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Foto tratta da twitter @ecre

Isola di Lesbo – L’assistenza legale ai migranti tra commando armati e respingimenti illegali

Intervista a Elèna Santioli, Legal Centre Lesvos

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Legal Centre Lesvos (LCL) è un’organizzazione civile senza scopo di lucro. Dal 2016, i suoi operatori offrono in maniera instancabile assistenza legale gratuita ai migranti che giungono nell’isola di Lesbo. L’isola è divenuta negli anni una terra sempre più violenta e inospitale per i migranti che dalla Turchia si avventurano nell’ultimo pezzo di mare prima di richiedere protezione internazionale in Grecia o di avventurarsi nei Balcani per raggiungere i paesi del Nord Europa. Gli operatori di LCL hanno visto l’ascesa di questa violenza nel corso degli ultimi anni e oltre ad offrire assistenza legale hanno documentato i violenti respingimenti di quella giungla, le cacce all’uomo nelle foreste dell’isola e le innumerevoli violazioni dei diritti dei migranti, vincendo anche numerosi ricorsi dinanzi a organi di tutela dei diritti umani come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Elèna Santioli, operatrice legale presso LCL, che ci ha raccontato uno spezzone di vita nell’isola: tra commando di incappucciati dalla dubbia identità e tentativi di ridare dignità alle persone attraverso un complesso lavoro quotidiano, fatto non solo di coordinamento e competenze legali, ma anche di fiducia con le persone e di relazione con il trauma e il dolore.

R.M. Di cosa ti occupi in Legal Centre Lesvos1?

E.S. Sono un’operatrice legale: mi occupo di offrire consulenza legale gratuita e indipendente ai richiedenti asilo che sbarcano a Lesvos e supporto nelle procedure davanti a istituzioni europee come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Al contempo, coordino un progetto per un’altra ONG, Refugee Legal Support, basata nel Regno Unito e in Grecia; si tratta di un progetto di assistenza legale che riguarda tutti gli hotspot del mar Egeo e che ha come focus le procedure di ricongiungimento familiare verso il Regno Unito e la denuncia delle violazioni di diritti umani perpetrate in Grecia contro persone di Paesi terzi. Legal Centre Lesvos e Refugee Legal Support sono due organizzazioni distinte, ma che collaborano da inizio 2021.

Parliamo dell’ultimo caso di Legal Centre Lesvos. La CEDU il mese scorso ha accolto un ricorso presentato da voi su undici persone sbarcate a Lesvos. Puoi parlarcene più nel dettaglio?

È sicuramente un successo… Il gruppo di undici per cui abbiamo presentato il ricorso il 14 febbraio scorso rischiava di essere respinto verso la Turchia e dunque di subire un danno irreparabile. Per tale ragione, abbiamo deciso di agire – come in altri casi in passato. In seguito al nostro ricorso, la CEDU ha richiesto alla Grecia ulteriori informazioni riguardo le accuse di respingimenti illegali e ordinato di fornire al gruppo acqua, cibo, vestiti, cure mediche e un riparo temporaneo. Come Legal Centre Lesvos, abbiamo saputo dello sbarco di un gruppo di trenta persone nella notte tra il 13 e il 14 febbraio. Il gruppo si è immediatamente diviso in gruppi minori. Uno di questi ci ha contattati per ricevere assistenza legale. Erano in totale undici persone di cui cinque minori non accompagnati. Si nascondevano dal giorno prima in un bosco terrorizzati all’idea di essere catturati e respinti in mare. La pratica dei respingimenti illegali è ormai sistematica nelle isole del Mar Egeo. Tuttavia, rappresenta un gravissimo crimine contro l’umanità che non solo ostacola il diritto di chi scappa da guerre e persecuzioni a richiedere protezione internazionale, ma mette in pericolo di morte migliaia di vite umane.

11 delle 30 persone trasportate su una barca arrivata a Lesbo lunedì 14 febbraio. Alla fine sono state registrate 22 persone a Lesbo da questo sbarco, 8 persone, tra cui 2 donne e 5 bambini, erano scomparse

Questi commando di tipo paramilitare sono organi di polizia?

