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Un migrante gambiano spiega come era stato costretto a guidare la barca. Fonte: Francesco Bellina
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I cosiddetti «scafisti» e il processo di criminalizzazione della migrazione

Nel rapporto «Dal Mare al Carcere» le gravi violazioni dei diritti umani ai danni delle persone accusate di “scafismo”

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Introduzione

Il 15 ottobre scorso è stato pubblicato un Report curato da ARCI Porco Rosso e Alarm Phone con la collaborazione di Borderline Sicilia e borderline-europe dal titolo «Dal Mare al Carcere. La criminalizzazione dei cosiddetti scafisti» 1.

Si tratta di un’operazione coraggiosa che mira a far luce su un fenomeno trattato con superficialità e in maniera fin troppo sbrigativa. Diversamente da quanto possa apparire, quello degli scafisti è un fenomeno molto complesso che merita di essere indagato con più attenzione. Le associazioni che hanno curato il report fanno proprio questa importante operazione di approfondimento nel tentativo di chiarire cosa si celi in realtà dietro al fenomeno e come sia variegata la casistica delle “persone che guidano le barche”.

Purtroppo, in questi anni siamo stati abituati alla semplificazione, tutta politica, che vede nello scafista o il colpevole della invasione di migranti che subisce il nostro Paese, o il colpevole dei naufragi e dei morti in mare. Il Report, attraverso un’attenta analisi di quasi 1.000 casi trattati dai media italiani negli ultimi 10 anni, mette in evidenza tutte le complessità del fenomeno.

L’Italia, l’UE e l’ONU hanno sempre sostenuto che arrestare gli scafisti fosse un modo per combattere il traffico di esseri umani, al fine di prevenire le morti in mare. Ma, il report dimostra l’esatto contrario. La criminalizzazione degli scafisti infatti ha effettivamente contribuito ad alcuni dei peggiori disastri marittimi della storia recente.

In realtà sono le politiche di chiusura delle frontiere ad aver eliminato la possibilità di giungere in Europa per vie sicure, soprattutto per gli stranieri provenienti dal sud del mondo e dalle nazioni più povere. Sono le politiche di chiusura delle frontiere e la criminalizzazione del fenomeno migratorio la principale causa dei naufragi e delle stragi che si sono verificate negli ultimi decenni nel Mediterraneo.

I dati

Nonostante la difficoltà di recuperare dati precisi in ordine al numero di cosiddetti scafisti fermati e incarcerati dalle autorità italiane, il minuzioso lavoro fatto dalle associazioni che hanno collaborato alla stesura del documento consente di svolgere un’analisi di quanto accaduto nel periodo 2013-2020.
In base ai report annuali della Polizia di Stato si ricava che: nel 2013, i fermi di “scafisti, organizzatori e basisti” sono stati 200; nel 2014, i fermi di soli “scafisti e basisti” ammontano a 503; nel 2015 a 517; nel 2016 a 770; nel 2017 a 331; nel 2018 a 173; nel 2019 a100; nel 2020 a 121. Il numero complessivo dei fermati negli ultimi 8 anni è di 2.559 con una generale decrescita nel numero di fermi fra il 2014 e il 2021 e con un picco nel 2016.

Si tratta di persone che nel 35% circa dei casi proviene dal Nord Africa, nel 21% dall’Est Europa, nel 20% dall’Africa occidentale e soltanto nel 2-4% dei casi dall’Africa orientale, il medio-oriente e la Turchia.

Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

a) La fattispecie delittuosa. A fronte del fenomeno migratorio e per contrastarlo colpendo chi agevola l’approdo di stranieri nel territorio italiano, è stato modificato l’articolo 12 TUI dalla legge 189/2002 (c.d. legge Bossi-Fini) che ha introdotto appunto l’ipotesi delittuosa del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Si tratta della prima ipotesi di delitto contestata a chi facilità l’ingresso illegale nel nostro territorio di cittadini stranieri. Nello specifico, il reato di favoreggiamento è contestato a chiunque promuova, diriga, organizzi, finanzi o effettui il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, ovvero compia altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso in Italia o in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona.

C’ho pensato tanto e sì, certo, i ragazzi dentro hanno bisogno delle scarpe e dei vestiti, un po’ di soldi… ma quello di cui hanno bisogno veramente è la loro libertà. Hanno bisogno di avvocati buoni.
B., arrestato nel 2014

A ben vedere si tratta di una fattispecie delittuosa che mira a punire non solo chi promuove, dirige, organizza, finanzia il traffico di esseri umani, ma anche chi materialmente trasporta migranti sprovvisti di visto di ingresso e, in generale, chiunque con il proprio comportamento faciliti l’ingresso illegale di stranieri in Italia o in altro Stato europeo. Si tratta di una fattispecie che intende punire non soltanto i membri dell’organizzazione che controlla il traffico di migranti, ma chiunque assume un ruolo, seppur minimo, che favorisca l’ingresso di stranieri nel nostro Paese.

