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Protezione sussidiaria al richiedente pakistano a seguito di domanda reiterata: in caso di rimpatrio rischierebbe per la sua incolumità

Tribunale di Lecce, decreto dell'11 marzo 2022

Un provvedimento di protezione sussidiaria, dopo una reiterata, in favore di richiedente cittadino pakistano, considerato non credibile dalla Commissione di Lecce, al contrario di quanto poi ha ritenuto il Tribunale di Lecce.

Il richiedente (di fede musulmana sunnita) presentava nuova istanza di protezione internazionale in quanto la ragazza con la quale aveva intrapreso una relazione osteggiata dai parenti di lei e dalla comunità sciita nel paese di origine, dopo che il richiedente lasciava il Pakistan, abortiva e veniva uccisa dai familiari poiché era decisa nel voler sposare l’istante. Inoltre, anche il fratello del richiedente subiva un’aggressione e veniva minacciato dal padre e dal fratello della ragazza uccisa, i quali cercavano l’istante. In caso di rimpatrio, teme che i familiari della ragazza possano ucciderlo.

Secondo il Tribunale, si può ritenere nel caso concreto che i fatti narrati integrino il pericolo di un grave danno, ricorrendo una delle ipotesi di cui all’art. 14 D.lgs n.251/2007.

I fatti narrati dal ricorrente sono apparsi credibili e circostanziati, è stato molto preciso nel riferire di aver lasciato il paese nel maggio del 2016 dopo essere stato minacciato di morte, dai genitori di una donna innamorata dell’istante che non acconsentivano alla relazione, né tanto meno al matrimonio con un uomo di fede musulmano sunnita, come appunto il ricorrente. La donna era incinta, abortiva ma poi è stata uccisa. L’istante afferma in maniera inequivocabile che in caso di rimpatrio, sarebbe anche lui ucciso dai parenti della donna (specifica il padre e il fratello della ragazza), che hanno ucciso la loro stessa figlia e sorella. Il ricorrente, ad avviso del Tribunale, risulta nel suo racconto dettagliato e coerente anche nel descrivere gli eventi che trovano per di più riscontro oggettivo nella cospicua documentazione allegata in atti munita di traduzione giurata: copia articolo giornale; denuncia per l’omicidio dell’Imam; denuncia per l’aborto e l’omicidio della ragazza (….); denuncia per l’aggressione subita dal fratello del ricorrente.
Inoltre, il Collegio ritiene, al contrario di quanto affermato dalla Commissione, che il narrato dell’istante risulti del tutto coerente con le COI consultate, illustrate nella pronuncia. Alcune famiglie usano la violenza per impedire i matrimoni d’amore, ad esempio si segnalano rapimenti delle ragazze, aggressioni ai parenti dei ragazzi e richieste d’intervento della polizia per rintracciare neosposi che hanno contratto matrimonio senza l’approvazione delle famiglie .Per legge le donne sono libere di sposarsi senza il consenso della famiglia, ma quelle che lo fanno sono spesso emarginate o rischiano di subire delitti «d’onore». I matrimoni vani, swara e watta-satta — sistemi consuetudinari utilizzati per dirimere controversie o contese tra famiglie o per scambiarsi figlie — sono ancora comuni in tutto il Pakistan, in particolare nelle aree rurali e tribali. Sono segnalati casi di donne e ragazze cristiane e indù [rispettivamente 700 e 300 ogni anno] costrette a convertirsi all’Islam e a sposare uomini musulmani. Stando a quanto riportato, la maggior parte dei matrimoni interreligiosi è considerata illegale e i bambini nati da tale unioni sono illegittimi. 
Il Collegio, quindi, trova che le dichiarazioni rilasciate dal ricorrente trovino perfetto riscontro dalle Coi consultate e sopra riportante, evidenziando la circostanza che le forze dell’ordine vengano chiamate al fine di sopprimere maggiormente il fenomeno dei matrimoni di etnie diverse, ritenendo, pertanto, fondato il timore rappresentato dal ricorrente in caso di rientro in Pakistan, anche sotto il profilo dell’attualità e della concretezza. Per di più vi è da sottolineare come il ricorrente teme il peggio per la sua stessa incolumità soprattutto alla luce del fatto che non potrebbe, anche volendo, ottenere adeguata protezione dallo Stato
“.

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Si ringrazia l’Avv. Mariagrazia Stigliano per la segnalazione e il commento.


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