«Percorsi legali. Vite sicure. Migrare è un diritto», è lo slogan dell’iniziativa che per il nono anno consecutivo mantiene viva la memoria su una delle vicende più crudeli e violente che si siano registrate alle frontiere.
Erano le 7:40 del 6 febbraio del 2014, il tratto di mare è quello davanti alla spiaggia del Tarajal nell’enclave spagnola di Ceuta in Marocco. Centinaia di persone si gettano in acqua per raggiungere a nuoto la spiaggia. La Guardia Civil cerca di fermarli, sparando pallottole di gomma e fumogeni molto vicino alle persone che si trovano in acqua, molte di loro galleggiano a fatica. Vengono sparati anche quasi duecento colpi a salve. Si diffonde il panico in acqua. Muoiono 15 persone, altri rimangono feriti.

Una strage che, a distanza di otto anni, è rimasta impunita e per la quale si chiede ancora giustizia. Il processo penale contro i membri della Guardia Civil è stato archiviato il 27 luglio 2020.
«Si spararono 355 fumogeni, 155 proiettili di gomma e 5 lacrimogeni contro persone disarmate che stavano nuotando e che si trovavano in una situazione di estrema vulnerabilità, non prestandogli alcun aiuto» ci aveva spiegato Patricia Hernández, avvocata dell’ONG Coordinadora de Barrios, che in un’intervista a Melting Pot aveva ripercorso le fasi del processo. «Uno dei problemi più ricorrenti quando parliamo di violazione dei diritti umani sulla frontiera» – ci ha spiegato l’avvocata – «è che le vittime rimangono solitamente nel lato della frontiera più vulnerabile» 1.
Ma l’iniziativa del prossimo 5 febbraio a Ceuta alla quale hanno già aderito oltre un centinaio di gruppi, associazioni e ONG, non vuole soltanto ricordare quella strage del 2014 perchè, come scrivono gli organizzatori, vuole anche denunciare la violenza del regime delle frontiere che continua a produrre sofferenze e morte. Oltre alla manifestazione che arriverà sulla spiaggia di Tarajal in mattinata si svolgerà una tavola rotonda. 2
«Servono vie legali per coloro che cercare l’opportunità di raggiungere l’agognata Europa, coloro che soffrono per i respingimenti a caldo, coloro che sono discriminati, esclusi, criminalizzati, imprigionati, denigrati, sfruttati, prostituiti, schiavizzati, estorti, resi invisibili… per il semplice fatto di essere nato in “altre terre”», scrivono nel testo di lancio della Marcia. «Denunciamo le politiche di morte che hanno trasformato il Mediterraneo e l’Atlantico nella più grande fossa comune del mondo».
I dati raccolti nel rapporto #DerechoAlaVida2021 di Caminando Fronteras ci restituiscono un quadro sconcertante. Durante l’anno 2021, una media di 12 persone sono morte ogni giorno mentre cercavano di raggiungere la Spagna da diverse rotte migratorie verso la Spagna.
Caminando Fronteras: 4.404 persone sono morte nel 2021 cercando di raggiungere la Spagna
Il rapporto sul monitoraggio della frontiera occidentale euroafricana
La cosiddetta rotta delle Canarie è quella più mortale: nei 124 naufragi monitorati dal collettivo, solo in questa rotta sono state calcolate fino a 4.016 vittime. Per quanto riguarda la rotta dello stretto e la rotta di Alboran, i dati non sono meno preoccupanti, presentando rispettivamente 102 e 95 vittime, in un totale di 27 naufragi (17 nello stretto e 10 ad Alboran).
#TarajalNoOlvidamos
Segui la Marcia:
- Tarajal: a distanza di 6 anni i responsabili della strage sono ancora impuniti. Video intervista a Patricia Hernández, avvocata dell’ONG Coordinadora de Barrios – Melting Pot, Febbraio 2020
- Modera Patuca Fernández con la partecipazione di Sarah Babiker, Soda Niasse, Ramsés Azumik e Moha Gerehou. La tavola rotonda sarò visibile sul canale YouTube della Marcha