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Foto tratta dalla ricostruzione dei fatti di @JackSapoch
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Grecia. Respingimenti annegati nel silenzio

L'inchiesta di Lighthouse Reports e il whistleblowing digitale

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Le persone migranti che arrivano in territorio greco vengono sottoposti a un regime di detenzione nelle isole dell’Egeo prima di essere trasportati in mare aperto e gettati in mare. È quanto emerge da un’inchiesta giornalistica di Lighthouse Reports, il cui comunicato è stato reso pubblico il 17 febbraio scorso sul loro sito web 1.

Il whistleblowing digitale

Il giornalismo investigativo si avvale della tecnica del Whistleblowing, una parola di difficile traduzione in italiano, che indica l’atto civico di denuncia tramite rivelazione di informazioni. Il whistleblowing è la scelta – di un cittadino, di una persona o di un gruppo di persone – di condividere elementi che erano tenuti nascosti, compromettenti o sensibili per qualcuno.

Il giornalismo, specie quello investigativo e d’inchiesta, si è sempre nutrito di questi atti di denuncia. Negli ultimi anni i dispositivi tecnologici messi a disposizione dai giornalisti investigativi hanno facilitato l’attività di whistleblowing, che è diventata digitale e avviene tramite piattaforme virtuali che permettono di denunciare un fatto mantenendo riservata l’identità di chi denuncia: una forma di tutela essenziale nel momento in cui si rilasciano informazioni delicate, o in situazioni in cui rivelare l’identità del whistleblower potrebbe metterlo a rischio. Un esempio di queste piattaforme è Regeni Leaks 2, realizzata in Italia dal giornalista Raffaele Angius con lo scopo di investigare sulle violazioni dei diritti umani in Egitto e sulla morte di Giulio Regeni. Le fonti hanno rilasciato informazioni essenziali per il lavoro di inchiesta, e tramite il whistleblowing digitale hanno potuto farlo rimanendo interamente anonime. Un’altra piattaforma è GlobaLeaks 3, creata dal Centro Hermes, organizzazione italiana per i diritti civili impegnata nello sviluppo dell’attenzione alla trasparenza e ai diritti umani digitali da parte della società civile.

Lighthouse Reports ha implementato una piattaforma simile, accessibile dalla pagina principale del loro sito. Chiunque decida di rilasciare informazioni che ritiene importanti per le loro indagini, può esporsi in forma anonima premendo il tasto “Blow the whistle”, che letteralmente significa proprio “fischia”.

Il lavoro investigativo di Lighthouse Reports

Mediante questa piattaforma di whistleblowing digitale, Lighthouse Reports è riuscito a ricevere informazioni essenziali per la sua inchiesta.

I fatti risalgono al 15 settembre scorso, quando un gruppo di 36 richiedenti asilo è giunto all’isola di Samos dalla Turchia. Di questi, 28 sono stati poi catturati nell’isola, messi su una nave e portati verso la Turchia. Nei pressi delle coste turche, la guardia costiera li ha abbandonati alla deriva su due zattere di salvataggio gonfiabili. La guardia di costiera turca ha messi in salvo – si sono trovati di nuovo in Turchia dopo il loro pericoloso viaggio in mare alla volta delle coste greche 4.

E i restanti? Dalle interviste fatte ad alcuni testimoni del fatto, emerge che questi otto rimanenti sono riusciti a sfuggire alle forze di polizia e a nascondersi nei boschi. Quattro di loro hanno raggiunto il centro di identificazione e accoglienza di Samos, dove sono stati identificati. Degli altri quattro, Sidy Keita, Didier Martial Kouamou Nana e Ibrahim «sono stati catturati il giorno dopo, imbarcati su un motoscafo, picchiati e gettati in mare senza giubbotto di salvataggio», stando alla testimonianza dello stesso Ibrahim.

Ibrahim è l’unico sopravvissuto dei tre; è riuscito a nuotare fino alla terraferma. I corpi di Sidy e Didier sono stati ritrovati in seguito sulla costa della Turchia dallo stesso Ibrahim.

«La testimonianza di Ibrahim non può essere corroborata da altre testimonianze», scrive Lighthouse Reports, «ma siamo stati in grado di verificare dettagli importanti del suo racconto» proprio grazie al whistleblowing di due funzionari greci. Questi, hanno rilasciato in forma anonima una versione dei fatti che è risultata compatibile con il resoconto di Ibrahim. Dalla denuncia dei funzionari emerge che queste pratiche di respingimento dei richiedenti asilo sono state messe in atto dalla guardia costiera greca anche in passato.

Quella messa allo scoperto da Lighthouse Reports è una forma di respingimento che non viola soltanto il principio di non-respingimento di potenziali richiedenti asilo sancito dai trattati internazionali, ma si macchia di un’atrocità ben peggiore: quella di esporre al rischio di morte i migranti al momento stesso del respingimento, col complice silenzio del mare. Il circuito di informazioni che sono state rilasciate, ottenute ed estrapolate con questa inchiesta può resistere alla forza di quel silenzio e portare alla luce una verità più profonda su quei corpi ritrovati giorni dopo sul bagnasciuga.

Lighthouse Reports scrive che almeno altri 29 morti in mare, tutti casi archiviati in seguito come “incidenti”, sono stati registrati da ONG come Aegean Boat Reports e dalla guardia costiera turca. Questi dati devono spingere a un’osservazione più accurata sulle morti in mare tra Grecia e Turchia: che cosa le provoca? Un gommone insicuro? No. Un crudele respingimento in mare.

  1. Aegean Pushbacks Lead to Drowning. Examining what whistleblowers claim is a new tactic of throwing asylum seekers overboard off Turkish coast
  2. Intervista a Raffaele Angius e Brahim Maarad
  3. www.globaleaks.org/it
  4. Un’analisi completa open source della metodologia  utilizzata per supportare questa indagine può essere trovata qui

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.