Andalusia – 2 febbraio 2022. È la prima volta che viene superata la cifra di 2.000 morti al confine meridionale, un nuovo e “crudele” record storico che si evince dal Bilancio migratorio frontiera sud 2021 presentato dall’Associazione andalusa dei diritti umani (APDHA), i cui numeri indicano che almeno 2.126 persone sono morte sulla rotta migratoria verso la Spagna, il 24% in più dell’anno precedente.
Questo numero, il più alto dall’inizio delle registrazioni nel 1988, un totale di 1.457 sono stati i corpi recuperati e 669 le persone disperse. Questi sono i dati del monitoraggio annuale effettuato dall’organizzazione. Tuttavia, l’organizzazione afferma di avere la «certezza che il numero di persone scomparse sia molto più alto. Non è azzardato stimare l’agghiacciante numero di 4.000 persone, vittime dell’immigrazione irregolare alla frontiera meridionale nel 2021».

L’aumento della letalità è evidente, assicura l’organizzazione, se si tiene conto che, rispetto all’anno precedente e nonostante il mantenimento degli arrivi, sono morte almeno 400 persone in più, «il che dà un’idea della grandezza della tragedia e dell’aumento del pericolo di migrare verso la Spagna».
Per questo l’APDHA considera di vitale importanza avere un protocollo per l’identificazione delle vittime alle frontiere, che «alleggerisca la sofferenza delle famiglie e il labirinto burocratico a cui sono sottoposte senza una determinazione ufficiale della morte o scomparsa del loro familiare, che ha ovvie implicazioni nei loro Paesi per la protezione dei coniugi o dei minori a carico».
La Spagna deve rispettare gli impegni internazionali che ha sottoscritto, avverte l’APDHA. Tra questi, il Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration, adottato nel dicembre 2018 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che stabilisce che gli Stati devono «salvare vite e intraprendere iniziative internazionali coordinate sui migranti scomparsi», che include «fare ogni sforzo (…) per recuperare, identificare e rimpatriare i resti dei migranti deceduti nei loro Paesi d’origine, rispettando la volontà delle loro famiglie».
L’associazione sottolinea che il maggior numero di vittime si è verificato «sulla rotta delle Isole Canarie, dove 1.332 persone hanno perso la vita. Le più grandi tragedie si sono verificate lì, poiché diversi bambini e bambine hanno perso la vita durante la traversata, e ci sono state anche donne che hanno partorito sull’imbarcazione». Però risalta anche la situazione sulle coste algerine, dove 492 persone hanno perso la vita, in un incessante stillicidio di morti.

Secondo la ricerca resa pubblica dall’associazione, più della metà degli arrivi di quest’anno sono stati attraverso la rotta delle Canarie, seguendo la tendenza iniziata nel 2019. Sul totale degli arrivi via mare, di 42.988 ingressi alla frontiera meridionale in 2.238 imbarcazioni, quasi il 58%, ossia 24.898, lo hanno fatto attraverso le Isole Canarie in 547 imbarcazioni.
«Tuttavia, nonostante questa realtà sia quotidiana da due anni, non sono stati messi in atto meccanismi adeguati per rispettare i diritti umani delle persone che arrivano sulle coste delle isole Canarie», ha detto APDHA. In particolare, hanno criticato il fatto che il Tribunale Provinciale di Las Palmas abbia archiviato il caso delle detenzioni che hanno superato le 72 ore perché ha considerato rilevante la situazione di emergenza che si stava vivendo ad Arguineguín. Per l’APDHA, «è difficile parlare di emergenza in una realtà che va avanti da almeno due anni e che rivela la mancanza di volontà del governo di stabilire un vero sistema di accoglienza». Ancora una volta, l’organizzazione insiste sul fatto che questo si deve alla «strategia di omogeneizzazione e disumanizzazione delle persone che migrano attraverso la frontiera Sud, il cui risultato è, oltre alla punizione esemplare dei migranti, un aumento dei discorsi d’odio e delle manifestazioni razziste e xenofobe».
Per quanto riguarda l’Andalusia, confermano che «c’è stato un aumento degli arrivi sulle coste, che sono passati da 10.206 nel 2020 a 12.456 nel 2021». E questo nonostante il fatto che, come ha denunciato l’APDHA, «gli accordi firmati con il Marocco, con l’intensificarsi dei controlli nel Nord del Paese, hanno provocato, per il secondo anno la deviazione dei flussi migratori verso le isole Canarie, verso rotte più difficili e insicure che generano un maggior numero di morti».
Precisamente, l’APDHA ha evidenziato l’aumento del numero di arrivi di persone algerine negli ultimi anni. Più del 65% delle persone che arrivano sul continente e alle Baleari è algerino. D’altra parte, negli arrivi sulle coste del confine meridionale nel loro insieme, il gruppo maggioritario continua ad essere quello delle persone subsahariane (45,4%).

L’associazione ritiene che «la tragedia umanitaria che si genera alle frontiere spagnole nei confronti dei migranti non possa essere misurata in numeri, poiché le violazioni dei diritti umani vanno oltre l’analisi quantitativa. Non si può non sottolineare, dicono, che la responsabilità dipende da politiche migratorie crudeli e disumane, che non solo sono inefficaci per l’obiettivo che pretendono di perseguire, ma causano anche molta sofferenza e molti morti».
Infine, i rappresentanti dell’APDHA hanno anche voluto sottolineare le crescenti difficoltà incontrate nel contrastare i dati con le fonti ufficiali «a causa dell’opacità che il governo di Pedro Sánchez ha deciso di decretare su questo tema». Capiscono che l’obiettivo sia quello di «rendere invisibile questa realtà per non assumere le tragiche conseguenze che genera la sua gestione delle migrazioni e delle frontiere».