Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
La copertina del libro «Abitare la frontiera»
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Abitare la frontiera (confinarla e sconfinarla)

La recensione del volume di Luca Giliberti (Ombre Corte edizioni)

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Paura della giustizia? Si certo. Quando faccio passare le persone, quando porto i giovani in macchina, so che può succedermi qualcosa. Ma lo faccio comunque. Altrimenti mi sentirei come se avessi accettato la frontiera
(Anne p. 191)

Paesaggio in Val Roja

Nella Val Roya

Le frontiere non sono collocate ai margini dell’Europea, ma “fuori e dentro il suo costrutto politico1. Come risultato, entrano, e in più forme, nelle situazioni di tutti i giorni 2: lungo la strada, nelle stazioni dei treni, nei pressi delle abitazioni, ai bar. In altri termini, producendo frontiere si sono prodotte anche maggiori zone di contatto in cui intervengono “gli sforzi della gente comune che portano alla costruzione, allo smantellamento o allo spostamento dei confini”, attraverso distinti momenti di border production e border-transcending practices 3.

Per coloro che vivono su una frontiera, i confini esperiti internamente diventano più reali dei confini dello Stato.

Dal 2015, tra l’Italia e la Francia, migliaia di migranti restano bloccati a Ventimiglia. In quel momento, i territori rurali ed alpini della Val Roja, piccola valle francese al confine con l’Italia, diventano rotta di transito verso il nord dell’Europa.

La valle è formata dai paesi di Breil-sur-Roya, Saorge, Fontan, Briga e Tenda ed abitata, in totale, da circa 6000 persone. E’ una popolazione composta da famiglie native – souche – e da nuclei, che dagli anni ’70 ad oggi (alla ricerca di una vita alternativa, meno frenetica e più naturale), hanno ripopolato la valle ed optato per una migrazione inversa (dalla città alla campagna) in una desiderata dimensione neo-rurale. Comunicano anche un universo culturale diverso e contrapposto alle famiglie native, residenti per lo più in Costa Azzurra, che in valle ritornano in determinate occasioni e ne rivendicano un’identità legata alla provenienza. I souche si definiscono i veri abitanti della valle: “per loro il territorio era loro e noi, gli hippies, eravamo venuti ad occuparlo” (Dominique, p. 74).

Il paese di Saorge, al centro della Valle (Le fotografie pubblicate nell’articolo sono tratte dal libro)

Guadagnando una sorta di visione che accompagna il fare comune, i ‘recampun4 sono votati al lavoro produttivo della terra, mirando all’autosufficienza, all’autorealizzazione e alla massimizzazione di scelte individuali ed opportunità di auto-sviluppo. I loro percorsi ruotano intorno ad una idea di decrescita e sovranità alimentare legata alle piccole reti coese e solidali di produttori e consumatori locali.

Una scelta di vita, che, per i neo-rurali, si traduce in pratiche di resistenza alle dominanti problematiche 5 e in un obbligo morale di fronte ai continui migranti schiacciati dai camion in autostrada, dai treni nelle gallerie, folgorati sui tetti degli stessi treni, precipitati nei dirupi dei sentieri di montagna e annegati nel fiume Roya o nella necropolitica.

«Abitare le frontiere. Lotte neorurali e solidarietà ai migranti sul confine franco-italiano» di Luca Giliberti, con la prefazione di Luca Queirolo Palmas, edito da Ombre Corte, 2020 (che fa seguito al documentario Transiti. La valle solidale), è un abitare del luogo dal quale si parla e dal quale si pensa: una borderland, che riporta alla reciprocità fra modo di essere, modo di vivere ed orizzonti di senso.

E’ la testimonianza dei continui processi di confinamento e conferma del confine (reato di solidarietà) ma anche il racconto di pratiche comuni e quotidiane di sconfinamento, verso nuove prospettive di azione e cooperazione (cross border cooperation).

Un’occasione etica che recupera la ricchezza e la processualità delle dimensioni individuali e collettive.

