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Bambini stranieri discriminati: la Provincia di Trento condannata per l’assegno di natalità provinciale

La PAT obbligata a togliere i requisiti discriminatori e dare adeguata informazione

Nuova condanna subita dalla Provincia di Trento per condotta discriminatoria nei confronti delle famiglie di origine straniera presenti in Trentino. Lo ha affermato il Tribunale di Rovereto, con ordinanza del 19 aprile, che ha accolto il ricorso presentato da un cittadino pakistano, sostenuto dagli avv.ti Giovanni Guarini e Alberto Guariso di ASGI. Il cittadino si era visto respingere la domanda di assegno di natalità provinciale e di assegno unico provinciale perché privo del requisito dei dieci anni di residenza in Italia e del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

La condanna era facilmente prevedibile considerato quanto avvenuto con l’analogo criterio previsto per l’accesso alla domanda di case popolari Itea e al contributo sull’affitto e dopo che, a inizio anno, la Corte costituzionale per accedere al bonus bebè aveva definitivamente cancellato dall’ordinamento gli stessi criteri, consentendo l’accesso alla prestazione a tutti coloro che hanno un permesso di almeno 6 mesi che consente di lavorare.

Il Giudice del lavoro Michele Cuccaro ha ritenuto discriminatorie le condotte della PAT solo in merito all’assegno di natalità richiamandosi alla sentenza Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) del 2 settembre 2021 (“l’assegno di natalità e l’assegno di maternità rientrano nei settori della sicurezza sociale per i quali i cittadini di paesi terzi di cui all’articolo3, paragrafo1, lettere b) e c),della direttiva 2011/98 beneficiano del diritto alla parità di trattamento previsto da detta direttiva. Tenuto conto del fatto che l’Italia non si è avvalsa della facoltà offerta dalla direttiva agli Stati membri di limitare la parità di trattamento, la Corte ritiene che la normativa nazionale che esclude tali cittadini di paesi terzi dal beneficio di detti assegni non sia conforme all’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), di tale direttiva”) e alla citata sentenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 54 pubblicata il 4 marzo 2022 – Bonus bebè e assegno di maternità anche agli stranieri: irragionevole negare adeguata tutela a chi ne ha più bisogno).

Non ha invece ritenuto che l’assegno unico provinciale rientri “nella tipologia delle prestazioni sociali previste dall’art. 3 del Reg. 883/2004 richiamato dall’art. 12 della direttiva 2011/98 – per le quali sole sussiste l’obbligo della parità di trattamento – e rileva come la ragionevolezza del requisito della residenza decennale va vista nella stessa ottica della norma statale per l’accesso al reddito di cittadinanza richiamata dalla norma provinciale con rinvio dinamico“. Interpretazione alquanto discutibile visto che è un sostegno economico anche questo legato alla presenza di figli minori, pensato proprio per garantire maggiore equità sociale e aiuto ai nuclei in difficoltà economica.

In conclusione, ha ordinato alla Provincia, condannandola anche al pagamento delle spese legali, di:

  • pagare al ricorrente l’assegno di natalità con riferimento alla domanda presentata in data 23-03-2021 con durata fino al 31-05-2022 termine del periodo;
  • modificare il Regolamento di cui al decreto del presidente della provincia 14 dicembre 2020, n. 18-31/Leg nella parte in cui, all’art. 2, ha ribadito la richiesta, ai fini dell’accesso all’assegno di natalità, dei due requisiti della residenza decennale sul territorio nazionale e del permesso di soggiorno CE per soggiornanti lungo periodo in luogo del permesso unico di lavoro o di quello per protezione internazionale;
  • ammettere all’erogazione dell’assegno di natalità, per l’anno 2021, anche i richiedenti muniti del permesso unico di lavoro o di quello per protezione internazionale che abbiano già presentato domanda;
  • dare adeguata informazione alla popolazione della intervenuta modifica dei requisiti di accesso all’assegno natalità mediante pubblicazione della presente ordinanza nel sito istituzionale della Provincia per tre mesi, con condanna al pagamento in favore di ASGI della somma di euro 50 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione degli ordini di cui ai precedenti punti 2), 3) e 4) con decorrenza dal sessantunesimo giorno successivo alla data di comunicazione della presente ordinanza“.

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Si ringrazia l’avv. Giovanni Guarini per la segnalazione. Il commento è della redazione.