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Guerra in Ucraina: appello per frontiere aperte in Ue, accoglienza e permessi di soggiorno

Essere contrari alla guerra, lavorare per la pace, significa anche saper accogliere in modo totalmente diverso rispetto a quanto fatto fino ad oggi

Photo credit: Riccardo Cananiello (Roma, 10 novembre 2018 manifestazione nazionale contro il DL Salvini)

L’invasione improvvisa dell’Ucraina è iniziata ieri mattina e a distanza di 24 ore iniziano a delinearsi quali saranno le conseguenze sulle popolazioni civili: in guerra, i pochi che si reputano vincitori siedono nei palazzi al sicuro, mentre la gente comune ne subisce gli effetti devastanti tra perdite di vite ed abbandono delle proprie città. Le stime prevedono che nelle prossime ore saranno molte le persone in fuga costrette a lasciare il paese. Secondo il vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas, “tra 20.000 e più di un milione di rifugiati potrebbero tentare di accedere all’Ue”.

L’Unhcr afferma di aver ricevuto notizie di vittime civili e persone che hanno cominciato a fuggire dalle loro case e chiede che siano garantiti sicurezza e accesso alle città per gli interventi umanitari. Video e foto sui social e nei servizi televisivi mostrano file di auto che escono dalle città, oltre a un aumento di persone a piedi vicino ai confini meridionali e occidentali.

I movimenti no war  in tutto il mondo hanno iniziato a promuovere manifestazioni per chiedere il cessate il fuoco e il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina, sostenendo quella parte di popolazione russa, soprattutto giovane, che ha avuto il coraggio di scendere in piazza nonostante la repressione del criminale Putin.

E’ fondamentale che a queste richieste si unisca l’appello all’Unione europea e agli Stati membri di mantenere le frontiere aperte e accessibili per coloro che sono in fuga e di riconoscere a chi è attualmente presente in Italia, e in qualsiasi altro paese europeo, un permesso di soggiorno perlomeno umanitario (anche attraverso lo strumento della cd. protezione temporanea prevista dalle direttive europee).

Non sono sufficienti le promesse di accoglienza di Polonia e Romania, conoscendo le politiche adottate fatte di muri e respingimenti e la situazione in cui versano le strutture per le persone accolte in quei paesi. Occorre invece che ci sia un piano di accoglienza immediato in tutta Europa con una suddivisione equa che tenga in considerazione la volontà e gli affetti delle persone in fuga. Essere contrari alla guerra, lavorare per la pace, significa anche saper accogliere in modo totalmente diverso rispetto a quanto fatto fino ad oggi. 


Redazione

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