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“Come la Grecia, con il sostegno dell’UE, sta generalizzando la detenzione amministrativa”

«Detention as the Default», un rapporto di Oxfam e del Consiglio Greco per i Rifugiati

Photo credit: Oxfam

Nel rapporto pubblicato in novembre 20211, Oxfam e il Consiglio Greco per i Rifugiati denunciano l’uso pervasivo di detenzioni amministrative e gravi violazioni dei diritti umani che i richiedenti asilo e rifugiati subiscono in Grecia. In particolare, il rapporto si concentra sul recente aumento delle detenzioni amministrative dei richiedenti asilo e rifugiati, che in più del 50% dei casi vengono detenuti per periodi che superano i sei mesi. Dal 2016 ad oggi, le detenzioni amministrative dei richiedenti asilo e rifugiati sono infatti incrementate sia in durata che in frequenza, e le condizioni di vita in questi centri di detenzione sono spesso in violazione dei diritti umani.

Secondo il rapporto, dal 2016 la Grecia è un laboratorio per la sperimentazione di nuove politiche europee di asilo. Specialmente perché “in assenza di un consenso europeo sulla riforma e sull’armonizzazione del Sistema Europeo Comune di Asilo, il governo greco, con il supporto della Commissione Europea, ha riformato le sue leggi e procedure che riguardano la migrazione (…), tra cui l’incremento dell’uso della detenzione amministrativa per controllare e disincentivare i richiedenti asilo e le loro libertà”.

Tuttavia, la legge amministrativa europea è chiara nel descrivere la detenzione dei richiedenti asilo come ultima risorsa, dato che privare le persone della loro libertà è disumanizzante, e non è opportuno usare questo approccio con persone che cercano protezione. Mentre il governo greco sembra staccarsi nettamente da quest’approccio, e con un emendamento ha permesso alle autorità di imporre la detenzione di persone sprovviste di permesso di soggiorno, senza dover esaminare la possibilità di misure alternative.

E se il sistema per la protezione dei diritti umani dell’Unione Europea è chiaro riguardo a come devono essere garantiti i diritti fondamentali delle persone, comunque l’Unione continua a finanziare tramite il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione centri “chiusi e controllati” come quello di Samos, che sono tristi esempi di come in Europa continuino ad esserci gravissime violazioni di diritti umani perpetuate degli stati membri stessi.

Mentre nel 2020 – per via della pandemia – si è riscontrato un leggero calo dei numeri di nuove detenzioni, tra il 2016 e il 2019, in Grecia il numero dei detenuti è raddoppiato, e la maggior parte delle detenzioni sono di richiedenti asilo. Il governo greco, in questi anni, ha anche fatto alcune riforme e introdotto nuove leggi sulla migrazione che permettono la detenzione dei richiedenti asilo per periodi che possono arrivare fino a 36 mesi di reclusione, per il semplice fatto di essere un migrante. Per non considerare il fatto che spesso ci sono considerevoli ritardi nell’elaborazione delle richieste di asilo delle persone detenute, e che questi ritardi prolungano di mesi il loro periodo di detenzione.

Secondo il diritto internazionale, è proibito penalizzare una persona che entra in un paese per richiedere asilo, e l’uso della detenzione è consentito dal diritto europeo solo in casi molto specifici. Mentre il corpo giuridico greco sulla migrazione sembra rispettare queste norme, in pratica il governo ellenico si comporta molto diversamente, e i richiedenti asilo hanno grandi probabilità di essere detenuti, indipendentemente dalle loro circostanze.

Infatti, dal 2019 in Grecia si può essere detenuti durante la richiesta di asilo per questioni legate all’identificazione, ai rischi legati alla sicurezza nazionale, all’ordine pubblico, e al rischio di latitanza.

Tuttavia queste motivazioni per la detenzione sono usate in maniera sproporzionata dalle autorità, e secondo l’Ombudsman greco “c’è un abuso della detenzione amministrativa che si basa sulla protezione dell’ordine publico”. Specialmente perché la Direttiva sui Ritorni 2008/115/EC non permette la detenzione per la protezione dell’ordine publico, e l’Articolo 30 (1) c che dà il potere all direttorato di polizia ellenico di detenere i richiedenti asilo, è un’interpretazione errata del diritto europeo.

