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Regolarizzazione 2020 – Requisito reddituale datore di lavoro agricolo nell’ipotesi di assunzioni di più lavoratori

Alcune pronunce fanno finalmente luce sulla questione e sull'applicazione

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sulle istanze di regolarizzazione dei lavoratori stranieri presentate in base all’art. 103, co. 1, d.l. 34/2020.

L’ipotesi riguarda datori di lavori del settore dell’agricoltura che hanno avanzato istanze di regolarizzazione per più lavoratori. La legge stabilisce che il datore di lavoro deve dimostrare un reddito pari ad almeno 30.000,00 euro per iniziare e concludere positivamente la pratica. Tale limite è stabilito, però, solo per il caso del datore di lavoro che voglia assumere un unico lavoratore. Alcuni SUI (o, meglio Ispettorati territoriali del lavoro) ritengono tuttavia che nel caso di istanza di regolarizzazione per un certo numero di lavoratori stranieri il datore di lavoro debba dimostrare un reddito pari almeno a 30.000,00 euro da moltiplicarsi per ogni lavoratore da assumere (2 lav. =60.000, 10 lav. = 300.000, etc.) e che ciò debba essere fatto anche sottraendo dal fatturato i costi aziendali (che in genere sono investimenti, dunque indice di solidità economica).

Questo rende particolarmente difficile, se non impossibile, la regolarizzazione dei lavoratori stranieri, specialmente se si guarda al lavoro stagionale ed al fatto che circolari ministeriali hanno ritenuto che il datore di lavoro in agricoltura debba assicurare l’assunzione del lavoratore per un periodo minimo di 5 giornate. Dunque certamente non servono 30.000,00 euro per pagare retribuzione e contributi di ogni lavoratore.

Alcune pronunce fanno finalmente luce sulla questione e sull’applicazione, in questi casi, dei principi contenuti nell’art. 30 bis, co. 8, d.p.r. 394/99 per verificare la solidità dell’azienda rispetto alle assunzioni che vuole portare a termine. Si tratta di ordinanze collegiali del Tar Bari (n. 38 del 19.1.2022, presto sul sito giustizia-amministrativa.it) i cui procedimenti sono stati seguiti dagli Avv.ti Dario Belluccio e Pio Merotta e di una sentenza breve del Tar Catania (n. 159/2022), di due giorni prima, richiamata anche nelle ordinanze pugliesi.

Nelle pronunce del Tar Bari si fa anche presente che, qualora ci siano state più domande e solo alcune siano state accolte, lo SUI deve spiegare il motivo della scelta. Il Tar Catania, sul medesimo punto, afferma che un valido motivo è quello cronologico, essendo rimessa alla volontà datoriale la scelta di quale lavoratore privilegiare con la presentazione delle prime domande. Nella ordinanza di Tar Bari si legge, inoltre: “il criterio applicato dal SUI di Foggia con il contestato provvedimento (i.e. reddito di € 30.000 per ogni lavoratore) non appare avere fondamento normativo né nell’art. 103 decreto-legge n. 34/2020, né D.M. attuativo 27.5.2020; che, infatti, in base alle norme vigenti (i.e. art. 103 decreto-legge n. 34/2020 e D.M. 27.5.2020) occorre valutare la complessiva solidità economica del datore di lavoro, che nel caso di specie appare sussistente, avendo il XXXXX dichiarato per l’anno 2018 un volume di affari pari ad € ………… e per l’anno 2019 un volume d’affari pari ad € …………., riscontrabile dalle dichiarazioni IVA….Ritenuto, pertanto, che la valutazione della capacità economica del datore di lavoro non soggiace al mero calcolo aritmetico; che in ogni caso il calcolo da porre in essere deve tener conto del fatto che nel settore agricolo i lavoratori sono prevalentemente a tempo determinato…..Rilevato, altresì, che appare illegittimo il modo di operare dell’Amministrazione resistente, non essendo chiara la ragione per cui, su 9 istanze presentate dal XXXXXX, la P.A. si è determinata di escludere dalla concessione del provvedimento di emersione proprio questo lavoratore (YYYYYY) e il ricorrente nel giudizio r.g. n. 1323/2021 (ZZZZZZZ) e non altri; che, pertanto, l’Amministrazione ha omesso di considerare tutti gli indici di congruità e le esigenze aziendali previsti dalle norme sopra menzionate”.