Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Photo credit: Emanuela Zampa (Ungheria, 3 Marzo 2022)
//

Per i profughi ucraini l’elemosina, per le famiglie ospitanti nulla, per tutti gli altri solo discriminazioni

Una lettura critica delle misure previste nel DPCM 28 marzo

Start

Con il DPCM del 28 Marzo 2022 (ad oggi non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale) e l’ordinanza della protezione civile (Ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022) si delineano i contorni delle misure che il governo italiano ha pensato per l’accoglienza delle persone provenienti dall’Ucraina.

Il Capo Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio ne annuncia col petto gonfio di orgoglio le direttrici, rispondendo infastidito a chi chiedeva lumi sulla tempistica dei vari provvedimenti.

Il fatto che la Protezione civile svolga in questo momento un ruolo importante, che non si limiti soltanto alla gestione logistica dei profughi, ma che sia parte integrante delle scelte “politiche” e tecniche (Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per assicurare, sul territorio nazionale, l’accoglienza, il soccorso e l’assistenza alla popolazione in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina), rappresenta una novità non di poco conto.
Novità che andrebbe salutata positivamente poiché finalmente la questione legata ai richiedenti asilo (in senso lato) non viene più trattata come un problema meramente di ordine pubblico e poliziesco dal Ministero dell’interno, ma assume una connotazione leggermente diversa. Purtroppo non ci troviamo ancora di fronte ad una completa sottrazione dalla burocrazia di Questure e Prefetture per avvicinarsi ad altri uffici amministrativi, infatti lo stesso Curcio ha più volte ribadito la sinergia con le prefetture e tra i relatori della conferenza stampa ha voluto il prefetto Francesca Ferrandino.

Nel rincorrersi di decreti ed ordinanze la confusione regna sovrana, e se non fosse stato per un interessantissimo webinar organizzato dalla cooperativa sociale Dedalus con l’avvocato Salvatore Fachile come relatore, staremo ancora cercando di districarci tra mille quesiti.
Cerchiamo quindi di illustrare in modo esaustivo la questione rispondendo alle domande che in molti si stanno facendo.

In primo luogo, occorre chiarire chi potrà accedere ai “benefici” dei cosiddetti decreti Ucraina; questi benefici potranno essere di vario genere, dalla possibilità di avere un permesso di soggiorno (temporaneo), alla possibilità di ottenere l’accoglienza fino a quello di ricevere un sussidio.

Chi ha diritto al permesso temporaneo oggetto del decreto Ucraina?

Come descritto nel comma 2 dell’articolo 1 del DPCM 28 Marzo 2022 possono chiedere il permesso di soggiorno temporaneo gli sfollati dopo il 24 febbraio che siano:

  1. Cittadini Ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022.
  2. Apolidi, detentori di protezione internazionale prima del 24 febbraio 2022.
  3. Familiari di a e b (con diverse eccezioni).

Già in questa primissima definizione si possono notare dei parametri restrittivi che escludono dal provvedimento alcune persone, come ad esempio coloro che sono entrati in Italia prima del 24 febbraio perché magari hanno semplicemente avvertito il pericolo prima dell’inizio del conflitto ed hanno fatto una scelta cautelativa, e comunque chiunque sia uscito dall’Ucraina prima di quella data. Paletti di diverso genere ci sono anche per i familiari delle lettere a e b che di fatto complicano diversi casi di ricongiungimenti.

I cittadini di paesi terzi presenti in Ucraina prima del 24 febbraio possono chiedere il permesso temporaneo?

Il fatto che ci sia un comma, distinto dai precedenti, per i cittadini non ucraini crea una distinzione netta tra le due posizioni e non promette nulla di buono, infatti il comma 3 dell’art.1 definisce che per avere titolo ad ottenere il permesso di soggiorno temporaneo si debbano soddisfare due condizioni:

  1. Aver posseduto un permesso di soggiorno permanente.
  2. Di non poter tornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese di origine.

Già il fatto di poter esibire un permesso di soggiorno di lunga durata riduce al solo 2% la platea a cui può essere applicata questa possibilità. Infatti la norma sembra voler fa riferimento al “Permanent Resident Permit” ovvero ad un tipo di permesso (spesso a pagamento) in possesso di pochissime persone mentre la stragrande maggioranza degli stranieri regolarmente residenti in Ucraina aveva permessi più brevi.

L’ulteriore specifica delle “condizioni sicure nel proprio paese di origine” riduce quasi totalmente il margine per l’accesso al permesso temporaneo ai cittadini non ucraini provenienti dallo Stato di Kiev.

Per chi non può accedere alla protezione temporanea quali soluzioni ci sono?

Per coloro che non riescono ad accedere al permesso temporaneo resta comunque la possibilità di richiedere la protezione internazionale nelle sue varie forme, quindi non avere le caratteristiche delineate dal DPCM non significa per forza dovere tornare nel proprio paese di origine.

Resta il fatto che questa norma è altamente figlia di scelte politiche ben precise di un governo razzista nelle fondamenta.

Chi rilascia il permesso di soggiorno temporaneo e quanto dura?

Il permesso è rilasciato dal Questore, dura un anno e può essere rinnovato di 6 mesi in sei mesi per massimo un anno.

Chiedendo il permesso temporaneo devo rinunciare alla eventuale richiesta di protezione internazionale?

No, ma nel caso in cui venga accettata la richiesta del permesso la richiesta di protezione internazionale viene sospesa fino alla cessazione del permesso temporaneo.

Quali sono le misure di accoglienza adottate?

