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Revoca del PdS a seguito di una valutazione di pericolosità sociale: commento a Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 7314 del 19.08.2022

A cura di Avv. Andrea Maestri

revoca permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo – diniego rilascio permesso di soggiorno ordinario – condanna irrevocabile in materia di stupefacenti – condanna irrevocabile per furto aggravato – condanna non definitiva per lesioni personali aggravate ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone – valutazione di pericolosità sociale – art. 9 commi 4 e 7 D.Lgs. 286/98 – art. 1 Legge 1423 del 1956 e s.m.i. – soggetti pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato – durata del soggiorno sul territorio nazionale – inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero – doveroso giudizio di pericolosità sociale – motivazione articolata su più elementi – tutela rafforzata dei soggiornanti di lungo periodo – esclusione di automatismi ostativi – necessità di effettiva ponderazione comparativa tra interesse pubblico ed interesse dello straniero – giudizio di bilanciamento – indici di positiva integrazione: legami familiari, lavoro stabile, reddito adeguato, dimora fissa – specifica valutazione di una minaccia attuale per la sicurezza pubblica – mancata valutazione dei fattori positivi di integrazione – illegittimità


Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ritorna sul tema della tutela rafforzata dei cittadini stranieri soggiornanti di lungo periodo ai quali la Questura abbia revocato il titolo di soggiorno a seguito di una valutazione di pericolosità sociale, fatta discendere automaticamente dalla sussistenza di condanne, anche non definitive, per reati cd. ostativi come quelli in materia di stupefacenti.

Confermando un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato (ex plurimis, CDS Sez. III, n. 6423/2022; n. 4455/2018; n. 4401/2016; n. 4708/2016), il Consiglio di Stato richiama la stessa littera legis (art. 9 comma 4 Testo Unico Immigrazione) per affermare che “il diniego e la revoca del permesso di soggiorno non possono essere adottati per il solo fatto che lo straniero abbia riportato sentenze penali di condanna; al contrario, tali misure richiedono un giudizio di pericolosità sociale dello straniero e una motivazione articolata su più elementi, che tenga conto anche della durata del soggiorno sul territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, tale da escludere ogni automatismo tra provvedimento sfavorevole e condanne penali (cd. tutela rafforzata dei soggiornanti di lungo periodo). La gravità dei precedenti penali riportati dallo straniero e la prevalenza delle esigenze di sicurezza pubblica, di conseguenza, non possono esentare l’amministrazione dal fondare i propri atti su un motivato e non meramente apparente raffronto con gli elementi favorevoli rappresentati dallo straniero e, quindi, su un’effettiva ponderazione comparativa tra l’interesse pubblico al mantenimento dell’ordine e della sicurezza e l’interesse dello straniero ad integrarsi nel tessuto sociale. Tale giudizio di bilanciamento va operato sulla base di una serie di indici, quali l’esistenza di legami familiari, di un lavoro stabile, di un conseguente adeguato reddito, di una dimora fissa e di tutte le numerose situazioni che possono in vario modo comprovare un effettivo e pacifico radicamento sul territorio italiano in conformità alle regole fondamentali del nostro ordinamento.

Vi è da sottolineare che questo giudizio di bilanciamento in concreto è obbligatorio sia in sede di diniego della prima richiesta di permesso U.E. per soggiornanti di lungo periodo che di revoca di un titolo già posseduto e che la gravità dei reati da cui sia gravato il cittadino straniero non è motivazione (in fatto e in diritto ex art. 3 L. 241/90) in sé sufficiente per affermare la prevalenza dell’interesse pubblico (alla sicurezza) e la speculare soccombenza dell’interesse del privato all’integrazione in Italia.

Sembra, altresì, opportuno osservare che la giurisprudenza in commento non limita l’oggetto dell’istruttoria agli elementi espressamente indicati dalla norma (“durata del soggiorno” – “inserimento sociale, familiare e lavorativo”) ma lo allarga a “tutte le numerose situazioni che possono in vario modo comprovare un effettivo e pacifico radicamento sul territorio italiano in conformità alle regole fondamentali del nostro ordinamento”: a titolo esemplificativo, in presenza di persone con precedenti penali ostativi (che quindi abbiano commesso gravi reati), lo scrutinio amministrativo di meritevolezza del soggiorno dovrebbe comprendere anche l’avere integralmente scontato la pena irrogata, l’avere ottenuto la riabilitazione o l’estinzione del reato, l’avere risarcito la vittima del reato, l’avere positivamente superato la messa alla prova ecc.

Tale interpretazione ampia (ma pur sempre ragionevolmente e motivatamente circoscritta) sembra la più conforme proprio ad una delle “regole fondamentali del nostro ordinamento” e cioè la funzione rieducativa e risocializzante della pena (art. 27 Costituzione), di talché la persona straniera che si sia macchiata di gravi condotte criminose non può essere osservata al microscopio solo per la parte patologica del suo percorso di soggiorno in Italia ma anche per quello positivo di rieducazione, recupero e reinserimento: una diversa lettura, più restrittiva, comporterebbe infatti una (vietata) discriminazione in ragione della nazionalità rispetto all’applicazione di un principio, quello in parola, che deve trovare un’applicazione imparziale e generalizzata.

Di più, il Consiglio di Stato richiede all’Amministrazione una valutazione (istruttoria) e motivazione (della decisione) punto per punto, su ciascuno dei “plurimi fattori”: durata del soggiorno, integrazione sociale, familiare e lavorativa.

Da ultimo, è importante osservare come l’espulsione dal territorio nazionale sia indicata come extrema ratio, praticabile solo laddove non sia nemmeno possibile rilasciare un “diverso permesso di soggiorno” ai sensi del comma 9 dell’art. 9 TUIMM (“Allo straniero, cui sia stato revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e nei cui confronti non debba essere disposta l’espulsione è rilasciato un permesso di soggiorno per altro tipo in applicazione del presente testo unico.”), norma che fa il paio con quella generale di cui all’art. 5 comma 9 dello stesso D.Lgs. 286/98 (“Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro sessanta giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico.”).

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Si ringrazia l’avv. Andrea Maestri per la segnalazione e il commento.