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“La critica postcoloniale” e il valore delle sue istanze nella contemporaneità

La nuova edizione del libro di Miguel Mellino, docente di studi postcoloniali

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Miguel Mellino presenta la nuova edizione de “La critica postcoloniale. Decolonizzazione, capitalismo e cosmopolitismo nei postcolonial studies”. La casa editrice Meltemi, che ha pubblicato il volume nel 2005, lo ripropone nel 2021, arricchito di una prefazione firmata dall’autore. La presentazione del libro si è tenuta a Bologna lo scorso 24 febbraio, organizzata da Punto Input. Alla discussione hanno partecipato Oiza Queens Day Obasuyi, ricercatrice e giornalista, l’antropologo Andrea Staid e la saggista e traduttrice Anna Curcio.

Punto Input propone il volume di Miguel Mellino come una genealogia degli studi post-coloniali, nel tentativo di ricostruire la memoria della disciplina. Al giorno d’oggi, secondo l’autore, il post-colonialismo viene spesso giudicato come eccessivamente accademico, impolitico e culturalista. Pur riconoscendone i limiti, Mellino vuole restituire l’attenzione al valore storico e sociale delle istanze promosse da questa scuola di pensiero.  

Il ruolo delle istanze post-coloniali

Gli studi post-coloniali cominciano il loro percorso accademico, politico ed intellettuale circa trent’anni fa, in un contesto socio-culturale nato dalle lotte degli anni ‘50 e ‘60. Le istanze centrali ponevano una critica al capitalismo globale, nel periodo in cui esso trionfava in seguito al crollo dell’URSS e alla scomparsa del blocco sovietico. 

Uno dei meriti fondamentali di questi studi, secondo l’autore, è stata la capacità di modificare l’approccio sociale ed accademico al colonialismo. Fino a trent’anni fa l’esperienza coloniale era vista e studiata come un passaggio storico; mentre l’analisi delle conseguenze visibili nella contemporaneità veniva tralasciata. Gli studi post-coloniali hanno permesso e sostenuto un salto di qualità, collocando il colonialismo non più come un passaggio storico, bensì come una formazione discorsiva all’interno della modernità capitalista.

Vittime del loro successo, gli studi post-coloniali hanno attraversato poi un periodo buio e, per come erano stati concepiti, si sono dissolti. Tuttavia, Mellino riconosce come abbiano lasciato uno sguardo sulla colonialità che si è reso indipendente sia dal pensiero post-coloniale che dagli autori che l’hanno proposto. Orientalismo e Cultura e Imperialismo di Edward Said, testi fondamentali della letteratura sul post-colonialismo, hanno forgiato lo sguardo ed il linguaggio attraverso cui tuttora possiamo leggere le lotte sociali e i conflitti contemporanei.

Teoria post-coloniale in Italia

L’importanza di portare le sue riflessioni ad un pubblico italiano è fondamentale per Mellino, che riconosce le peculiarità di tale contesto. In Italia, infatti, lo sviluppo della pratica teorica e politica post-coloniale è strettamente legato alle lotte no-global degli anni ’90. In questo ambiente il pensiero post-coloniale si è fatto portavoce delle istanze politiche del movimento, sostenendo gli elementi neocolonialisti presenti nella relazione iniqua e fondata sulla logica dello sfruttamento, fra i paesi occidentali e il resto del mondo.

In Italia la prima pubblicazione del libro avviene nel 2005, in un periodo in cui il dibattito post-coloniale verte sul piano della critica letteraria, perdendo di vista il contesto materiale. Anna Curcio sostiene che il lavoro di Mellino si smarca da questo stallo elitario, assumendo il punto di vista della lotta. Il post-colonialismo è descritto come un anti-colonialismo ma “con altri mezzi” (Mellino 2005; 11). L’autore sottolinea la centralità dei discorsi su storia, capitalismo, cultura, cosmopolitismo, marxismo ed infine razzismo all’interno del termine post-coloniale.   

Unicamente nel 2010, in ritardo rispetto al resto del mondo, si comprende che le istanze sostenute dal post-colonialismo sul legame fra modernità, imperialismo e colonialismo riguardano anche la storia dell’Italia. Questa nuova interpretazione permette di leggere la costruzione della nazione moderna come strettamente legata al colonialismo globale, alla schiavitù, all’imperialismo e alle lotte antirazziste.

Uno sguardo all’attualità

L’autore chiude riportando l’attenzione sull’attualità, egli sostiene che con l’invasione russa dell’Ucraina stiamo assistendo ad un tratto fondamentale della dissoluzione dell’ordine liberista e capitalista. Quest’ultimo, affermatosi nel 1991, ha raggiunto il punto di massima forza al G8 di Genova; tuttavia, dal 2008 mostra segni di debolezza causati dalla crisi finanziaria, dalle insorgenze arabe e, più tardi, dalla crisi dei rifugiati e dall’ascesa di Russia e Cina.

Sempre nell’ottica di collegare l’attualità e la teoria critica post-coloniale l’antropologo Andrea Staid pone l’attenzione sull’ecologismo decoloniale. Tale disciplina sostiene che il termine antropocene sia inadatto a descrivere il ruolo dell’umanità nella distruzione dell’ecosistema, in quanto generalista, ed al suo posto utilizza capitalocene. L’antropologo sottolinea come sia stato il colonialismo e l’espansione dello stile di vita europeo ed antropocentrico nel mondo la reale causa della sua distruzione.

Gli studi post-coloniali dovrebbero comprendere anche nuovi assunti dell’antropologia indigenista, che evidenziano il ruolo distruttivo sull’ecosistema dell’espansione del modello europeo colonialista. Con questa nuova lettura la critica post-coloniale perderebbe il carattere accademico ed elitario che l’ha caratterizzata nel suo periodo di crisi, diventando uno strumento attuale di comprensione del colonialismo.

Mellino conclude sottolineando che il colonialismo non può più essere letto solo come un sistema politico, ma come una struttura che ha prodotto un modo appropriatorio di stare nel mondo e rapportarsi con l’altro, con la natura e con l’economia. Anche la cultura dei colonizzatori è dipendente dal colonialismo; la cultura moderna europea è stata plasmata da esso il linguaggio in Europa è corrotto dal sistema coloniale. L’autore afferma che:

«non si può negare come la (ri)lettura postcoloniale della storia ci ricordi innanzitutto che lo stato d’eccezione in cui viviamo […] non è qualcosa di contingente o di passeggero, ma la regola stessa del nostro agire.» (Mellino 2005: 159).

Francesca Olivi

Dopo la laurea triennale in Studi Internazionali a Trento, ora frequento un corso di laurea magistrale in International Relations a Bologna, con un focus su criminologia e giustizia. In passato ho seguito una formazione per il volontariato presso il Centro Astalli di Trento per il progetto suXr. Dal febbraio 2022 svolgo il tirocinio curriculare presso l'Associazione Melting Pot.