Per dare un idea un po’ più delineata delle difficoltà che affrontano i richiedenti asilo in Grecia, basti sapere che solo nel 2020, 4062 richiedenti asilo hanno fatto la domanda mentre erano detenuti, e la maggior parte sono rimasti detenuti durante l’elaborazione della loro domanda. Di queste, il 90% sono state rifiutate, e il 7,8% accettate.

E mentre il quadro giuridico ellenico impone che le persone che entrano nel paese in modo irregolare, e che non hanno la documentazione necessaria, debbano essere detenute solo in casi particolari, il governo spesso decide di deportare queste persone, detenendole nel periodo antecedente la loro deportazione. In maggio del 2020 infatti, un emendamento alla legislatura a riguardo ha permesso alle autorità di imporre la detenzione senza l’obbligo di esaminare misure alternative2.

Nel luglio 2021, delle 1990 decisioni di deportazione, 1980 ovvero il 99,4%, sono state accolte con la decisione di detenzione, che sembra quindi essere divenuta la norma piuttosto che l’eccezione nel sistema di asilo greco, in cui solo l’1% delle decisioni di detenzione vengono annullate.

Le condizioni di vita nei centri di detenzione ellenici, come evidenzia questo rapporto, spesso non rispettano gli standard dei diritti umani, e recuperare dal trauma di queste esperienze è difficile, e spesso impossibile. Le persone detenute in Grecia vivono in spazi affollati, a volte in celle in stazioni di polizia, senza accesso a servizi di sostegno psicologico, e senza una garanzia di accesso a servizi medici e sanitari. Una condizione che sommata alla insicurezza rispetto alla durata della detenzione, spesso provoca danni psicologici gravi e irreversibili, che hanno portato a numerosi suicidi e tentati suicidi.

Oxfam e il Consiglio Greco per i Rifugiati riportano alcune storie di persone che sono state detenute in Grecia per motivi legati alla loro domanda di asilo che danno una triste immagine della gravità della situazione, e del logoramento psicologico, fisico ed emotivo che i richiedenti asilo devono affrontare. Storie che mostrano uno scorcio su una realtà in cui le persone vengono continuamente incarcerate, umiliate e torturate per il solo fatto di aver varcato il confine Greco.

Il rapporto evidenzia anche come alcune categorie di persone più vulnerabili hanno una maggiore probabilità di essere detenute dalle autorità elleniche. La legge greca a riguardo infatti non limita l’uso della detenzione a casi eccezionali, e spesso le categorie di persone che hanno più probabilità d’essere detenute sono:

  • I richiedenti asilo che sono già detenuti,
  • Le persone sprovviste di documenti,
  • I richiedenti asilo che violano le restrizioni geografiche che gli vengono imposte,
  • I richiedenti asilo che arrivano dall’isola di Kos,
  • I migranti e richiedenti asilo che sono detenuti prima di essere respinti,
  • I richiedenti asilo che non sono detenuti,
  • E i richiedenti asilo a cui hanno rifiutato la richiesta per motivi legati alle mancanze amministrative del governo greco.

Dal 2020 ci sono stati numerosi rapporti che descrivono i respingimenti intensificarsi e divenire cronici. Una condizione che viene descritta come estremamente grave dalle istituzioni come “la Commissione europea, la Commissione per le Libertà Civili la Giustizia e gli Affari Interni del Parlamento europeo, e il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui Diritti Umani dei Migranti.”

Infatti, “La detenzione in questi casi spesso include l’arresto anche di minorenni, la detenzione arbitraria di breve durata in condizioni misere o addirittura umilianti, e il ritorno forzato informale in Turchia, in chiara violazione del diritto internazionale e dell’UE.”

