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«The last shelter» (L’ultimo rifugio), un film di Ousmane Samassékou

Vincitore del Dox:Award al CPH:Dox 2021

Francia / Mali / Sud Africa, 2021, 85 min

Sinossi

La Maison des Migrants (Casa dei Migranti) a Gao in Mali è un rifugio situato nell’estremità meridionale del deserto del Sahara. Accoglie sia coloro che si dirigono verso l’Algeria a nord sia coloro che ritornano indietro dopo aver tentato invano di raggiungere l’Europa. Esther e Kady, due adolescenti originarie del Burkina Faso, giunte alla Casa dei Migranti per recuperare le forze e continuare il loro viaggio, fanno amicizia con Natacha, una donna migrante sulla quarantina la cui memoria era venuta meno nel corso degli anni, insieme alle sue speranze di riavere la sua casa. Le tre amiche ritrovano una parvenza di vita familiare, condividendo momenti di gioia, speranza e dolcezza. Loro non abbandonano mai il sogno di un futuro all’estero, neanche quando il loro viaggio si scontra con coloro che sono tornati indietro afflitti dal fallimento e dai traumi. La casa, come un bastione di mura fragili, fatica a resistere alla chiamata del deserto, al suo lontano mormorio che sussurra storie di sogni e di incubi.

La Casa dei Migranti, situata nell’estremità meridionale del deserto del Sahara a Gao in Mali, rappresenta un posto sicuro sia per coloro che si dirigono verso l’Europa sia per coloro che ritornano verso casa. Qui i migranti fanno i conti con le loro personali storie di migrazione. Cosa si prova, di cosa si ha bisogno, in che momento si ci è visti costretti a mettere da parte i propri sogni, o fino a quando si è disposti ad aspettare per viverli?

Una produzione di Point du Jour – Les films du balibari (Francia) – DS Productions (Mali) – STEPSGeneration Africa (South Africa) – ARTE France (FR)

In un’intervista pubblicata su Africa Is a Country 1 il regista Ousmane Samassékou spiega che con il film «Abbiamo la capacità di mostrare ciò che sta accadendo nella nostra area del mondo in modi che non siano disumanizzanti, senza mostrare la povertà, la miseria e la malattia che di solito vengono erroneamente proiettate sull’Africa e che nascondono la nostra vera realtà». «Penso», continua il regista «che sia un’opportunità per le persone di conoscere non solo ciò che sta accadendo, ma spero anche, spero che molte persone che vedranno il film capiranno cosa c’è in gioco per coloro che sono in questa situazione, che hanno questi sogni, il desiderio di partire in un viaggio attraverso il deserto».

La casa dei migranti

La città maliana di Gao, situata nella zona centrale del Sahel, è oggi territorio di grandi tumulti. Aldilà dell’apparente calma che la contraddistingue, è infatti al centro delle più grandi sfide geostrategiche dell’area in questione. Occupata nel 2012 dalle forze ribelli del Mali settentrionale e poi liberata nel 2013, la città oggi rappresenta un’importante base per gli eserciti francesi, maliani e delle Nazioni Unite nella loro guerra contro le milizie jihadiste presenti nelle aree circostanti.

Ormai da decenni, la città rappresenta un punto di passaggio per l’Europa per i migranti che giungono da lontano. Decine di migliaia di persone provenienti da ogni parte del continente la attraversano ogni anno. A partire dal 2016, la vicina Algeria ha, in maniera non ufficiale, inasprito la sua politica migratoria e i migranti che si sono stabiliti temporaneamente nel paese sono vittime di arresti di massa da parte delle forze dell’ordine. Senza alcun processo, vengono riaccompagnati al confine meridionale del paese, oppure, in altri casi, vengono abbandonati a loro stessi nel deserto. Alcuni di loro sono vittime di violenza da parte delle forze dell’ordine o dei passeurs, molti arrivano assetati e affamati. A Tinzaouaten, una cittadina situata sul confine tra il Mali e l’Algeria, i migranti che sono tornati indietro vengono presi in carico dall’Organizzazione Internazionale per la Migrazione per poi essere riportati a Gao in convogli guidati dalle forze dell’ordine maliane.

In questo contesto drammatico, Gao è diventata un rifugio per molte persone che sognano un futuro in Europa. Il luogo simbolo di ciò che questa città rappresenta per queste persone è la Casa dei Migranti, che ogni anno accoglie migliaia di persone: tra i quali chi non vuole più mettere piede in quell’inferno, i più coraggiosi che vorrebbero tentare di raggiungere l’Europa e chi sta compiendo il suo primo viaggio. Sono camerunesi, congolesi, ghanesi, nigeriani, ivoriani, liberiani, angolesi, burkinabé, maliani, senegalesi: per farla breve si tratta di africani … è lì che si trova l’Africa. Si tratta, più precisamente, dell’Africa degli oppressi, un’immagine che rappresenta la mancanza di futuro del paese e la crudeltà del sistema migratorio che distrugge corpi e ambizioni.

The Last shelter narra la storia di questo luogo e dei suoi abitanti, la consapevolezza del trauma dell’esilio e il difficile tema del ritorno dalla propria famiglia. Il film da’ voce agli invisibili, a chi si trova perso in una dimensione a noi estranea, diviso tra un passato cancellato e un futuro a cui è impossibile dare forma. Facendo luce su una parte della loro vita attuale, questo film rappresenta un tuffo senza precedenti in una realtà di solito sconosciuta ai più.

Il regista

Dopo la laurea in economia e commercio, Ousmane Zoromé Samassékou ha continuato gli studi presso il Conservatorio delle Arti Multimediali e dell’Artigianato a Bamako. Successivamente ha conseguito una laurea magistrale in montaggio e produzione di documentari presso la Gaston Berger University a Saint Louis in Senegal. Ousmane è socio della DS Peoduction a Bamako, dove lavora come produttore, regista, direttore della fotografia ed editor.

Nel 2015 ha realizzato il suo primo lungometraggio sui lati oscuri dell’istruzione e della formazione nel Mali: “Les héritiers de la colline”, prodotto da Label Vidéo (Francia) e DS Production (Mali), che ha vinto il Grand Prix du Jury nel festival di Agadir e una menzione speciale da parte della giuria agli AMAA Awards.

Il suo ultimo lungometraggio “The Last Shelter” è stato presentato all’IDFA Forum nel 2019 e nel 2020 (premontaggio) con il titolo provvisorio “Witnesses from the Shadow” (I testimoni dell’ombra). Con questo progetto, Ousmane ha preso parte all’IDFA Summer School e all’IDFA Academy nel 2019.

Come coproduttore di “Zinder” di Aicha Macky prodotto da Tabous Productions (Niger), Les films du balibari e Corso films ha preso parte al laboratorio Atlas nel 2020, La fabrique des Cinémas du Monde al festival di Cannes, l’Ouaga Film Lab e i laboratori Produire au Sud al 3 Continents Film Festival a Nantes. Nell’ottobre del 2018, ha vinto il Producer Networks Grant all’Ouaga Producer Lab con il progetto “Tonso”.

  1. Un sito di opinioni, analisi e nuovi scritture su e dalla sinistra africana. È stato fondato da Sean Jacobs nel 2009. Tutti i contenuti di Africa Is a Country sono pubblicati sotto una licenza Creative Commons