Al campo solidale di Breil-sur-Roya

La rete solidale: i processi di debordering

Sulla frontiera franco-italiana, dal 2015, vengono istituiti i PPA (Points de Passages Autrises) e i non PPA, non dichiarati istituzionalmente sebbene funzionanti. In altri termini, le forze dell’ordine, “militari di molteplici corpi, con armi di tutti i tipi, occhiali con visione notturna, rilevatori di movimento (…) droni, elicotteri” (Philippe, p. 127), sono distribuite in modo capillare nei paesi e si mimetizzano nell’intera valle. Le pratiche generalizzate messe in atto, all’incontro con un migrante in transito, sono o il respingimento o la deportazione express 6.

Per gli abitanti della valle è ordinario incontrare uomini allo stremo lungo la strada o nei pressi delle proprie abitazioni. Le frontiere, anche per loro, diventano strutture ed elementi esperiti direttamente. I confini si manifestano, dunque, in uno spazio con cui ci si relaziona quotidianamente, che si cerca di alleviare ed umanizzare attraverso nuove pratiche e rappresentazioni.

La funzione primaria dei confini qui è quella di connettere e stabilire una piattaforma di cooperazione e integrazione transfrontaliera attraverso una gamma completa di questioni economiche, culturali, politiche e di sicurezza (trascendenza del confine)7.

In effetti, già dallo stesso anno (e in concomitanza alla crisi del sistema d’accoglienza), gli abitanti della valle rafforzavano la propria rete (empowrement dal basso) intergenerazionale (molti sono pensionati) di socializzazione (molti di loro non hanno un percorso di militanza classica) per intervenire in tre ambiti di azione a soccorso dei migranti: distribuzione del cibo e di beni di prima necessità, sostegno al transito, monitoraggio della violenza sulla frontiera.

I “Roya Citoyenne“, in una sorta di federalismo di circostanza, si attivavano per una forma di solidarietà – ombrello – che copriva attori, registri di azione e pratiche eterogenee. Un “borderwork 8” che, in sintesi, non rifletteva la comprensione (degli abitanti) della terra di confine e ne sfidava i suoi processi emergenti.

In cucina al campo solidale (Photo credit: Massimo Cannarella)

“Per noi questa mobilitazione del tunnel è davvero legata alla lotta della frontiera…nel senso di una critica al sistema…vediamo che le merci passano e vogliano che anche le persone passino… per tutti noi questa connessione tre le lotte è davvero chiara, evidente” (Melanie p .121).

In una dimensione di ospitalità diffusa, durante il 2016 e 2017 circa 150 famiglie della valle aprivano le porte a migliaia di transitanti.

Un processo di debordering, può essere definito, difatti, come “il cambiamento funzionale dei confini, la perdita di importanza del loro ancoraggio territoriale e – di conseguenza – il disaccoppiamento dei confini (funzionali) del sistema e dei confini territoriali9. La debordazione, in altre parole, si può riferire sia alla trasgressione dei confini territoriali da parte di sistemi funzionali (come “l’economia“) o da parte sistemi simbolici (come le identità transfrontaliere), sottolineando nello stesso tempo, la crescente permeabilità dei confini [territoriali] ed una diminuzione della capacità degli stati di chiudersi 10.

Tribunale di Nizza, striscione per la libertà di circolazione

La solidarietà è un reato: i processi di rebordering

L’ inasprimento dei (nuovi) confini; l’aumento dei controlli e la ri-territorializzazione dello spazio sono processi di riborderazione.

In questa direzione, progressivamente, numerosi militari circondavano le fattorie dei solidali della Val Roya, come quella di Cedric Herrou, un agricoltore biologico il cui terreno (campo di Breil) già dal 2017 e poi, di nuovo, nel 2018 veniva recintato da cinque posti di blocco, intimidendo all’azione sia chi prestava soccorso sia gli immigrati.

Da una parte, la riborderazione delle pratiche di controllo stava creando una mentalità proattiva che spingeva la popolazione a credere di commettere una infrazione; dall’altra, limitava i transitanti, sino a farli scomparire, alla fine del 2017.

