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La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’allontanamento del cittadino straniero dall’Italia

Tribunale di Roma, VI Sezione penale, sentenza n. 3739 del 11 maggio 2020

La mancata adozione, da parte del magistrato di sorveglianza, di un provvedimento di esecuzione della misura di sicurezza dell’espulsione originariamente applicata dal giudice di merito impone l’assoluzione dello straniero che abbia fatto reingresso nel territorio nazionale in violazione di quanto disposto nella medesima misura.

Nei confronti di un cittadino romeno, contestualmente ad una condanna a pena detentiva, era stata applicata, ai sensi dell’art. 235 c.p., la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio nazionale. Il giorno
successivo alla scarcerazione questi veniva rimpatriato nel Paese di origine. Questi faceva successivamente rientro in Italia ove veniva tratto in arresto per il reato di cui all’art. 235 co. 2 c.p.. Nel corso del giudizio si evinceva che non vi era prova dell’adozione, da parte del magistrato di sorveglianza, del provvedimento di esecuzione della misura di sicurezza (ai sensi dell’art. 679 c.p.p. le misure di sicurezza personali, benché applicate all’esito del giudizio di merito, debbono infatti formare oggetto di un accertamento della pericolosità sociale dell’interessato da parte dell’ufficio di sorveglianza e, solo
in caso di esito affermativo, se ne dispone l’esecuzione). Il Tribunale di Roma ha osservato che “non risulta mai effettuata dal magistrato di sorveglianza alcuna verifica in ordine alla pericolosità del soggetto e
pertanto l’allontanamento dal territorio dello Stato non può ritenersi validamente disposto
“. Sulla scorta di ciò è stata resa pronuncia assolutoria.

Il Tribunale di Roma ha altresì sottolineato la necessità per il magistrato di sorveglianza, chiamato a formulare un giudizio sulla pericolosità sociale dello straniero destinatario della misura in commento, di rispettare i criteri di cui all’art. 27, co. 2, dir. 2004/38/CE (recepito dall’art. 20 d.lgs. 30/2007), secondo cui “I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati, esclusivamente in relazione al comportamento personale della
persona, nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti
“.

Il Tribunale di Roma ha infine ritenuto priva di rilievo la modifica dell’imputazione effettuata medio tempore dal Pubblico Ministero, che aveva riqualificato il fatto quale violazione dell’art. 13 co. 13 bis
d.lgs. 286/1998 (non è chiaro perché non quale violazione dell’art. 20 co. 14 d.lgs 30/2007, trattandosi di cittadino U.E.), in quanto non era stato depositato alcun ulteriore (e diverso) provvedimento (giurisdizionale o amministrativo) di espulsione dell’interessato.

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Si ringrazia l’avv. Cleo Maria Feoli per la segnalazione e il commento.