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ECRE critica la proposta di modifica della Direttiva Rimpatri

No al collegamento tra le procedure d’asilo e procedure di rimpatrio

Immagine tratta da «Scirocco»: A Case Against Deportations», un’animazione sui rimpatri dei migranti tunisini dall’Italia

Il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE) è una rete di 105 ONG appartenenti a 39 paesi europei nato per proteggere e promuovere i diritti dei rifugiati, dei richiedenti asilo e degli sfollati. Grazie alle numerose realtà che fanno parte di questa alleanza, ECRE è presente nelle zone di conflitto, lungo le pericolose rotte seguite dalle persone migranti per giungere in Europa, nei luoghi dove si sentono in maniera più pesante le conseguenze delle politiche europee in materia di migrazione. Ma non solo. ECRE, infatti, si occupa anche di inclusione a lungo termine nelle società europee e di fornire aiuti umanitari, servizi sociali, assistenza legale.

Nella sua azione di monitoraggio delle politiche e degli effetti delle leggi dei diversi Stati, l’ECRE, di recente, ha pubblicato una “nota politica1 nella quale affronta il problema dei rischi per i diritti umani derivanti dalla trattazione “comune” delle procedure di asilo e di rimpatrio. Rischi divenuti sempre più stringenti all’indomani delle proposte di modifica della c.d. Direttiva Rimpatri 2.

La Direttiva 115 del 2008 e le proposte di modifica

La direttiva 2008/115/CE (c.d. direttiva rimpatri) disciplina le norme e le procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Il testo finale è stato adottato in prima lettura dal Parlamento europeo il 18 giugno 2008 e poi definitivamente approvato dal Consiglio il 16 dicembre dello stesso anno. Il fine della Direttiva era, da un lato, quello di creare, a livello europeo, una politica di rimpatrio credibile coordinando le legislazioni degli Stati membri, dall’altro, di elaborare norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali.

Nel mese di settembre del 2018 la Commissione europea ha presentato delle proposte di modifica della suddetta direttiva. Lo scopo delle modifiche era quello di: introdurre procedure accelerate di frontiera per i rimpatri; obbligare gli Stati membri a stabilire procedure comuni di impugnazione delle decisioni di rimpatrio e norme comuni riguardo all’effetto sospensivo delle stesse; obbligare gli Stati membri a stabilire /rafforzare programmi di rimpatrio volontario; obbligare gli Stati membri a cooperare nelle procedure di rimpatrio; prevedere un nuovo periodo massimo di detenzione e nuovi criteri per il rischio di fuga.

Questo primo progetto di modifica si è però arrestato a causa delle elezioni del Parlamento Europeo avvenute nel 2019. All’inizio del 2020 i lavori sulla proposta di revisione della Direttiva rimpatri sono ripresi e nel mese di febbraio è stato presentato un nuovo testo con le proposte di modifica. Successivamente, nel mese di dicembre del 2020, il Parlamento Europeo ha invece presentato una risoluzione sull’implementazione della Direttiva 115/2008/CE 3.

Nei progetti di modifica della Direttiva rimpatri, è prevista anche una riscrittura dell’art. 8 oggi rubricato “Allontanamento”. Nella proposta di modifica infatti si prevede una riscrittura dell’articolo 8 nel senso di prevedere che: “Gli Stati membri emettono la decisione di rimpatrio nei confronti del cittadino di paese terzo immediatamente dopo l’adozione della decisione di porre fine a un suo soggiorno regolare, ivi compresa una decisione di non concedergli lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria a norma del regolamento…”.

In altre parole, la decisione di rimpatrio è dunque prevista come contestuale a quella della fine del soggiorno anche per richiesta asilo.

A seamless link?”

La “Policy Note” pubblicata dal Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli contiene un’interessante analisi delle proposte di modifica della Direttiva 115/2008/CE. Analisi che evidenzia, da un lato, la compromissione dei diritti che le modifiche comporterebbero, dall’altro, la inefficacia delle modifiche rispetto agli obiettivi che si intendono perseguire. A fronte delle intenzioni dichiarate da parte dell’UE e delle scelte politiche che sorreggono le proposte di modifica della normativa sui rimpatri, seri dubbi vengono sollevati sulla sua efficacia e soprattutto sulla compromissione dei diritti che questa modifica comporterebbe.

