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Atene – Prosegue la mobilitazione contro la chiusura del campo di Eleonas

L'operazione violenta della polizia non ferma la protesta dei residenti e la solidarietà

Frame tratto dal video di Ehsan Fardjadniya

“«Oggi morirò. Oggi sarò uccisa con il mio bambino». Le donne incinte del campo di Eleonas gridano”. E’ quanto racconta Ehsan Fardjadniya, artista visivo e registra olandese, testimone oculare della violenta operazione di polizia avvenuta alle prime ore del 18 agosto all’ingresso del campo di Eleonas ad Atene.

“Verso mezzanotte mi sono recato al campo di Eleonas, nella periferia di Atene, e ho visto tutto. I manifestanti hanno cercato di impedire alla direttrice del campo di entrarvi per impedirle di pianificare i trasferimenti. La sua missione è evacuare e chiudere il campo di Eleonas, l’unico della città di Atene, e trasferire i suoi abitanti in campi fuori città”.

“La responsabile del campo, Maria-Dimitra Nioutsikou – prosegue l’artista che nel 2000 è fuggito dalla persecuzione del regime iraniano – è arrivata intorno alle 6-7 del mattino insieme alla polizia. I manifestanti hanno eretto barricate utilizzando bidoni della spazzatura per impedire alla polizia e alla direttrice di entrare nel campo e ritardare così la procedura. In prima fila c’erano soprattutto donne congolesi con i loro bambini. Il direttore ha marciato tra 7-10 agenti di polizia. Si sono avvicinati ai manifestanti che hanno gridato: «Andate a casa! Non vi vogliamo qui». La polizia si è ritirata. Circa 15 minuti dopo sono arrivati circa 30 rinforzi della polizia antiterrorismo.

Questa volta la polizia non ha avuto pietà. Hanno attaccato con violenza anche se 5 donne incinte erano in prima linea. Hanno gridato: «Oggi morirò. Oggi sarò uccisa con il mio bambino». La polizia è venuta a invadere l’accampamento. Hanno iniziato a prendere a calci le proteste di solidarietà e insieme a loro hanno spinto le donne incinte e i bambini piccoli all’interno dell’accampamento. Non ho mai visto un simile comportamento degli agenti di polizia nei confronti delle donne incinte.
Credo che la controversia sull’ingresso della direzione nel campo avrebbe potuto essere risolta attraverso il dialogo. Ma si è trattato chiaramente di un gioco di potere. Mi è sembrato di assistere a una guerra, una battaglia per un ulteriore spostamento e contro la solidarietà”.

Gli attivisti di Solidarity With Migrants di Atene che supportano la mobilitazione degli abitanti del campo accusano apertamente le istituzioni, in particolare la “decisione pianificata dal Comune di Atene e dal Ministero delle Migrazioni”, confermando il ruolo di comando della Niutsikou, già nota per la sua gestione repressiva nei campi sull’isola di Samos e nella città di Skaramangas.

Secondo la ricostruzione, 6 persone sono state fermate dall’irruzione e poi rilasciate, e soprattutto solo 30 residenti hanno deciso di accettare il trasferimento in altri campi, convinti dal clima di terrore che si è creato e da false promesse. Tutte le altre persone del campo continuano a rimanere all’interno e non vogliono essere trasferite sostenute anche dalla solidarietà che nei giorni successivi si è espressa da parte di altre associazioni e da consiglieri municipali e di quartiere.

“La lotta continua e continuerà per le prossime settimane – sottolineano gli attivisti – finché la maggior parte dei residenti del campo si rifiuterà di accettare lo spostamento forzato da Atene. La lotta dei migranti di Eleonas è una lotta per non essere trasferiti da Eleonas a condizioni ancora più sfavorevoli, ma per ottenere un alloggio dignitoso nelle città. È una lotta contro il sistema razzista delle frontiere chiuse e dei campi di concentramento, che tratta le persone come rifiuti trasportati da un campo all’altro, come oggetti di esclusione o di sfruttamento”.