Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Photo credit: blogs.letemps.ch

L’illegittimità della custodia cautelare in carcere per fini estradizionali verso Paesi che non rispettano i diritti umani 

L'incredibile vicenda di un richiedente asilo iraniano

Start

Di avv. Gennaro Santoro (difensore di Feroz) e Marianna Marzano (volontaria CILD)

La storia di Feroz (nome di fantasia), 28 anni, inizia circa un anno fa, quando decide di scappare dall’Iran con la compagna perché perseguitati dal marito di quest’ultima, che non acconsentiva al divorzio e lo aveva selvaggiamente picchiato. La coppia raggiunge la Svizzera dopo un percorso migratorio non privo di ulteriori traumi e violenze. In Svizzera presentano la domanda di protezione internazionale ma l’autorità competente (la Segreteria per le migrazioni Svizzera) accerta il loro precedente ingresso in Italia a maggio 2021, e stabilisce pertanto, ai sensi dell’art.13 del Regolamento di Dublino III, la competenza del nostro Paese ad esaminare la loro domanda di asilo. Mentre Feroz viene condotto in Italia lo scorso gennaio, le gravissime condizioni psichiatriche della compagna, proprio a causa dei traumi subiti in Iran e durante il percorso migratorio, portano l’Autorità svizzera a disporre un suo ricovero ospedaliero e a rinviare il trasferimento in Italia. 

Il destino dei due fidanzati viene nuovamente reciso, con Feroz che viene consegnato all’Italia e la compagna ricoverata in un ospedale psichiatrico svizzero. 

La richiesta di estradizione da parte dell’autorità iraniana

A gennaio 2022 Feroz viene trasferito dalle autorità svizzere in Italia con un volo diretto a Fiumicino, dove viene però immediatamente arrestato dalla Polizia di Frontiera. Feroz infatti risulta destinatario di un arresto a fini estradizionali per il reato di truffa asseritamente commesso in Iran e viene quindi condotto nella casa circondariale di Velletri. La Corte d’Appello di Roma convalida l’arresto e il Procuratore Generale ha successivamente depositato la requisitoria chiedendo di dare esecuzione all’estradizione. 

La prima volta che abbiano visionato il fascicolo processuale dell’estradizione non abbiamo trovato traccia della richiesta di asilo di Feroz in Svizzera né della decisione adottata dall’autorità straniera ai sensi del Regolamento di Dublino. Dunque, stante l’impossibilità per Feroz di recarsi alla Questura di Roma (a causa della misura cautelare in essere) per dare seguito alla domanda di protezione internazionale, risultava necessario e doveroso l’intervento delle autorità italiane al fine di far proseguire la procedura di riconoscimento della protezione internazionale.
Al contrario, solo l’intervento della difesa di Feroz e del Garante regionale dei diritti dei detenuti del Lazio ha permesso di evitare la consegna di un richiedente asilo al Paese dal quale è fuggito e che notoriamente non rispetta i diritti umani, soprattutto dei detenuti e non garantisce un giusto processo.

A seguito di una diffida ad adempiere finalmente Feroz è stato condotto, sotto scorta, presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma dove è stata avviata la procedura di riconoscimento della protezione internazionale e nei prossimi giorni avrà l’audizione presso la competente Commissione territoriale. Intanto, grazie all’aiuto del Baobab Experience, si è trovata la disponibilità di un alloggio e si è ottenuta la mitigazione della misura cautelare. Dopo due mesi e mezzo di ingiusta detenzione oggi Feroz è agli arresti domiciliari in attesa dell’audizione in Commissione e della decisione della Corte di Appello in merito all’estradizione. Una detenzione ingiusta perché sin dal suo arrivo in Italia Feroz avrebbe dovuto essere accolto quale richiedente asilo.

Lo status di richiedente asilo e i relativi obblighi da parte delle autorità 

Feroz, avendo già formalizzato la domanda di asilo in Svizzera, rientrava a pieno nella definizione di richiedente asilo che, ai sensi della normativa nazionale ed internazionale, non è solo colui che ha una procedura pendente davanti alle autorità competenti del Paese in cui ha fatto domanda ma anche colui che abbia anche semplicemente manifestato la volontà di richiedere asilo.
La ratio di tale normativa è consentire un’immediata protezione per la persona da parte dello Stato competente e l’accesso ai diritti scaturenti da tale posizione giuridica.
Questa protezione doveva essere assicurata a Feroz. in quanto richiedente asilo trasferito dalla Svizzera e in quanto persona vulnerabile, la cui salute fisica e mentale era stata già indebolita dai traumi che ha subito nel Paese di origine e nel corso della rotta migratoria; al contrario, la sua procedura di asilo e le relative misure di accoglienza sono state ignorate da parte delle autorità italiane e si sono attivate solo a seguito di una diffida nella quale si è preannunciato un ricorso d’urgenza al Tribunale civile di Roma per la formalizzazione della domanda di asilo.. 