Con la sorveglianza ravvicinata, lo stato di eccezione si trasformava in diritto comune. Le norme internazionali punitive contro l’immigrazione venivano incorporate a tutti i livelli dello Stato con risultati differenti. La legislazione nazionale e le ordinanze locali ordivano un intricato dispositivo di trasformazione delle reti solidali. Un ulteriore confine che investiva le attività del soggetto e sconfinava nei suoi spazi intimi, delegando la solidarietà a reato 11.

Sul confine tra Italia e Francia (Photo credit: Massimo Cannarella)

A Ventimiglia, un’ordinanza municipale introdotta nel 2015, revocata a maggio 2016, reintrodotta ad agosto 2016 e revocata ad aprile 2017, proibiva e penalizzava le attività di carattere assistenziale come quella legata alla distribuzione del cibo ai transitanti.

I poteri statali o locali diventano l’avversario dell’attore umanitario, allorché le pratiche, all’interno di posizionamenti che in un primo stadio erano umanitari, venivano messe sotto processo 12.

Così, ad un solidale, che aveva accompagnato dei migranti al campo di Breil per evitare che dormissero in strada, veniva ratificato un processo per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, tuttora in attesa di affrontare un controverso appello.“Uno dei processi in corso ad abitanti della valle … nasce da una segnalazione telefonica alla polizia di qualcuno che aveva visto i solidali con dei migranti per uno sterrato di montagna” ( p. 135) .

Il sorgere di principi oppositivi e di leggi punitive al soccorso dei migranti, inaugurando un ennesimo confine tra azione umanitaria ed azione criminale, generava, tra la popolazione della valle, un vero e proprio “dramma sociale”.

Militarizzazione del territorio, posto di blocco permanente a Sospel

Di frontiera in frontiera

Come in teoria, così in Val di Roya, i processi di rebordering sono funzionali a spostare efficacemente aspetti chiave del confine altrove, da un sistema all’altro 13.

Il confinamento delle azioni solidali ha demarcato la frontiera sociale e comportato la designazione di nuovi confini “interni“, confermandosi ed espandendosi.

La presenza dei due universi culturali prendono forma e si costruiscono attorno a un campo di battaglia, uno spazio sociale di contaminazione, declinato sulla situazione locale 14.

Nelle famiglie souche, native, si innesta un girone contrario al sostegno dei migranti, fin quando nel 2017, “A vugi d’a la roya” un giornale di destra, ad aizzare l’odio tra le parti, evocava una diretta connessione tra l’aiuto ai migranti e la popolazione neo-rurale.

Una fase post liminare, nella configurazione del dramma sociale di Turner, in cui nasceva la sfiducia verso l’integrità del gruppo opposto e si legittimava lo scisma tra le parti sociali, con casi di aggressioni alle persone attive nella rete solidale.

Dal campo solidale alla stazione di Breil

Le generalizzate conflittualità tra souche e neo-rurali, che prima si mantenevano in una dimensione di porosità verso i migranti, si riaccendevano in un senso di rottura (di relazioni e di interazioni) con le conseguenti spaccature morali, in una valle in cui frontiera ha generato una ennesima soglia, un limen, una zona di confine, in grado di rimodellare l’intera struttura sociale.

Alla stazione di Breil-sur-Roya

La frontiera entra, e in più forme, nelle situazioni di tutti i giorni e, di conseguenza, aumentano le zone di contatto. Essa si riflette in una valle, in una dimensione domestica e in relazioni di prossimità. Diventa area di incontro, interazione ed integrazione in cui gli attori sociali coinvolti possono influenzare il percorso migratorio. Questo tipo di terra di frontiera non comporta ostacoli alla mobilità delle persone e non compromette l’universalità dei diritti umani. Sono aree di confine spesso descritte come “petites Europes“, dove i processi di cambiamento comuni a tutta l’Europa possono essere visti svolgersi su scala più piccola 15.

O, wonder!
How many goodly creatures are there here^
How beauteous mankind is! O brave new world,
that has such people in’t.
Shakespeare, The tempest, 5.1.

