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L’emergenza creata a Lampedusa aiuta a legittimare rimpatri e accordi dalla dubbia legittimità

L’hotspot parzialmente svuotato non è sufficiente a ristabilire i diritti

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Cumuli di immondizie alti come un uomo, bagni fatiscenti, stanzoni sovraffollati, pavimenti e mura di cemento, finestre sgarrate. Uomini malnutriti e stanchi, donne, bambini, che cercano riparo dal caldo assassino di questa estate, abbandonandosi su materassi sfondati, buttati nei cortili, sotto le fragili ombre di quei pochi alberi chi si alzano appena fuori del perimetro militarizzato del centro. 

Sono immagini e video davvero terribili quelli che i migranti rinchiusi nell’hotspot di Lampedusa inviano quotidianamente ai referenti della Campagna LasciateCIEntrare per denunciare il modo in cui sono costretti a vivere. 

LasciateCIEntrare già il 19 giugno aveva denunciato la situazione di sporcizia e sovraffollamento dell’hotspot. Ma ogni anno, soprattutto d’estate, si ripete lo stesso copione

Sin dal suo costituirsi la campagna ha denunciato i centri di detenzione e i grandi centri per migranti come zone franche in cui i diritti umani sono quantomeno sospesi, per non dire negati. Lampedusa non fa eccezione. Attivisti e giornalisti in queste strutture sono tenuti lontani. Impossibile anche solo sapere quante persone sono presenti nell’hotspot di Contrada Imbriacola. Secondo l’ex sindaca del Comune isolano Giusi Nicolini, la scorsa settimana sarebbero state ammassate almeno duemila e cento. Secondo i dati forniti dal governo venerdì scorso, 8 luglio, erano ospitate 1.878 persone per una capienza massima che dovrebbe essere di 350.

Uomini, donne, quattro delle quali incinte, e anche bambini costretti a subire trattamenti inumani e degradanti, a mangiare e dormire per terra tra i rifiuti, senza assistenza medica anche per i più vulnerabili, senza neppure sapere quale sarà il loro futuro. «Sembra la Libia ma è l’Italia» aveva dichiarato l’ex sindaca. 

Il giro di purgatorio sulle navi quarantena, più volte denunciato come inutile, costoso e punitivo dalla campagna LasciateCIEntrare insieme a molte altre organizzazioni e inserito nella relazione al Parlamento dal Garante nazionale1, ha finalmente chiuso i battenti. L’ultimo viaggio è salpato i primi di giugno pure se la pandemia è tutt’altro che finita. Dopo le polemiche di questi ultimi giorni, a seguito del via vai delle navi militari che portano i migranti in accoglienza o nei CPR, il Viminale afferma che ora le persone presenti nell’hotspot sono 145. Ma sono numeri variabili e già gli approdi di queste ore e altri fattori li faranno aumentare o diminuire. 

I tunisini, in particolare, vengono rimpatriati d’urgenza, senza che venga data loro la possibilità di contattare un avvocato e avviare la richiesta di asilo2. Vengono smistati con costi altissimi nei diversi CPR sparsi in giro per l’Italia, perfino i soggetti vulnerabili sottoposti a trattenimenti anche prolungati. Non a caso e non di rado scoppiano proteste, in questi giorni è il CPR di Caltanissetta teatro di violenze della polizia, ma domani potrebbe essere Torino o Macomer. «Questo che accade da due anni ed oltre è il leitmotiv» – denuncia Yasmine Accardo, referente di LasciateCIEntrare. «Ci sono anche casi di persone tornate in Italia per la seconda volta (oggetto quindi per la nostra normativa di reato di reingresso). La prima volta erano stati espulsi senza aver accesso nemmeno ad una informativa, molti speravano con la seconda di riuscire a riconquistare un diritto. Ma nulla cambia. Nemmeno stavolta ci sono riusciti». 

«Le persone – prosegue l’attivista – sono trattenute nell’hotspot di Lampedusa senza accesso a legali di fiducia. Sanno che un giudice li giudicherà altrove, senza che possano essere presenti e soprattutto senza un difensore che ne conosca la storia, ricevendo così una veloce sentenza di condanna ed espulsione. Questa è la prassi oramai consolidata. Reato di reingresso che in realtà dovrebbe essere guardato come ricerca di giustizia negata ancora e ancora». 

Paesi come la Tunisia o l’Egitto continuano ad essere ipocritamente considerati come “sicuri”, oggetto di accordi sui quali cosa ci sia scritto non è dato a sapere e sulla cui legittimità molto ci sarebbe da dire e fare. 

«Vent’anni dopo, si continua ad affrontare il problema delle migrazioni sotto l’ottica dell’emergenza, creandola, come avviene oggi all’hotspot di Lampedusa – commenta amaramente Yasmine Accardo -. E proprio in virtù di quest’ottica, i diritti umani passano in secondo piano, se non addirittura disattesi. I finanziamenti milionari vengono dirottati in centri di detenzione e in pratiche di polizia invece che nell’accoglienza. Molte delle persone rinchiuse a Lampedusa non sanno nemmeno dove sono finite e perché. Non si aspettavano di ritrovarsi in un incubo simile. Uno dei tanti migranti tunisini che da Lampedusa è stato spedito nel CPR di Gradisca e qui trattenuto per otto mesi prima di essere rimpatriato, mi ha detto piangendo che lui l’Italia l’ha potuta vedere solo da dietro le sbarre». 

CPR di Gradisca – Le proteste spesso avvengono per le condizioni in cui le persone sono recluse e per la mancanza di assistenza sanitaria

E’ incredibile che ogni estate a Lampedusa si ripeta lo stesso copione. La possibilità di organizzare dei veloci trasferimenti verso le altre regioni italiane e il sistema di accoglienza sarebbe nelle facoltà di uno Stato che ad oggi è riuscito ad accogliere oltre 145 mila profughi ucraini. Ma lo stato di emergenza permanente serve a legittimare la politica del governo con le sue prassi d’urgenza e gli accordi bilaterali dalla dubbia legittimità, a stringere patti con dittatori costantemente riabilitati in quanto “necessari” fino a rifinanziare le milizie libiche, con l’ovvia conseguenza di riportarci ad un livello di dibattito pubblico sempre al punto di partenza e reso ancor più infimo dai facili slogan ed isterie della destra.

  1. Nel 2021 ha determinato un’ulteriore bolla temporale nel percorso di viaggio delle 35.304 persone che vi sono transitate, senza possibilità di esprimere negli undici giorni di permanenza media a bordo le proprie esigenze di protezione internazionale“. Dalla Relazione 2022 al Parlamento del Garante, pag. 62 : https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/c8c57989b3cd40a71d5df913412a3275.pd
  2. Nel 2021, la sorte dell’immediato trasferimento in un Cpr e del ritorno forzato a chi era appena giunto in Italia è toccata a 1.221 persone, per lo più di nazionalità tunisina (1049) o egiziana (170), tutte allontanate con voli charter organizzati dalla Polizia di Stato“. – pag. 63

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.