Circa la loro identità ci sono delle forti presunzioni ben documentate. Si tratta di commando armati che usano passamontagna e non hanno uniformi, di conseguenza sono difficilmente identificabili. Tuttavia, quel che è certo è che lavorano per la Guardia costiera greca e probabilmente anche per la Polizia greca e Frontex.

Qual è la prassi di questi commando?

Operano prima di tutto in mare. Avvistano un gommone, lo raggiungono, lo accerchiano e, invece di portare in salvo le persone, le mettono in pericolo creando forti onde tramite potenti accelerazioni ripetute. Dopodichè, usano lunghi pali di metallo per respingere il gommone verso la Turchia. È già successo che il gommone fosse forato e che ciò provocasse un naufragio. Ma i commando agiscono anche a terra. Quando i migranti riescono a raggiungere la Grecia, sono vittime di una vera e propria caccia all’uomo, con sparatorie intimidatorie, inseguimenti e ferimenti notturni. Dunque queste persone, già rese vulnerabili da un viaggio estenuante, sono costrette a nascondersi spesso per giorni, qualsiasi siano le condizioni fisiche di ciascuno e le condizioni meteorologiche, prima di riuscire a fare richiesta di asilo. Tutto questo posso affermarlo con assoluta convinzione grazie non solo a numerosissime testimonianze dirette – la quasi totalità dei nostri assistiti è sopravvissuta ad almeno un respingimento illegale –, ma grazie a numerosissime testimonianze video e fotografiche rese pubbliche negli questi ultimi anni.

Quando entra in gioco il lavoro di Legal Centre Lesvos?

Quando riceviamo segnalazione che un nuovo gruppo di migranti è giunto sull’isola e intende registrarsi come richiedente asilo per richiedere protezione internazionale, il nostro primo passo è informare immediatamente le autorità greche e l’Alto commissariato per i rifugiati per dare notizia dello sbarco. Non sempre abbiamo la possibilità di effettuare un ricorso dinanzi la CEDU per richiedere di emettere un provvedimento cautelare urgente: se decidiamo di procedere in tal senso, è fondamentale che rimaniamo in contatto con il gruppo. Ed è qui che si frappongono una serie di ostacoli pratici che si rivelano assolutamente cruciali per l’esito della procedura. Capita quasi sempre che non tutti i componenti del gruppo possiedano un cellulare, o che chi lo possiede non abbia accesso a internet, oppure che non abbia abbastanza batteria, o credito. Capita che il gruppo si trovi in un punto dell’isola in cui non c’è rete, o che parli una lingua per cui non abbiamo interpreti disponibili… ma talvolta, si frappongono semplicemente dei bisogni impellenti, come una gravidanza o la malattia di qualche elemento del gruppo.

Come vi siete comportati nel caso specifico?

Durante lo sbarco del 14 febbraio, siamo sempre stati in contatto con una sola persona del gruppo, un ragazzino – minore non accompagnato – che con un’assoluta diligenza, pazienza e lucidità è rimasto in contatto con noi per due giorni consecutivi. Ha risposto alle nostre domande e si è fatto portavoce del gruppo, fornendoci le informazioni di cui avevamo bisogno per redigere la richiesta da presentare nel giro di poche ore dinanzi la CEDU. E qui si aggiunge un altro livello di complessità: la fiducia, tra i componenti del gruppo e nei nostri confronti. Le informazioni richieste per un ricorso dinanzi la CEDU sono personali e estremamente confidenziali, hanno spesso a che fare con traumi, torture e altre violenze subíte durante il viaggio. Quasi mai i componenti del guppo si conoscono tra loro e in ogni caso mai conoscono noi. Si tratta dunque di persone estremamente vulnerabili con cui dobbiamo provare a costruire un rapporto di fiducia in pochissimo tempo e in condizioni sfavorevoli.

Come è proseguita la questione? Fino a che punto è andata avanti la richiesta presso la CEDU?