Come esplicitato nella conferenza stampa del Capo Dipartimento della Protezione Civile ci sono due misure di accoglienza:

  1. All’interno dei CAS (Centri di accoglienza straordinaria) o della rete SAI (Sistema Accoglienza Integrazione – ex Sprar).
  2. Attraverso l’accoglienza diffusa.

Mentre i CAS ed i SAI sappiamo cosa sono, il sistema dell’accoglienza diffusa è un nuovo modello di accoglienza che nasce con “l’emergenza Ucraina”. Consiste in una manifestazione di interesse che dovranno esplicitare:

“… enti del Terzo settore, ai Centri di servizio per il volontariato, agli enti e alle associazioni iscritte al registro di cui all’articolo 42 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e agli enti religiosi civilmente riconosciuti, per lo svolgimento, anche in forma aggregata …”.

A quei soggetti che risulteranno vincitori il governo riconosce spese per una quota giornaliera di 33 euro a persona (cifra dichiarata da Curcio in conferenza stampa), in linea con i contributi assegnati alle strutture gestite del Ministero dell’interno. Chiaramente in tasca al possessore del permesso temporaneo dovrebbe finire solo il pocket money (2,5 euro al giorno) come accade ai richiedenti asilo (ed è accaduto in questi anni) ospiti nelle strutture governative.

Che cosa è il contributo di sostentamento?

il Dipartimento della protezione civile è autorizzato a riconoscere alle persone richiedenti la protezione temporanea e che abbiano trovato autonoma sistemazione, un contributo di sostentamento una tantum pari ad euro 300 mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data di ingresso nel territorio nazionale. In presenza di minori, in favore dell’adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni.

Quindi il contributo sarà per soli tre mesi e solo per i possessori di permesso temporaneo e non per le famiglie ospitanti.

Se sono accolto in un CAS o in un Sai posso prendere il contributo?

No. Il contributo “… è alternativo alla fruizione contestuale, da parte del beneficiario, di altre forme di assistenza alloggiativa, ivi incluse quelle di cui all’articolo 1, anche temporanea, messe a disposizione con oneri a carico di fondi pubblici“.

Quali sono le risorse finanziate e saranno sufficienti?

Alcuni giorni fa Matteo Villa di ISPI in un thread su twitter lanciava l’allarme di come i conti non tornassero, e pur senza scendere troppo nel dettaglio evidenziava come le risorse finanziate sarebbero state insufficienti e capaci di coprire solo i primi tre mesi di spese.

Vediamo però perché questi conti non tornano.
Il governo con il DPCM del 21 Marzo ha stanziato 355.533.750 di cui 348 milioni di euro da far gestire alla Protezione Civile e 7.533.750 per l’ampliamento dell’ospitalità nei CAS e nel SAI.

Iniziamo da questo ultimo dato dei sette milioni e mezzo più spiccioli per l’ampliamento dell’accoglienza (la stessa che in questi anni è stata in più inchieste definita malaccoglienza) gestita dal Ministero dell’interno. Il ministro Lamorgese, in una intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, ha dichiarato che al 29 marzo 2022 risultano inseriti nei CAS e SAI 5.600 persone provenienti dall’Ucraina. Quindi con una semplice moltiplicazione, cioè 5.600 (persone ospitate) x 33 euro al giorno per i giorni restanti del 2022 (poiché la misura copre tutto il 2022), avremo come risultato: 5600 x 33 x 275 (giorni) = 50.820.000.

Ovvero servirebbero per coprire le spese cinquanta milioni di euro contro i sette milioni e mezzo previsti; facendo il conto inverso i soldi finanziati bastano a malapena per coprire 40 giorni di ospitalità.

Ma se il Ministero dell’interno non se la cava bene con i conti, vediamo quelli della Protezione Civile:

  1. per l’accoglienza diffusa sono previsti 142 milioni di euro da destinare a 15mila persone; come ha detto Curcio vanno calcolati gli stessi costi per i sistemi CAS e CAI ovvero 33 euro a persona. E visto che a dicembre 2022 mancano 275 giorni il conto è presto fatto 33 x 275 x 15.000 = 136.125.000.
    Quindi qui ci siamo con soli 6 milioni di attivo (che probabilmente saranno spesi per la gestione del sistema).
  2. Per il contributo di sostentamento invece sono previsti 54 milioni; considerato che non lo può richiedere chi è ospitato nei CAS, nei SAI e nemmeno nell’accoglienza diffusa stiamo parlando di circa 59.400 persone (facendo il conto su 80 mila arrivi contabilizzati ad oggi).
    Essendo il calcolo in questo caso più complicato poiché il contributo tra adulti e minori è differenziato (300 per i primi e 150 per i secondi) possiamo comunque già stabilire che con i 5.000 arrivi in più rispetto ai previsti 75 mila, anche in questo caso le risorse sono già esaurite e comunque stiamo parlando di una misura molto limitata nel tempo (tre mesi).

Ci sono infine 152 milioni di euro destinati alla sanità per le eventuali spese mediche, cifra sproporzionata rispetto alle altre misure che assomiglia tanto al solito sperpero all’italiana, facile preda della corruzione.

Analizzando i decreti, senza farsi ingannare dalla narrazione del governo, quello che spetta a tutti gli “sfollati” ucraini arrivati in Italia, alla fine dei conti, è poco più di una piccola elemosina. Qualcuno potrebbe giustamente osservare che è comunque “meglio” di come si sono sempre trattati i richiedenti asilo di altre parti del mondo, ma più che di vantaggi sarebbe corretto parlare di mal comune.

Danilo Burattini

Membro della redazione di Melting Pot Europa e dell'Ambasciata dei Diritti delle Marche.