Il 1° febbraio brutta sorpresa per immigrati e richiedenti asilo davanti alla Questura di Napoli e in tutto il paese. Da inizio mese è entrato in vigore il nuovo DPCM1 che ha reso obbligatoria l’esibizione del Green Pass per accedere ad alcune attività commerciali e in altri uffici pubblici compresa la Questura.
Un provvedimento che è stato comunicato all’apertura degli sportelli, dopo ore di fila al freddo, ed ha costretto coloro che avevano prenotato l’appuntamento da mesi e non erano in possesso del Green Pass ad abbandonare la fila e a tornarsene a casa. Molte persone in fila lamentano che non ne erano a conoscenza e che non sono stati fatti abbastanza sforzi in termini di comunicazione e sensibilizzazione all’interno delle comunità interessate. Inoltre, coloro che hanno affrontato questa difficoltà avevano avuto l’appuntamento per le Questure molto tempo fa, ben prima del decreto e per avere un secondo appuntamento l’attesa sarebbe stata lunghissima.
Un ostacolo, quindi, che si aggiunge alla complessa burocrazia che regola l’ottenimento e il mantenimento di un permesso di soggiorno o l’espletamento di qualsiasi pratica e costringe migliaia di persone, spesso con difficoltà linguistiche, a cavarsela in questa giungla burocratica, tra interminabili code e tempi eterni.
Le difficoltà di accesso alla vaccinazione
Ma quali sono le difficoltà che le persone migranti o rifugiate incontrano nell’accesso ai vaccini?
Lo spiega I’Ong Intersos nel rapporto “Accesso ai Vaccini: Report sull’operato di INTERSOS in Italia” pubblicato pochi giorni fa. Sono tanti gli ostacoli tecnici e burocratici che rendono difficile l’ottenimento della carta verde. Grazie alla sua presenza sul campo e alla collaborazione con altre associazioni sparse sul territorio nazionale2 l’organizzazione ha individuato una serie di principali problemi: la mancanza di una campagna vaccinale multiculturale; l’asimmetria informativa nel comunicare il giorno e il luogo di open day vaccinali e la presenza di stand erogatori di codici fiscali provvisori; la natura numerica dei codici STP (Straniero Temporaneamente Presente), in contrasto con quella alfanumerica delle normali tessere sanitarie (TS); le barriere tecnologiche e infine la mancanza di procedure operative standard (SOPs) nazionali su alcune tematiche.
È interessante notare che una delle condizioni richieste per fare il vaccino è avere una tessera sanitaria e un codice fiscale, ma il problema è che i richiedenti asilo, o le persone sprovviste di titolo di soggiorno, non sono il più delle volte in possesso di questi documenti.
Per superare questa situazione, il governo ha previsto il rilascio di un documento STP “Straniero Temporaneamente Presente”, un codice rilasciato dalle Regioni che permette agli stranieri senza permesso di soggiorno di accedere a servizi sanitari che in teoria dovrebbe essere facile da ottenere. L’STP può essere richiesto da qualsiasi cittadino straniero presso l’Azienda Sanitaria Locale dichiarando di non avere risorse economiche sufficienti. Ma per la mancanza di informazione tanti stranieri non hanno fatto l’STP. In alcuni casi sono proprio le ASL che ne impediscono l’ottenimento.
Nel rapporto emerge che anche coloro che ci sono riusciti e si sono vaccinati, non sempre sono riusciti a scaricare facilmente il Green Pass. Hanno ottenuto un documento che attesta di essersi vaccinati, ma si tratta di un documento inefficace, perché se non lo si accompagna con documenti comprovanti l’identità del suo titolare, chiunque può contestarne la validità. Di conseguenza, l’accettabilità o meno dipende dall’umore della persona che presta il servizio di controllo e accesso, secondo le testimonianze che Intersos ha raccolto.
“Come può la Questura garantire che il richiedente asilo sia la stessa persona che si è vaccinata visto che i richiedenti di solito non portano con sé alcun documento di identità?”.
L’accesso ai vaccini dovrebbe essere un diritto fondamentale e quindi dovrebbe essere messo a disposizione per tutti. Tuttavia fino ad oggi l’esercizio di tale diritto è stato compromesso, soprattutto per quelle persone che si trovano nelle zone grigie della burocrazia. A ciò si aggiunge la difficoltà anche per chi è vaccinato di scaricare il Green Pass, che potrebbe togliere un diritto fondamentale come la richiesta stessa di protezione internazionale.
Le disposizioni nazionali limitano i diritti internazionali
Il Diritto a chiedere la protezione internazionale ha fondamento nelle normative sovranazionali, convenzioni a cui l’Italia ha aderito. È vero che ogni Stato è “libero” di regolare autonomamente le procedure in materia di protezione internazionale (con i dovuti vincoli europei inseriti nelle direttive), ma perché introdurre ulteriori requisiti di accesso alla protezione internazionale che rendono difficile l’esercizio di questo diritto?
Molte Questure, in maniera del tutto arbitraria, pretendono documenti quali la dichiarazione di ospitalità al fine di presentare domanda di protezione internazionale. Questa prassi, malgrado sia stata ritenuta “senza fondamento giuridico” da numerose pronunce giurisprudenziali, continua ad essere diffusa sul territorio nazionale. La “dimora” è infatti requisito funzionale a determinare la Questura territorialmente competente a ricevere la domanda di protezione internazionale, ma in nessun punto la legge prevede che questa debba coincidere con l’iscrizione anagrafica o essere provata mediante l’esibizione di una dichiarazione di ospitalità o cessione di fabbricato, trattandosi quest’ultima di una richiesta illegittima.
Inoltre, la Questura di Napoli nel documento che ha pubblicato il 31/01/2022 con le modalità di accesso scrive che gli utenti che si troveranno all’interno degli uffici senza il Green Pass saranno passibili di una sanzione amministrativa da 400 a 1000 euro.
L’esercizio e il godimento di un diritto dovrebbe essere garantito con o senza Green Pass.
E’ necessaria che si individui con urgenza una soluzione che possa consentire l’accesso alla Questura anche senza il Green Pass, con modalità che sappiano garantire la sicurezza sanitaria e l’accesso ad un diritto fondamentale come quello di richiedere asilo. In seconda battuta, occorre che le istituzioni trovino delle procedure efficaci per garantire immediatamente l’accesso alla vaccinazione e il successivo rilascio della certificazione verde.
Infine, si consideri che il rifiuto o il semplice ritardo nella presentazione della domanda di protezione internazionale può costituire un serio vulnus per il richiedente asilo, non espellibile dal territorio nazionale, ma di fatto privo di un titolo cartaceo di soggiorno fino al giorno della formalizzazione della domanda. Impedire l’accesso agli Uffici immigrazione delle Questure, in assenza di Green Pass, o non registrare la domanda di chi, pur dimorando sul territorio, non è in grado di esibire una dichiarazione di ospitalità, invitandolo a ripresentarsi solo in presenza di tale documentazione, è estremamente pericoloso. In questi casi, della manifestazione di volontà di chiedere asilo non resta traccia scritta, con possibili conseguenze in termini di permanenza sul territorio nazionale.
- DPCM 7 gennaio 2022 n. 1
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