La nostra richiesta era chiara: dato il rischio imminente in cui verteva il gruppo, abbiamo chiesto alla CEDU di emettere un provvedimento urgente per ordinare alla Grecia di garantire al gruppo la salvaguardia della loro vita (ex art. 2, CEDU), nonché il diritto a registrare la propria domanda d’asilo senza essere sottoposti attraverso la pratica dei respingimenti a trattamenti inumani o degradanti (ex art. 3, CEDU). In risposta, il giorno dopo la CEDU ha ordinato alla Grecia di fornire immediatamente acqua, cibo, vestiti, cure mediche e un riparo temporaneo alle undici persone e ha richiesto ulteriori informazioni a entrambe le parti – noi come Legal Centre Lesvos e il governo greco – con riguardo alle accuse di respingimenti illegali. Ma nel caso specifico, mentre noi e il governo greco inoltravamo queste informazioni alla CEDU, il gruppo è riuscito a registrare la propria domanda di asilo. Di conseguenza, la richiesta di non-respingimento, in questo caso, non ha avuto bisogno di essere portata avanti.

Tuttavia, il fatto che la CEDU avvii delle procedure in favore di migranti a rischio di respingimento, in una terra in cui tali pratiche sono divenute sistematiche, è rilevante. Come LCL la giudicate una vittoria?

Sicuramente il caso specifico è stato particolarmente importante: è una delle prime volte in cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo richiede espressamente al governo greco delle spiegazioni riguardo accuse di respingimenti illegali. Questo è un segno che la CEDU comincia a prendere in considerazione la problematica. Tuttavia, è difficile parlare di vittoria quando i diritti di donne, uomini, bambini in cerca di salvezza vengono ogni giorno brutalmente calpestati e le loro vite messe in pericolo nella totale indifferenza di un’Europa complice silenziosa. In un ricorso presentato negli stessi giorni da Aegean Boat Report, la CEDU non ha fatto in tempo a dare una risposta che tre dei quattro ricorrenti erano già stati espulsi dal territorio greco. Tutto questo, mentre nella lettera di risposta alla CEDU relativa al nostro ricorso, il governo greco negava qualsiasi implicazione in respingimenti illegali, affermava di agire nel completo rispetto del diritto internazionale, quindi del principio di non-refoulement, e dichiarava l’infondatezza di tali accuse – pur essendoci da anni una vasta documentazione in merito.

Aegean Boat Report ha documentato centinaia di pushback illegali eseguiti dalle autorità greche e da commando: https://aegeanboatreport.com/

Nel gruppo dei vostri undici assistiti c’erano cinque minori non accompagnati. Qual è il trattamento dei minori non accompagnati nelle isole greche?

La legislazione internazionale e quella greca prevedono specifiche tutele per i minori non accompagnati mirate a garantire un sistema di accoglienza che li protegga. Tuttavia, in pratica, le violazioni sono molteplici e gravissime. Quella secondo me in assoluto più scandalosa è legata al mancato riconoscimento della minore età. Al Legal Centre Lesvos, abbiamo moltissimi casi di minori non accompagnati registrati come maggiorenni e preclusi così da tutte le tutele a cui avrebbero, almeno in teoria, diritto. Ció avviene in manifesta violazione della legge che prevede in questi casi la presunzione della minore età. Al Legal Centre Lesvos offriamo supporto tramite azioni dinanzi all’autorità della sanità pubblica e ai servizi di asilo. Tuttavia, gli ostacoli sono infiniti e spesso anche un certificato di nascita ufficiale viene rifiutato senza giustificazione o con motivazioni prive di ogni logica.

Questo però non è l’unico caso notevole; anche il 30 agosto scorso la CEDU ha disposto misure ad interim per Muhamad2, un vostro assistito siriano con gravi disabilità e malattie croniche (*). Un’altra piccola vittoria?

Ogni anno presentiamo decine di ricorsi per provvedimenti urgenti dinanzi alla CEDU che sono accolti. Muhamad è uno tra quelli. Nel caso di Muhamad, la richiesta era fondata sulla necessità per il nostro assistito di trasferirsi ad Atene per ricevere delle cure mediche e un alloggio adeguati al suo stato di salute. Al momento della nostra richiesta alla CEDU, Muhammad si trovava nel campo di Lesvos dove le condizioni di vita aggravavano un quadro di salute già gravemente compromesso. La sua richiesta di asilo era stata respinta sia in prima istanza che in appello. A seguito della nostra richiesta, la CEDU ha ordinato alle autorità greche di garantire condizioni di vita e cure mediche adeguate al suo stato di salute e sospeso l’ordine di rimpatrio. Dopo un anno e due mesi di fatto detenuto nell’isola di Lesvos, lo scorso settembre Muhamad ha potuto trasferirsi ad Atene. Anche in questo caso, mi è difficile parlare di vittoria poiché seppur l’esito della decisione sia stato positiva, Muhamad – e, come lui, tanti altri – in quanto portatore di handicap avrebbe dovuto per legge essere trasferito ad Atene appena dopo il suo arrivo nel 2020. Invece è stato illegittimemente tenuto a Lesvos per un anno e due mesi, costretto a vivere in condizioni disumane, privato di cure mediche e ingiustamente inserito in una procedura di asilo particolarmente discriminatoria. Ma le violazioni in Grecia sono senza fine. Ad Atene, Muhamad ha aspettato più di sei mesi prima di poter registrare una domanda di asilo reiterata, un ritardo vergognoso.