Con l’introduzione della fattispecie di reato richiamata lo Stato punisce tutti coloro che offrano sostegno all’ingresso irregolare nel territorio italiano di migranti. L’interesse dello Stato è dunque difendere i confini nazionali e per fare ciò occorre colpire non solo le associazioni che organizzano il traffico dei migranti, ma anche tutti gli altri soggetti che partecipano attivamente al viaggio per giungere in Italia.

Da questo punto di vista, infatti, con specifico riferimento all’individuazione del bene protetto, in questi anni sono state elaborate due diverse tesi:
• la prima identifica quale bene tutelato l’ordine pubblico;
• la seconda, qualificando il reato come plurioffensivo, allarga la tutela alla sicurezza e dignità delle persone il cui ingresso illegale è favorito o procurato.

b) Le aggravanti. La pena prevista per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (c.d. favoreggiamento semplice) è quella del carcere da 1 a 5 anni e della multa di 15.000 per ciascuna persona agevolata all’ingresso irregolare. Le pene sono aumentate o diminuite da circostanze aggravanti o attenuanti previste dal medesimo articolo 12.

In particolare, l’articolo 12 comma 3 TUI prevede che venga punito con la reclusione da 5 a 15 anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui: a) il fatto riguardi l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata sia stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata sia stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto abbiano la disponibilità di armi o materie esplodenti.

Si tratta con tutta evidenza di aggravanti che prevedono un aumento di pena consistente e che sono state oggetto di un importante dibattito giurisprudenziale.

“‘Andate a trovarmi un colpevole!’ Così il comandante ci ha detto di fare!”
Un mediatore linguistico che lavorava con la guardia costiera

Una prima dibattuta questione ha riguardato la natura di fattispecie autonoma o circostanziale del comma 3 dell’art. 12 TUI. Sul punto si sono registrate contrapposte pronunce da parte della Cassazione penale. Così, la tesi favorevole alla natura di fattispecie autonoma dell’art. 12, co. 3 è stata fatta propria tra le altre dalla sentenza n. 40624 della prima sezione del 25.3.2014, secondo cui i fatti descritti dalla norma sarebbero “evocativi di una effettiva violazione della disciplina di controllo dell’immigrazione” cui conseguirebbe la natura di reato di evento, che renderebbe necessario l’avvenuto ingresso illegale in Italia degli stranieri.  Tale soluzione sarebbe preferibile anche in chiave di ragionevolezza, considerato il ben più grave trattamento sanzionatorio previsto dal comma 3 rispetto a quello del comma 1 dell’art. 12 cit. Diversamente, secondo altra sentenza della stessa sezione (n. 45734 del 31.3.2017, Bouslim) la fattispecie autonoma di cui all’art. 12, co. 3, T.U.I. costituirebbe un reato di pericolo per il cui perfezionamento sarebbe sufficiente il compimento di atti diretti a procurare l’ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato.

Quest’ultima soluzione interpretativa è stata ritenuta corretta dalle Sezioni Unite con la sentenza del 21 giugno 2018 2.

c) La normativa europea ed internazionale. In ambito europeo, la normativa di riferimento è la Direttiva 2002/90/CE del Consiglio 3 che fornisce una definizione comune del concetto di favoreggiamento dell’immigrazione illegale. La Direttiva richiamata infatti stabilisce che “ciascuno Stato membro adotta sanzioni appropriate: a) nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all’ingresso o al transito degli stranieri; b) nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti, a scopo di lucro, una persona che non sia cittadino di uno Stato membro a soggiornare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa al soggiorno degli stranieri”.

Al contempo, la Direttiva si preoccupa anche delle condotte di istigazione, di complicità e del semplice tentativo, dando possibilità agli Stati di punirle adeguatamente.

In ambito internazionale, invece, emergono in maniera rilevante la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale 4 ed il Protocollo contro il traffico di migranti via terra, mare e aria 5.

Non solo favoreggiamento

Il report chiarisce che l’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 12 del TUI non è l’unica contestabile e contestata ai cosiddetti scafisti, in quanto durante le traversate possono verificarsi delle circostanze non direttamente poste in essere dal c.d. scafista di cui però lo stesso viene ritenuto responsabile. Accade, ad esempio, quando l’imbarcazione affonda o si ribalta e ci sono vittime tra i migranti. In questo caso viene contestato il reato di omicidio plurimo ai c.d. scafisti sia nella forma di cui all’art. 589 c.p (omicidio colposo) che dell’art. 586 c.p. (morte come conseguenza di altro delitto).

  1. https://dalmarealcarcere.blog
  2. La sentenza delle Sezioni Unite sulla qualificazione come circostanze aggravanti delle fattispecie previste dall’art. 12 co. 3 del T.U. immigrazione, Diritto penale contemporaneo – 14 dicembre 2018
  3. Direttiva 2002/90/CE del Consiglio del 28 novembre 2002 volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali
  4. Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale sottoscritta nel corso della Conferenza di Palermo (12 – 15 dicembre 2000)
  5. Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria

Avv. Arturo Raffaele Covella

Foro di Potenza.
Sono impegnato da anni nell’ambito della tematica del diritto dell’immigrazione, con particolare attenzione alla protezione internazionale e alla tutela dei lavoratori stranieri. Collaboro con diverse associazioni locali che si occupano di migrazioni. Scrivo per diverse riviste.