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Delia del bar Hobbit a Ventimiglia (Photo credit: Emanuela Zampa)

«Sto già pensando a come continuare ad aiutare»

Due parole con Delia dopo la chiusura del bar Hobbit a Ventimiglia

Delia, uno degli avamposti di solidarietà spontanea e popolare di Ventimiglia, ha chiuso.

Il bar di Delia, vicino alla stazione, adatto a un panino o un piatto leggero al volo prima di partire, era già aperto da molto tempo quando nel 2015 la sospensione degli accordi di Schengen da parte della Francia ha reso Ventimiglia il collo dell’imbuto migratorio che è l’Italia. Quando donne, bambini e giovani hanno iniziato a fermarsi, esausti e affamati, davanti alla sua porta, che lei ha sempre aperto, donando a chi aveva bisogno.

Distribuzione di panini durante una manifestazione a Ventimiglia del 14 luglio 2018

In breve tempo era diventata “Mamma Africa”, protagonista di molte storie di solidarietà, autodeterminazione e umanità. Punto di riferimento per i ragazzi migranti come per tutte le realtà solidali che negli anni hanno attraversato il territorio e la frontiera. Trovavi tutti da Delia, che sempre sorridente dietro al bancone o sulla porta ascoltava e conosceva tutti.

Con una storia personale di migrazione alle spalle, ha naturalmente empatizzato con le persone, che lei non ha mai smesso di vedere come tali, che si presentavano assetate alla sua porta. Era estate, venivano occupati gli scogli dei Balzi Rossi e la città si era riempita di solidali, ONG, attivisti e giornalisti. Da quel momento, non ha più ceduto di un millimetro la sua umanità e nel suo bar ha inizialmente creato un sistema per permettere ai migranti di ricaricare i cellulari, poi ha cambiato gli spazi in modo da poter accogliere le donne con i bambini, spesso neonati, e le loro necessità. Ha organizzato raccolte di indumenti e corsi di italiano, ha supportato svariati ragazzi nel costruirsi una vita in Italia. Non ha arretrato di un passo di fronte all’evidenza del fatto che i ventimigliesi non si avvicinassero più al suo bar, e non ha ceduto di fronte agli insulti e al disprezzo di molti. Per questo motivo l’attività è in difficoltà da tempo, e sono già stati vari i crowdfunding attivati per permetterle di tenere aperto (video).

La raggiungo telefonicamente e mi conferma che tra quarantene, motivi di salute e ordinanze il bar è chiuso già da un po’, ma che lei sta già pensando a come non fermarsi, a come continuare ad aiutare, soprattutto le donne ed i bambini, anche senza il bar.

Vestiti per i bambini

Fa progetti, mi dice con il suo piglio tanto determinato quanto dolce. Mi racconta di come, più che la mancanza di fondi, questa volta ad avere la meglio è una sua necessità di prendersi una pausa per se, e soprattutto le difficoltà nel proseguire l’attività solidale a causa delle nuove regolamentazioni legate al Covid: “Con il fatto del Green Pass è diventato impossibile, i ragazzi (migranti in transito ndr.) ovviamente non lo hanno, ed è difficile anche fargli capire perché, anche se prendono un caffè li devo cacciare. Il clima si fa sempre teso ed io da sola non posso gestire questo tipo di dinamiche”.

Mi aggiorna anche brevemente sulla situazione a Ventimiglia, senza più il campo della CRI restano i solidali che distribuiscono il cibo la sera e la Caritas per le colazioni, mi dice che fino alla metà di Dicembre distribuivano 200-250 pasti al giorno. Con picchi e momenti più calmi, la situazione al confine italo francese rimane quindi sostanzialmente invariata.

Si muore tanto” mi dice.

Sul sentiero, sulla ferrovia, in autostrada… Sempre per effetto del Green Pass, non provano nemmeno più a passare con il treno, l’opzione meno rischiosa. Insomma ormai a fare gli affari migliori e ad essersi moltiplicati, pare siano i passeur.

Non che fossero mai mancati alla frontiera, ma forse proprio qui si era creato ad un certo punto un clima solidale che rendeva anche queste figure caratteristiche, quasi folcloristici personaggi che conoscendo la strada chiedevano un prezzo “onesto” per accompagnare i migranti in transito in Francia. Ma non a tutte le frontiere i passeur sono così gentili, ed in molti altri luoghi sfruttano come e quanto possono i migranti in difficoltà alle frontiere. L’assenza di occhi, solidarietà, racconto, non possono che aumentare le possibilità che il “problema della frontiera” abbandonato a se stesso e messo sotto attento controllo istituzionale, non faccia altro che alimentare il mostro della tratta e dello sfruttamento delle persone in viaggio.

Seguiranno quindi ulteriori aggiornamenti. «Ho in mente tanti progetti per continuare ad aiutare», mi dice. Chiudiamo la telefonata e io penso già che ho voglia di tornare presto a Ventimiglia.

Fuori dal Bar Hobbit, 14 luglio 2018