Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è un’Autorità di garanzia, collegiale e indipendente, non giurisdizionale che ha la funzione di vigilare su tutte le forme di privazione della libertà.
In altre parole, il Garante vigila sul rispetto dei diritti delle persone che si trovano all’interno degli istituti di pena, ma anche di chi è sottoposto a custodia nei luoghi di polizia, o alla permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione, o è “ospitato” presso le residenze adibite all’esecuzione delle misure di sicurezza psichiatriche (Rems) e ai trattamenti sanitari obbligatori.
Se nel nostro Paese, la sua istituzione è recente, la figura del Garante è presente in altri contesti nazionali da moltissimo tempo. La sua prima comparsa, infatti, risale al 1809 in Svezia con il compito principale di sorvegliare l’applicazione delle leggi e dei regolamenti da parte dei giudici e degli ufficiali. Naturalmente, con il tempo, le sue funzione e i compiti assegnati sono andati aumentando di numero e importanza fino a divenire un organo di controllo della pubblica amministrazione e di difesa del cittadino contro ogni abuso.
Oggi questa figura, con diverse denominazioni, funzioni e procedure di nomina, è presente in 23 paesi dell’Unione europea e, in Italia, è stata introdotta con il Decreto Legge n. 146 del 2013 convertito, con modificazione, dalla legge 21 febbraio 2014, n.10 mentre il d. m. 11 marzo 2015 n. 36 ha definito il regolamento sulla struttura e la composizione dell’Ufficio.
Al Garante è stato affidato anche il monitoraggio dei rimpatri degli stranieri extra-comunitari irregolarmente presenti sul territorio italiano e che devono essere accompagnati nei paesi di provenienza. In base alla direttiva europea n. 115 del 2008 sui rimpatri, infatti, ogni paese ha l’obbligo di monitorare la situazione con un organismo indipendente.
Con riferimento ai compiti e ai poteri riconosciuti dalla legge al Garante, va detto che questi intrattiene un dialogo con le amministrazioni interessate dal suo “controllo” sollecitando o proponendo interventi di carattere amministrativo o politico che consentano di risolvere eventuali problemi riscontrati.
Se accerta violazioni alle norme dell’ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell’articolo 35 dell’ordinamento penitenziario, invia specifiche raccomandazioni per risolvere criticità o irregolarità.
Se l’amministrazione non provvede, deve comunicare il dissenso motivato entro trenta giorni, termine oltre il quale il rapporto sulla visita viene reso pubblico con le risposte avute dall’Amministrazione o con l’indicazione che l’Amministrazione non ha fornito risposte.
Soprattutto a causa delle crescenti situazioni di criticità riscontrate nei Centri di Permanenza negli ultimi anni, la figura del Garante è divenuta molto importante e le sue relazione rappresentano un punto di riferimento da cui inevitabilmente si deve partire per avere un quadro della situazione reale all’interno dei CPR. D’altra parte, essendo veramente poche le figure terze che possono accedere ai Centri di Permanenza e effettuare ispezioni, il lavoro del Garante nazionale diviene particolarmente importante.
Prima ancora dell’istituzione del Garante nazionale, nel nostro Paese sono stati introdotti i garanti regionali, tant’è che oggi, il Garante nazionale svolge anche una funzione di coordinamento tra questi e nel 2008 è stata istituita la Conferenza Nazionale dei Garanti regionali, un organismo che ha il compito di pianificare iniziative di rilievo nazionale per meglio affrontare le problematiche connesse alla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, all’esecuzione della pena e al loro reinserimento sociale.
La presenza in ogni regione di un punto di riferimento istituzionale a tutela e garanzia dei diritti delle persone private della libertà personale è importantissima per una effettiva tutela di questi diritti. Un’unica figura infatti non potrebbe da sola esercitare quel controllo e quella vigilanza necessaria su tutte le strutture presenti sul territorio nazionale. Ma, ad oggi, la rete dei garanti regionali risulta essere ancora incompleta e, tra le regioni che sono prive ancora di questa figura, troviamo la Calabria, la Liguria e la Basilicata. Si tratta di una grave mancanza da parte di queste regioni nella effettiva tutela dei diritti delle persone private, a qualsiasi titolo, della libertà personale.
Nello specifico della Basilicata, va evidenziato come il “vuoto” in questione sia particolarmente ridondante per la situazione ivi presente. In una regione in cui vi sono diverse strutture di detenzione (carcere di massima sicurezza di Melfi e le case penitenziarie di Potenza e Matera) e dove è presente un Centro di Permanenza per i Rimpatri (Palazzo San Gervasio), la mancanza di una figura così importante per la tutela dei diritti umani si fa sentire. La mancanza di un costante e attento monitoraggio, da parte di un organismo indipendente, del rispetto dei diritti della libertà personale, e degli standard minimi previsti dalla legge per le strutture di detenzione, non ha favorito sicuramente una cultura del rispetto dei diritti delle persone detenute e trattenute. Eppure le denunce provenienti dalla società civile e dalle associazioni sono state e sono numerose.
In questi anni, anzi, abbiamo assistito a diverse sfilate di parlamentari locali che hanno avuto come scopo quello di portare solidarietà agli agenti penitenziari e alle forze di polizia. Nessuna di queste visite, nessuno di questi parlamentari si è però preoccupato di verificare lo stato in cui versano i detenuti e i trattenuti. Soprattutto i CPR non fanno più notizia e non interessano alla politica. Le carceri e tutto quello che accade al loro interno viene ignorato volutamente.
Ad onore del vero, nel dicembre del 2020 il consiglio regionale della Basilicata ha istituito la figura del Garante dei diritti della persona. Una figura unica che dovrebbe svolgere i compiti inerenti gli uffici di Difensore civico, di Garante per l’infanzia, di Garante dei diritti dei detenuti e vittime di reato, di Garante del diritto alla salute e delle persone con disabilità. Un vero e proprio pasticcio legislativo che non tiene conto della specificità di ogni singola figura e delle diverse materie di cui si dovrà occupare questo super-Garante.
Ma, al di là della scelta non condivisibile fatta dal consiglio regionale addirittura all’unanimità, resta il fatto che, ad oggi, la Basilicata è ancora sprovvista di tale figura di garanzia.