Sia l’UE sia i singoli Stati Membri hanno come obiettivo principale quello di aumentare i rimpatri dei migranti nei paesi di origine e, per fare questo, ritengono utile connettere le decisioni sull’asilo ai provvedimenti sui rimpatri. Per attuare ciò, nel progetto di modifica, gli Stati membri vengono chiamati a emettere una decisione di rimpatrio unitamente alla decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale nelle procedure di frontiera.

L’ECRE fa notare come, in concreto, questa volontà dell’UE non tenga conto del diritto dei richiedenti asilo ad una attenta e accurata analisi della loro condizione e, quindi, in una inevitabile compromissione dei suoi diritti soprattutto rispetto alla possibilità di esercitare il potere di impugnativa del diniego. A tale specifico riguardo, viene fatto notare che, a fronte di un alto tasso di domande di asilo rigettate in prima istanza, si registra un vero e proprio ribaltone in appello con un numero elevato di riconoscimenti in secondo grado. Ridurre la possibilità di proporre appello, comporterebbe pertanto una inaccettabile riduzione dei diritti dei richiedenti asilo.

Il collegamento tra le procedure che concernono il riconoscimento dell’asilo e le procedure di rimpatrio non appare dunque una scelta corretta dal punto di vista del rispetto dei diritti. Ma, a ben vedere, rappresenta anche una scelta che non persegue affatto efficacemente gli obiettivi che l’UE si prefigge. Secondo la Commissione, infatti, combinare le decisioni in materia di asilo e di rimpatrio contribuirebbe a “ridurre il rischio di fuga e la probabilità di movimenti secondari non autorizzati“. Quindi, attraverso tale collegamento si potrebbe aumentare il tasso di rimpatrio e l’efficienza complessiva dei sistemi di asilo e migrazione. Ma, rispetto a questa idea semplicistica, il Consiglio europeo per i rifugiati solleva una serie di obiezioni.

In primo luogo, va detto che una decisione di rimpatrio adottata immediatamente dopo la decisione negativa in materia di asilo di primo grado o incorporata in quest’ultima non può essere eseguita prima che sia stata raggiunta una decisione definitiva in appello. Inoltre, la persona potrebbe sempre presentare ricorso contro la decisione di rimpatrio. In definitiva, ci si può aspettare più decisioni e più contenziosi, aumentando le risorse necessarie dagli stati.

In terzo luogo, le proposte suggeriscono che nella maggior parte dei casi le persone saranno detenute e che la detenzione è lo strumento principale per ridurre il rischio di fuga, non la combinazione delle procedure. È questo è un punto che desta particolare preoccupazione perché rappresenta una evidente compromissione dei diritti fondamentali della persona (diritto alla libertà, alla proporzionalità ecc.). Rischia di innescare la detenzione sistematica, contravvenendo al divieto di detenzione arbitraria.

Infine, come avviene secondo la normativa vigente, l’emanazione di una decisione di rimpatrio non significa che la persona sarà effettivamente rimpatriata e vi sono numerosi ostacoli al rimpatrio come descritto altrove. È probabile che un aumento del numero di decisioni di rimpatrio che non possono essere eseguite a causa di restrizioni sui diritti umani al rimpatrio riduca il tasso di rimpatrio complessivo.

In conclusione, il Consiglio europeo sui rifugiati ribadisce che solo quando una domanda di protezione internazionale viene rifiutata e le vie di ricorso sono esaurite, le autorità dovrebbero prendere in considerazione l’adozione di una decisione di rimpatrio.

Per maggiori informazioni:

I commenti dell’ECRE sulle proposte del Patto sono disponibili su hardlyrocketscience.org

  1. «ECRE Policy Note: A Seamless Link?», 8 novembre 2021
  2. Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
  3. Attuazione della direttiva rimpatri. Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2020 sull’attuazione della direttiva rimpatri (2019/2208(INI))

Avv. Arturo Raffaele Covella

Foro di Potenza.
Sono impegnato da anni nell’ambito della tematica del diritto dell’immigrazione, con particolare attenzione alla protezione internazionale e alla tutela dei lavoratori stranieri. Collaboro con diverse associazioni locali che si occupano di migrazioni. Scrivo per diverse riviste.