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Ancora nessuna giustizia per i 6 ragazzi accusati dell’incendio di Moria

Anche l'udienza di appello costellata di scorrettezze: a due accusati solo ridotta la pena da 5 a 4 anni

Mitilene, isola di Lesvos. Ieri, martedì 7 giugno 2022, A.A. e M.H., due dei sei adolescenti accusati e condannati per gli incendi nel campo di Moria sull’isola di Lesvov nel settembre 2020, si sono presentati davanti al Tribunale dei minori di Mitilene. Lo rende noto la campagna di solidarietà europea “Free Moria 6” che ha definito il processo contro i sei adolescenti «molto ostile e tutt’altro che imparziale», aggiungendo che «il verdetto di primo grado è stato confermato nonostante non ci siano ancora prove credibili. Solo la pena è stata ridotta da cinque a quattro anni».

Tina Weiß, portavoce di #FreeTheMoria6, ricostruire la vicenda dei due adolescenti che erano giunti a Lesbo dall’Afghanistan come minori non accompagnati in cerca di protezione in Europa. Avevano solo 17 anni al momento del loro arresto nel settembre 2020. «Sono stati arrestati dopo che il campo di Moria è stato completamente incendiato l’8 e il 9 settembre 2020 e sono stati detenuti per quasi due anni. Il 9 marzo 2021, sono stati dichiarati colpevoli di “incendio doloso che mette in pericolo la vita umana” dal Tribunale per i minorenni di Mitilene, in un primo processo che non ha rispettato gli standard procedurali di base. Sebbene non sia stato possibile portare alcuna prova credibile contro di loro, entrambi sono stati condannati a 5 anni di reclusione senza il riconoscimento di circostanze attenuanti».

Il processo d’appello di ieri non si è discostato dal primo grado e secondo la campagna «è stato costellato di scorrettezze ed errori procedurali, anche prima del processo». Il tribunale ha dimenticato di inviare il verdetto di primo grado alla Corte d’Appello e la data dell’udienza è stata fissata con scarso preavviso, lasciando così pochissimo tempo al team del Legal Centre Lesvos di preparare la difesa legale.

«Mentre molti solidali ai due imputati si sono radunati davanti al tribunale, le ingiustizie sono continuate in aula: il pubblico ministero ha nominato 26 testimoni, quasi tutti agenti di polizia e residenti del villaggio di Moria, la zona abitata vicina al campo di confinamento, poi bruciato, di Moria. Nessuno di loro è riuscito a identificare gli imputati. Allo stesso tempo, i due testimoni della difesa, che avrebbero dovuto testimoniare sulle condizioni catastrofiche prima dell’incendio nel campo, non sono stati ammessi dalla corte. È stato ammesso solo un testimone della difesa, un membro della famiglia di M.H.. Alla fine del processo, i due sono stati giudicati nuovamente colpevoli, ma la loro pena è stata ridotta da cinque a quattro anni per “buona condotta in carcere“».

Il rilascio di almeno uno degli accusati, A.A., potrebbe essere ottenuto ancora oggi.
Gli avvocati, già all’inizio di marzo 2022, avevano presentato un’istanza per la liberazione dei due adolescenti, poiché entrambi avevano raggiunto i requisiti per la riduzione della pena e la liberazione secondo la legge greca, grazie al lavoro e alla frequenza scolastica in carcere, nonché alla prova di una residenza permanente. Tuttavia, il tribunale deciderà sul rilascio di M.H. solo il 5 luglio.

«Mentre l’Europa ha già dimenticato Moria e l’incendio, due minori hanno trascorso due anni interi in prigione. Speriamo che vengano rilasciati presto, ma l’Europa ha distrutto le loro vite. Più volte», ha detto al termine dell’udienza Julia di Borderline-europe, tra le organizzazioni che hanno dato vita alla campagna di solidarietà.

Luca Wolf, della campagna “You can’t evict Solidarity” (Non si può sfrattare la solidarietà) e della Campagna solidale #FreeTheMoria6, ha aggiunto: «Siamo arrabbiati per questa nuova ingiustizia. Ma continueremo a lottare e a chiedere la libertà per tutti i detenuti di Moria».

L’udienza di appello contro gli altri quattro ragazzi accusati dell’incendio del campo di Moria si terrà il 6 marzo 2023. I quattro adolescenti considerati al pari di adulti sono stati condannati a 10 anni di reclusione in un processo, anch’esso senza prove, definito dalle organizzazioni solidali come un «processo politico». Anche in questo caso l’unico cosiddetto testimone non si è presentato in tribunale.

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
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