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Photo credit: Iuventa Crew
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A maggio inizia il più grande processo politico contro le Ong del soccorso in mare

Iuventa crew: «Le persone in movimento sono letteralmente condannate a morte da un regime di frontiera europeo»

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5 anni dopo le più ampie e controverse indagini sulle Ong nel Mediterraneo, inizierà finalmente il 21 maggio, con un’udienza preliminare presso il Tribunale di Trapani, il processo che vede imputate ben 21 persone impegnate in operazioni di ricerca e soccorso nel mar Mediterraneo.

L’udienza servirà a stabilire se le accuse di “favoreggiamento dell’ingresso non autorizzato in Italia” potranno cadere, o se verrà avviato un dibattimento che potrebbe durare anni e concludersi con una pesante condanna fino a 20 anni di carcere.

Tra gli imputati – riporta Iuventa Crew – quattro sono tedeschi e facevano parte dell’equipaggio della nave di salvataggio Iuventa, al tempo della Ong berlinese Jugen Rettet. Si tratta di Kathrin Schmidt, Dariush Beigui, Sascha Girke e Uli Tröder, che «nel 2016/2017 hanno contribuito a salvare più di 14.000 persone dalla morte per annegamento nel Mediterraneo centrale».

«La procura – specifica la crew – sostiene che questi salvataggi non sono stati effettuati per rispondere a una situazione di pericolo in mare né per evitare la morte certa delle persone. Piuttosto, l’accusa ritiene che l’intento fosse quello di facilitare illegalmente l’ingresso di persone in Italia».

Le indagini avviate dalla procura di Trapani nel 2016 sono diventate note a livello internazionale nell’agosto 2017, quando hanno portato al sequestro della nave Iuventa. Hanno anche fatto notizia per i loro controversi metodi investigativi, che comprendevano agenti sotto copertura e intercettazioni telefoniche anche nei confronti di giornalisti, avvocati ed ecclesiastici. Allora il ministro dell’interno era Marco Minniti ed insieme a Paolo Gentiloni, entrambi del PD, furono tra i promotori dell’accordo con la Libia, da poco rifinanziato dal governo Draghi, per respingere e bloccare i migranti nei centri detentivi. All’opposizione di quel governo sedeva ancora Salvini, che oggi i profughi ucraini li va a prendere in Polonia col bus, e Di Maio che definì le navi come “taxi del mare“.

Amnesty International – ricorda sempre il collettivo tedesco – ha preso una posizione chiara in una recente indagine sul caso: «Le accuse nei confronti della Iuventa costituiscono una violazione del diritto di associazione e di difendere i diritti umani così come una violazione dei diritti dei rifugiati e dei migranti, compreso il loro diritto alla vita».

Nicola Canestrini, avvocato dell’equipaggio, spiega la linea difensiva che verrà adottata. «Intendiamo dimostrare che le operazioni della Iuventa erano perfettamente legali dato che chiedere asilo è un diritto fondamentale di ogni essere umano. Lo è anche essere soccorsi in mare da annegamento certo. L’equipaggio è sotto processo per aver difeso i diritti umani più fondamentali: andrebbe invece processato chi ha ignorato questi diritti».

Se nel Mediterraneo centrale e sugli altri confini esterni ed interni all’Unione europea si continua a morire, nonostante che questo non desti più scalpore e sia diventato la normalità, a monte di tutto c’è un motivo ben preciso, che dovrebbe essere considerato ogni qual volta si associ l’intervento umanitario e solidale alle migrazioni.

Lo chiarisce Pia Klemp, ex capitana Iuventa e di Sea watch, e ora capitana della Louise Michel. «Sostenere le persone in movimento diventa un crimine solo quando l’atto stesso di essere in movimento viene dichiarato un crimine. I rifugiati e i migranti sono criminalizzati de facto e de jure in Europa – proprio per il fatto che sono in movimento. Se non ci sono possibilità “regolari” di attraversare il confine, allora l’illegalità è un automatismo».

«C’è un grande interesse politico nel garantire che le persone nate con il passaporto sbagliato continuino ad essere fermate, respinte, imprigionate o uccise. Le persone in movimento sono letteralmente condannate a morte da un regime di frontiera europeo. Questa è l’ingiustizia principale, non la criminalizzazione di noi, europei privilegiati, o quella delle ONG», conclude Kathrin Schmidt, imputata con Iuventa.

Seguiremo il processo, chiedendo insieme agli amici di Iuventa e ad Amnesty International la completa assoluzione di tutte le persone imputate.

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]