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Protezione speciale: valorizzata l’inclusione sociale in Italia, il rimpatrio lederebbe la tutela della vita privata

Tribunale di Reggio Calabria, decreto del 14 gennaio 2022

Photo credit: Valentina Nessenzia

Il Tribunale di Reggio Calabria ha escluso la sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria ma ha riconosciuto la protezione speciale, ribadendo l’applicabilità al giudizio in corso del DL 130/2020, valorizzando in particolare il percorso di integrazione effettuato dal ricorrente in Italia.

Secondo il Tribunale: “Dalla narrazione del richiedente emerge, infatti, come egli abbia lasciato il Paese di origine nel 2013, tentando un primo radicamento in Sudan e poi in Libia, territorio che fu costretto ad abbandonare per questioni legate all’insicurezza e all’instabilità dell’area, che costituisce fatto notorio. La lunga e protratta assenza dal Paese di origine, raffrontata al significativo percorso di integrazione lavorativa avviato in Italia (come da documentazione allegata, ha conseguito il diploma di scuola media, ha svolto un tirocinio formativo, ed ha sempre lavorato con contratti a tempo determinato e da ultimo come socio lavoratore in una cooperativa) lascia intravedere un serio rischio di compromissione della sua vita privata in relazione alle difficoltà di re-inserimento che egli potrebbe incontrare in caso di rientro, tenuto conto, da un lato, del fatto che lo stesso non lavorava nel suo Paese dal quale manca da tantissimo tempo”. 

Il Tribunale ha espressamente richiamato i principi affermati dalla Corte di Cassazione con l’ord. n. 3705 del 12.02.2021 secondo la quale “l’apprezzamento relativo al rischio, in caso di rimpatrio, di privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, ovvero di loro compromissione al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, va condotto non in termini astratti, ma in concreto, ponendo come base di partenza del procedimento di comparazione il livello di integrazione che il cittadino straniero abbia effettivamente realizzato in Italia, sotto i diversi profili sociale, lavorativo e familiare. Sussiste infatti un rapporto di proporzionalità inversa tra i due corni dell’unico procedimento logico di valutazione, nel senso che tanto più è forte il radicamento in Italia del richiedente la protezione, tanto meno è richiesto un apprezzamento funditus della condizione esistente nel Paese di origine che sia direttamente collegato alla situazione individuale del richiedente stesso, dovendosi presumere che la semplice rilevante differenza tra i due contesti possa esporre il soggetto al grave rischio di veder compromesso il suo standard di vita, e con esso, il livello di protezione dei suoi diritti fondamentali che in concreto egli ha potuto conseguire mediante il processo di integrazione avuto nel Paese ospitante e che, quindi, in linea tendenziale ha diritto di conservare”.

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Si ringrazia l’avv. Pasquale Costantino per la segnalazione e il commento.


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