Secondo il rapporto di Oxfam e del Consiglio Greco per i Rifugiati, il 25% dei richiedenti asilo che sono detenuti, sono tenuti in stazioni di polizia, mentre il restante 75% in uno dei sette centri di pre-espulsione. Le persone detenute nelle stazioni di polizia, a volte vivono anche per mesi in celle che sono fatte per detenzioni di alcune ore, in cui non ci sono fonti di luce naturale, non c’è privacy o accesso a spazi all’esterno, condividendo gli spazi con sospetti di crimini gravi, senza accesso a servizi di mediazione culturale, sostegno psicologico o assistenza medica3.

Nei centri di pre-espulsione, le condizioni di vita non sono significativamente migliori, ed i problemi più gravi sono legati alla mancanza di: personale, interpreti, medici specializzati, attività ricreative, e un generale stato di abbandono che porta alla mancanza di servizi sanitari, ventilazione, riscaldamento e servizi di pulizia.

Molti centri di detenzione sono stati considerati incompatibili dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani (ECHR), dalla Corte Europea dei Diritti Umani, da organizzazioni internazionali come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), e dal Consiglio Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Punizioni Disumane (CPT). Tuttavia, il governo e i tribunali ellenici rifiutano le denunce che ricevono riguardo le condizioni di vita scadenti nei centri di pre-espulsione e nelle stazioni di polizia, descrivendoli come argomenti troppo vaghi e quindi inammissibili.

E mentre il Relatore speciale delle Nazioni Unite sui Diritti Umani dei Migranti ha affermato che “quando possibile, le donne migranti che hanno subito gli effetti di persecuzioni o abusi, o che sono incinte o stanno allattando, non dovrebbero essere detenute”, la realtà greca è molto diversa, con numerosissime donne detenute in condizioni degradanti e pericolose per la loro salute.

La maggior parte delle donne detenute in Grecia sono nel centro di pre-espulsione a Tavros, e varie organizzazioni hanno segnalato gravi mancanze in quanto all’accesso a mediazione culturale, interpreti, personale medico, psicologico, e di operatori sociali.

Nonostante la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo (CNUDF) sancisca che “nessun bambino deve essere privato della sua libertà in modo illegittimo o arbitrario”, il quadro legislativo greco stabilisce che la detenzione dei minori è permessa in casi eccezionali per garantire la loro protezione, anche se vengono comunque detenuti quando esistono valide alternative.

I minori non accompagnati, e i minori che arrivano nel paese come parte di nuclei familiari vengono quindi detenuti contro le indicazioni della Corte Europea per i Diritti Umani, ed in condizioni di vita inammissibili nei centri pre-espulsione o anche in stazioni di polizia4.

Dopo la pressione ricevuta dai molti procedimenti contro questi metodi, nel 2020 il governo ellenico ha abolito la detenzione come custodia cautelare, anche se continua ad essere ampiamente usata dalle autorità locali e “secondo il Centro Nazionale per la Solidarietà Sociale (EKKA), il 15 agosto 2021 – otto mesi dopo l’abolizione della pratica – c’erano ancora 21 minori non accompagnati in custodia cautelare (rispetto ai 28 del mese precedente)”.

Nei casi in cui le richieste di asilo vengono rifiutate in seconda istanza, la detenzione dei richiedenti asilo può essere imposta dal governo greco per garantire l’espulsione verso i paesi di origine. E quando le decisioni di detenzione vengono rinnovate per più di tre mesi, “la detenzione serve come mezzo per salvaguardare il ritorno di un individuo in Turchia in conformità con la dichiarazione UE-Turchia e l’accordo di riammissione UE-Turchia”.

Tuttavia, “dal 30 marzo 2020, la Turchia ha sospeso il rimpatrio dei migranti le cui domande di asilo sono state respinte dalla Grecia, invocando le restrizioni relative al COVID-19”, costringendo le persone a cui il governo ellenico ha rifiutato la richiesta di asilo, a rimanere detenute fino alla loro espulsione, mentre lo stato Turco rifiuta qualsiasi ritorno senza dare indicazioni riguardo a quando cambierà il quadro legislativo a riguardo5.