  1. Cfr. D. Newman, On borders and power: A theoretical framework, 2003: “As Newman pointed out, “it is the process of bordering, rather than the border line per se, that has universal significance in the ordering of society”. Cfr. E. Balibar, (1998) The borders of Europe, 1998. Più che sulla natura statica ed ontologica della frontiera, è necessario analizzare questi processi di confinizzazione piuttosto che la linea in se stessa.
  2. Vedi N. Yuval-Davis et al., Bordering, 2019.
  3. C. Brambilla, Exploring the Critical Potential of the Borderscapes Concept, 2015; C. Brambilla, J.Laine, Borderscaping: Imaginations and Practices of Border Making, 2017.
  4. Recampun è una identificazione che i neorurali hanno attribuito a loro stessi. Vengono, invece, definiti dai souche, a seconda della zona, come ”indiens” (indiani) fino all’utilizzo di termini sempre meno politicamente corretti.
  5. La valle vive in modo intenso alcune problematiche del nostro tempo: lo smantellamento dei servizi pubblici, le ripercussioni delle politiche neoliberali; il rischio di privatizzazioni di beni comuni come l’acqua; l’accorpamento forzato con entità amministrative metropolitane, che espropriano il livello locale del diritto a decidere del proprio futuro e distrugge la specificità di una vita rurale; il cambiamento climatico; il reato di discriminazione razziale alla frontiera, la militarizzazione e la generalizzazione della sorveglianza; la criminalizzazione della solidarietà con i migranti senza documento, mentre le leggi securitarie (antiterrorismo e altro) rendono possibili le derive totalitari” (La marmotte déroutéé)
  6. Vedi J. P. Aris, La paradoja del taxista: Ventimiglia como frontera selectiva. 2018
  7. Cfr. B. Dimitrovova, Re-bordering of Europe: The Case of the European Neighbourhood Policy, 2010
  8. Vedi C. Rumford, Citizens and Borderwork in Europe, 2008; C. Rumford, Theorizing Borders, 2006.
  9. Cfr. Bonacker,Thorsten, Debordering by human rights: The challenge of postterritorial conflicts in world society, 2007.
  10. Cfr. M. Albert, L. Brock, Debordering the world of states: New spaces in international relations, 2000; C. Rumford, Theorizing Borders, 2006
  11. Cfr. L.Albert, Brock. La demarcazione (riborderazione) agisce, prima di tutto, per regolare il processo di trasformazione, non per arrestarlo
  12. La letteratura sociologica sulla solidarietà ai confini sottolinea come le recenti mobilitazioni facciano emergere la pratica e la nozione di diventare illegali all’interno di posizionamenti che in primo stadio erano umanitari, traducendoli nel politico.
  13. Cfr. C. Brambilla, Exploring the Critical Potential of the Borderscapes Concept, 2015. I confini sono costantemente ricomposti di nuovo da diverse entità come corpi, discorsi, pratiche e relazioni, generando così continuamente nuove definizioni di cosa o chi viene incluso ed escluso
  14. Vedi M. Ambrosini,  Irregular immigration in Southern Europe. Actors, Dynamics and Governance, 2018. Cfr. A. Sayad, La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato e la funzione specchio della migrazione che ha portato l’antropologia delle migrazioni a farsi critica culturale
  15. Cfr. O.Kramsch, B. Hooper, Cross-Border Governance in the European Union. 2004; J. Blatter, From ‘spaces of place’ to ‘spaces of flows’? Territorial and functional governance in cross-border regions in Europe and North America, 2004; S. Svensson, C. Nordlund, The building blocks of a Euroregion: novel metrics to measure cross-border integration, 2015

Vanna D'Ambrosio

Conseguita la laurea in Filosofia presso l’Università di Napoli Federico II, ho continuato gli studi in interculturalità e giornalismo. Ho lavorato come operatrice sociale nei centri di accoglienza per immigrati, come descritto nella rubrica “Il punto di vista dell’operatore”. Da attivista e freelance, ho fotografato le resistenze nei ghetti italiani ed europei. Le mie ricerche si concentrano tuttora sulle teorie del confine.