A queste misure disposte dalla CEDU spesso non fa seguito una risposta tempestiva da parte delle autorità greche. Eppure, si potrebbe ingenuamente pensare che le disposizioni di un organo come la CEDU significhino automaticamente una vittoria. Dove si blocca il processo?

Succede spesso che a fronte di un ordine da parte della CEDU lo Stato greco non adempia, o adempia con ritardi inaccettabili. Io direi che ci sono vari fattori in gioco; a volte intervengono ragioni burocratiche, altre volte strutturali, altre volte organizzazionali, ma ciò che in assoluto manca più di tutte è la volontà politica di investire sforzi nell’accoglienza dei migranti e nel rispetto dei diritti umani.

Aldilà dei casi specifici, i vostri assistiti sono tipicamente persone già fragili, costrette a vivere in campi profughi che ne aggravano le condizioni fisiche e psicologiche. La politica dei campi si rende così co-responsabile della sofferenza delle persone. Quindi ci troviamo a rivendicare presso un organo dell’UE dei diritti che sono sistematicamente violati da Stati membri dell’UE tramite politiche clamorosamente irrispettose dei diritti fondamentali, come quelle dei campi. Secondo te qual è la soluzione a questo cortocircuito?

Probabilmente una maggior attenzione da parte degli organi istituzionali europei a queste situazioni alle frontiere dell’Europa, frutto di una politica di esternalizzazione dei confini che evidentemente non funziona. Il difensore dei diritti a questo livello è la Commissione europea. Da organo competente, dovrebbe dare una risposta più forte nel contrastare tali politiche e assumere una volta per tutte il suo ruolo di difensore dei trattati, agendo a favore dei diritti umani e della solidarietà e condannando il crimine e l’illegalità.

Come pensi che queste vostre vittorie possano mettere in crisi l’impianto di gestione delle migrazioni?

Non so se questi successi siano in grado di mettere in crisi un impianto fondato su criminali principi punitivi omertosamente accettati dal sistema europeo, tuttavia questi ricorsi alla CEDU contribuiscono a non dimenticare che il rispetto dei diritti umani è la soluzione, non un’opzione, e che degli standard esistono e vanno rispettati, o in alternativa fatti rispettare tramite gli organi preposti.

Più che un’opera di “rivoluzione” del sistema, quindi, si tratta di un tentativo di controbilanciare una narrazione che nelle migrazioni vorrebbe solo violazioni e abusi.

Sì. Il nostro compito come Legal Centre Lesvos è di offrire adeguato supporto giuridico indipendente e gratuito ai richiedenti asilo nel bisogno. E questo lo realizziamo attraverso i mezzi legali che abbiamo a disposizione, inclusi i ricorsi dinanzi le istituzioni europee. È importante ricordarci che ogni gommone porta a bordo persone che scappano da guerre e persecuzioni. Tali persone hanno il diritto di richiedere protezione internazionale e tale diritto deve essere garantito. Ostacolarne l’esercizio tramite violenti respingimenti è un atto criminale e come tale va condannato.


(*) Un video realizzato da Fellipe Lopez sulla sua storia

  1. Visita il sito di Legal Centre Lesvos: https://legalcentrelesvos.org/
  2. Per approfondire la richiesta di LCL alla CEDU: https://www.meltingpot.org/2021/09/la-grecia-sospende-le-procedure-di-rimpatrio-in-seguito-alla-disposizione-di-misure-ad-interim-da-parte-della-corte-europea-dei-diritti-umani/

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.