I doveri di accoglienza e la necessaria attivazione delle autorità competenti nel sistema Dublino

La presa in carico del richiedente asilo implica la predisposizione di adeguate misure. Le autorità preposte ad attivarsi per le procedure di accoglienza a seguito della presentazione di una domanda di asilo, ai sensi dell’art.15 del Dlgs 162 del 2015, sono la Questura e la Prefettura territorialmente competenti e tali obblighi scattano dal momento della manifestazione di volontà.  Nel caso di Feroz, trasferito ai sensi del Regolamento di Dublino III, portato in carcere direttamente al suo arrivo in Italia, ad essere competente ad attivarsi per la prosecuzione della procedura relativa al riconoscimento dello status e delle misure di accoglienza risulta essere anche l’Unità Dublino in quanto autorità responsabile dell’esecuzione del Regolamento per l’Italia. Ne deriva che tutti gli obblighi disposti dal Regolamento europeo sono a suo carico, compresa la necessità di predisporre le misure relative all’accoglienza del richiedente asilo e di adottare disposizioni appropriate all’arrivo dello stesso.
Al contrario, in questo caso l’Unità Dublino, in risposta alla diffida ad adempiere, si è dichiarata incompetente in merito a qualunque attività che riguardi la fase successiva al mero trasferimento dalla Svizzera a Roma Fiumicino.
E’ evidente come data la complessità del sistema Dublino, ai fini di un effettivo funzionamento, risulti fondamentale lo scambio di informazioni tra autorità competenti, sia al livello europeo che al livello nazionale, come evidenziato nella Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2020 sull’attuazione del regolamento Dublino III.

La procedura di estradizione verso l’Iran e Paesi dove i diritti umani sono sistematicamente violati

Le illegittimità di questa vicenda non si limitano alla sola mancata presa in carico di un richiedente asilo con il concreto rischio di violazione del principio di non refoulement. L’assenza di diritto è una caratteristica più generale che interessa il procedimento di estradizione allorquando il Paese richiedente è noto per il non rispetto dei diritti umani, soprattutto per quel che riguarda il giusto processo e le condizioni di detenzione.

In altro caso analogo, sempre relativo ad un cittadino iraniano oggetto di persecuzione e già riconosciuto titolare di protezione internazionale in Norvegia, siamo riusciti ad ottenere la non consegna all’Iran dimostrano il mancato rispetto dei diritti umani nelle carceri iraniane (dove si applica la fustigazione ) e, di contro, in quanto l’Iran non ha provato in quel procedimento che avrebbe assicurato condizioni dignitose in carcere di quell’estradando a seguito della consegna (Corte di Appello di Roma, IV sez., sentenza del 30.3.2022). 

In entrambi i casi, tuttavia, poteva e doveva essere evitata la carcerazione preventiva proprio perché l’Iran viola sistematicamente i diritti umani nelle proprie prigioni e non assicura il giusto processo. Discorso analogo vale per la Turchia e numerosi altri Paesi dove può ritenersi fatto notorio il sistematico utilizzo della giustizia per motivi persecutori, l’assenza di un giusto processo e l’assenza di condizioni dignitose negli istituti di pena.

A dover essere messo in discussione è, in definitiva, l’arresto (o, quanto meno, la custodia cautelare in carcere) per fini estradizionali allorquando la richiesta di arresto provenga da Paesi dove notoriamente non vi è il rispetto dei diritti umani e, con alta probabilità, non avverrà la consegna; ma ciò nonostante l’interessato (rectie, il malcapitato) sconterà mesi e mesi tra custodia cautelare in carcere ed altre misure cautelari. Non è concepibile che il livello di garanzie che l’ordinamento italiano appresta per l’applicazione delle misure cautelari detentive allorquando si tratti di reati commessi in Italia subisca sistematicamente un vulnus o, nella migliore delle ipotesi, una diminutio allorquando si tratti di arresto per fini estradizionali. Solo a titolo esemplificativo, il Legislatore ha previsto per la fase cautelare relativa ai reati commessi in Italia che “Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena” (art. 275, co. 2 bis c.p.p.). Seguendo lo stesso iter logico e giuridico, non è dato comprendere perché non possa essere prevista dal Legislatore una disposizione volta a non applicare la misura della custodia cautelare in carcere allorquando la Corte di Appello competente a decidere sulla domanda di estradizione ritenga che con la decisione che conclude il procedimento non sarà concessa l’estradizione a causa del fatto notorio del mancato rispetto dei diritti umani (a partire dalle garanzie del giusto processo e dal rispetto della dignità umana nelle carceri) nel Paese richiedente.