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Photo credit: Emanuela Zampa (Sighet, confine tra Romania e Ucraina, 28 febbraio 2022)
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Polonia, Lettonia, Lituania e le ingiunzioni della CEDU

Una nota dell'European Council on Refugees and Exiles (ECRE) sulle frontiere orientali dell'UE

Respingimenti di massa, stato di emergenza al confine con la Bielorussia e condizioni degradanti nei centri di detenzione della Polonia: in questa nota del 25 febbraio scorso l’European Council on Refugees and Exiles (ECRE) traccia un quadro sulle frontiere orientali dell’UE a poche ore dall’invasione russa dell’Ucraina.


Si stima che siano circa 100.000 gli ucraini sfollati nelle prime 24 ore successive all’invasione russa dell’Ucraina. Durante un viaggio nel paese appena prima dell’attacco, il commissario ha rassicurato i media che erano pronti piani di emergenza per i potenziali rifugiati in fuga verso l’Europa. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha adottato misure provvisorie, spesso volte a fermare i respingimenti, in 65 delle 69 richieste presentate contro Stati al confine dell’UE con la Bielorussia.

La commissaria UE per gli affari interni Ylva Johansson ha messo in guardia la Polonia contro il prolungamento dello stato di emergenza al confine.
Il 24 febbraio sono state sentite esplosioni vicino alle principali città ucraine, tra cui Kiev, e “colonne di truppe russe” sono entrate nel Paese via terra, aria e mare. Più tardi quel giorno, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy ha dichiarato che erano state uccise circa 137 persone e altre 316 ferite. Dopo settimane di speculazioni mediatiche su una potenziale invasione da parte della Russia, i timori sugli sfollamenti sono divenuti realtà. La sera del 24 febbraio sono stati segnalati ingorghi di 10 chilometri al valico di frontiera tra l’Ucraina e la città polacca di Przemyśl.

Secondo stime preliminari dell’ONU, almeno 100.000 persone sono fuggite dalle loro case nelle 24 ore successive ai primi attacchi russi. Il presidente moldavo ha riferito che 4.000 persone hanno attraversato il confine quel giorno. Nello stesso lasso di tempo, la guardia di frontiera polacca ha segnalato 29.000 passaggi di frontiera in entrambe le direzioni nelle ultime 24 ore, di cui 15.000 in arrivo in Polonia. Il Paese sta allestendo nove centri di accoglienza vicino ai suoi 535 chilometri di confine.

La Commissaria europea per gli affari interni Ylva Johansson ha visitato la Polonia due giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Interrogata il 22 febbraio, Johansson aveva affermato che l’UE fosse “ben preparata” ad ospitare i rifugiati ucraini. Prima dell’invasione, la Commissione aveva osservato che un attacco a est avrebbe provocato principalmente uno spostamento di sfollati verso l’Ucraina occidentale, mentre nel caso di un attacco più ampio la Polonia sarebbe stata probabilmente la principale destinazione di profughi.

Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria, Lituania, Lettonia ed Estonia hanno elaborato piani per accogliere gli ucraini. Alla fine del 24 febbraio, l’Ungheria ha introdotto la “protezione temporanea per i cittadini ucraini che arrivano dall’Ucraina e per i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio“. Anche la Slovacchia starebbe proponendo una procedura accelerata per fornire protezione temporanea agli ucraini.

Polonia, Lettonia e Lituania sono accusate di respingimenti di massa dall’agosto 2021, quando la Bielorussia hanno iniziato a tentare di “strumentalizzare” i migranti al confine dell’UE. Tra il 20 agosto 2021 e il 18 febbraio 2022 sono state presentate alla Corte Europea dei diritti umani 69 richieste di misure provvisorie nei confronti dei tre Stati. Queste per lo più obbligavano le autorità a fornire cibo, alloggio o cure mediche ai richiedenti, o proteggevano le persone dall’allontanamento dal territorio. Delle 69 richieste, 65 sono state accolte: una proporzione molto alta rispetto ad altri contesti europei.

Nel 2021, ad esempio, solo due richieste di misure provvisorie su 20 nei confronti dell’Italia sono state accolte e solo due su 95 nei confronti della Turchia. Le richieste presentate contro gli stati dell’est riguardano un totale di 270 ricorrenti. Al 21 febbraio, le misure sono rimaste in vigore in 12 casi.

Di fronte alle pressioni per denunciare le legislazioni polacca, lettone e lituana accusate di “legalizzare i respingimenti”, lo scorso anno la Commissione europea ha proposto misure provvisorie di emergenza per i tre Stati. La proposta è stata aspramente criticata dal Comitato del Parlamento europeo per le Libertà civili, Giustizia e Affari Interni (LIBE) durante un’udienza a gennaio. In una lettera di follow-up LIBE osserva che, sebbene i commissari Margaritas Schinas e Ylva Johansson abbiano entrambe ammesso l’esistenza dei respingimenti, la prima ha poi affermato che le procedure di infrazione non potevano essere avviate perchènon ci sono le prove che i respingimenti abbiano luogo”.

Anche la base giuridica della normativa emergenziale (che cita l’articolo 78, paragrafo 3, del trattato di Lisbona) è stata poi messa in discussione. Con un velato riferimento alla situazione alla frontiera UE-Bielorussia, il 21 febbraio l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha lanciato l’allarme sulla “normalizzazione” dei respingimenti in Europa. “Temiamo che queste pratiche deplorevoli ora rischino di normalizzarsi e di basarsi sulla politica”, ha affermato l’Alto Commissario dell’UNHCR Filippo Grandi.

Durante il suo viaggio in Polonia, la commissaria Johansson ha messo in guardia contro il prolungamento dello stato di emergenza al confine che ha bloccato l’accesso agli operatori umanitari, ai giornalisti e agli osservatori dei diritti. “Ora che la situazione è davvero ridimensionata, la Polonia non dovrebbe continuare con la sua legislazione di emergenza […] Dovrebbe esserci accesso alla zona di confine“, ha affermato la commissaria.

La normativa, imposta lo scorso agosto, scadrà a fine febbraio. Johansson ha anche visitato il centro di accoglienza di Lesnowola, che ha descritto come una prova della “possibilità di applicare condizioni di vita umane“. Contrariamente alla testimonianza della commissaria, nei centri di Wędrzyn e Krosno si sono svolte proteste contro il terribile trattamento dei rifugiati. Il 21 febbraio, la polizia polacca ha annunciato che un altro corpo senza vita era stato trovato vicino al confine con la Bielorussia. L’uomo, uno yemenita di 26 anni, è la ventesima persona morta al confine.

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