lavoratori stranieri. Collaboro con diverse associazioni locali che si occupano di migrazioni. Scrivo per diverse riviste.