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Mancata iscrizione anagrafica a richiedente asilo: nuova condanna per il comune di Pisa

Le associazioni pisane: "Ora prepariamo segnalazione alla Corte dei Conti"

Il Comune di Pisa è stato nuovamente condannato dal Tribunale di Pisa per aver negato l’iscrizione anagrafica a un richiedente asilo, ospitato a Pisa presso una struttura della Croce Rossa.

Lo rendono noto Diritti in comune: Una città in comune, Rifondazione Comunista e Pisa Possibile che spiegano come la loro battaglia legale sia iniziata fin da quando il primo “Decreto sicurezza” stabilì che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non dava diritto alla residenza, contestando l’intento discriminatorio della norma e la sua interpretazione strumentale.
«La residenza – specificano – è, infatti, un diritto soggettivo che non può essere negato a chi vive regolarmente sul territorio, come nel caso dei richiedenti asilo, anche perché tale negazione lede altri diritti fondamentali legati alla residenza, come la salute e la protezione sociale».
Questa posizione è stata confermata dalla sentenza n. 186 del 2020 della Corte costituzionale, che ha denunciato l’intrinseca irrazionalità della norma voluta dall’ex Ministro degli Interni Salvini.

«La novità rispetto alle precedenti condanne subite dal Comune – continuano le organizzazioni pisane – è che il Tribunale ha assegnato il pagamento delle spese legali all’amministrazione comunale, per 2.900 euro: questo è il risultato del fatto che il sindaco, nonostante le precedenti sentenze con cui il Comune di Pisa era stato già condannato dal 2019 e le nostre reiterate diffide a seguito di una giurisprudenza consolidata, non ha mai dato disposizione agli ufficiali dell’anagrafe di dare la residenza ai richiedenti asilo, applicando le sentenze e rispettando la legge.
Con l’addebito delle spese legali, la collettività finisce per pagare il prezzo della propaganda anti-immigrati della Lega e del sindaco1».

«Per contrastare quest’esito inaccettabile – concludono – invieremo nei prossimi giorni una segnalazione alla Corte dei Conti. La cifra di 2.900 può essere considerata modesta, all’interno del bilancio comunale, ma noi difendiamo un principio molto semplice: il sindaco ha avuto tutto il tempo, in questi anni, per allineare la prassi dell’anagrafe a quanto deciso dai tribunali e quanto previsto dalla nostra Costituzione. Se non l’ha fatto, per motivi di propaganda xenofoba, non è giusto che a pagare sia la cittadinanza». 

  1. Michele Conti della Lega è in carica dal 2018 ed è sostenuto da una coalizione di centro-destra. In passato ha militato in AN e nell’Msi (ndr.)