Nella sezione conclusiva del rapporto viene sottolineato che i richiedenti asilo sono persone che “sono fuggite dai loro paesi di origine per protegger la propria vita, e subiscono ulteriori traumi e vittimizzazioni nei paesi che dovrebbero ospitarli in condizioni di sicurezza e dignità”. Per questo, è di assoluta importanza limitare le detenzioni ai casi più estremi, e trovare metodi alternativi per la gestione dei flussi migratori.

Tra le alternative suggerite che sono già “sancite dal diritto nazionale, e sostenute dal diritto internazionale e dell’UE”, viene soprattutto raccomandato l’obbligo di presentarsi alle autorità competenti con regolarità in attesa dell’allontanamento dal Paese. Anche se esistono altre misure come l’obbligo di consegnare i documenti di viaggio alle autorità, il dovere di restare in un determinato luogo, o il dovere di garanzia finanziaria che sono anche previste dalla legge6.

Per garantire la protezione dei diritti umani dei richiedenti asilo e delle persone appartenenti alle fasce più vulnerabili, Oxfam e il Consiglio Greco per i Rifugiati si appellano al governo greco per la definizione immediata di un limite proporzionale alla durata della detenzione, e per porre fine alla detenzione di minori, alla detenzione sulla base del mantenimento dell’ordine pubblico, alla detenzione nelle stazioni di polizia, e alla detenzione quando non c’è possibilità di rimuovere la persona dal territorio nazionale.

  1. È possibile leggere il rapporto completo visitando il sito: https://policy-practice.oxfam.org/resources/detention-as-the-default-how-greece-with-the-support-of-the-eu-is-generalizing-621307/
  2. «I cittadini di paesi terzi soggetti a procedure di rimpatrio (…) sono detenuti al fine di preparare il rimpatrio ed eseguire il processo di allontanamento. Nel caso in cui l’ufficiale competente ritenga che

    a) non vi è alcun rischio di fuga,

    b) il cittadino di un paese terzo interessato è cooperativo e non ostacola la preparazione del rimpatrio del processo di allontanamento o

    c) non ci sono ragioni di sicurezza nazionale.

    Altre misure meno coercitive sono applicate come s previste nel paragrafo 3 dell’articolo 22 se ritenute efficaci.’

    Secondo il nuovo testo della L3907/2011 così come modificato dalla L.4686/2020.

  3. La Corte Europea per i Diritti Umani, sia nel 2018 che nel 2019 ha stabilito che la detenzione prolungata in stazioni di polizia è una violazione dell’Articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani.
  4. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito nel 2019 che la detenzione automatica dei richiedenti asilo minori non accompagnati in custodia cautelare nelle stazioni di polizia non prendeva in considerazione l’interesse superiore del minore e quindi violava l’articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (diritto alla libertà e alla sicurezza)
  5. L’Ombudsman ha ricordato alle autorità greche che in tali casi la detenzione è in contraddizione con la legislazione nazionale e dell’UE. In particolare, l’articolo 30, paragrafo 4, della L.3907/2011 stabilisce che “…quando diventa evidente che non vi è alcuna ragionevole prospettiva di rimpatrio per motivi legali o di altro tipo… il trattenimento è abrogato e il cittadino di un paese terzo è rilasciato” . Allo stesso modo, la direttiva rimpatri 2008/115/CE introduce il principio di proporzionalità e afferma che «il trattenimento è giustificato solo per la preparazione del rimpatrio o per l’esecuzione delle procedure di espulsione e se l’applicazione di misure meno forzate non è sufficiente».
  6. Comma 3 dell’articolo 22 della L.3907/2011.

Leone Palmeri

Sono un antropologo basato in centro Italia, specializzato in diritti umani agricoltura e migrazione, con esperienze in organizzazioni internazionali, le nazioni unite e con organizzazioni non governative locali che lavorano sulle intersezioni tra migrazione ambientalismo ed agricoltura. Sono madrelingua inglese ed italiano, amo viaggiare, e nel mio tempo libero scrivo articoli sui contesti migratori che mi circondano.