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Anche se priva di titolo di soggiorno, la cittadina non comunitaria ha diritto alla registrazione del contratto di convivenza con cittadino italiano

Tribunale di Brindisi, sentenza dell'1 agosto 2022

Permesso di soggiorno e convivenza di fatto: Il cittadino extra comunitario ha diritto di vedersi registrare la dichiarazione del contratto di convivenza di fatto ex legge 76/2016 con il cittadino Italiano anche se sprovvisto di permesso di soggiorno in base alla normativa euro comunitaria e nazionale.

Il caso trae origine dal rifiuto del Comune di Brindisi di rilasciare il certificato di convivenza di fatto ad una cittadina russa poiché scriveva il Comune “La cittadina non risulta iscritta nell’APR (anagrafe nazionale della popolazione residente) pertanto deve prima provvedere all’iscrizione presso l’Ufficio immigrazione del Comune di Brindisi e contestualmente potrà fare dichiarazione di convivenza di fatto“.

Il Tribunale ordinario di Brindisi con sentenza dell’1 agosto 2022 accoglie il ricorso della ricorrere sul presupposto che “La lettura coordinata della legislazione nazionale, in tema di contratti di convivenza di fatto, con le norme contenute nella direttiva 2004/38/CE recepita in Italia con D.Lgs n. 30/2007, in tema del diritto di libera circolazione e di stabilimento dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, come interpretato dalla corte di Giustizia e dall’art. 8 CEDU, consente di ritenere che la dichiarazione anagrafica prevista dall’art. 1 comma 37 della L. n. 76/2016 non costituisce il presupposto per la costituzione del rapporto di convivenza ma una conseguenza dello stesso.

L’art. 3, paragrafo 2, comma 1, lett. B) della direttiva 2004/38/CE riguarda specificatamente il partner con il quale il cittadino dell’Unione ha una relazione stabile “debitamente attestata” e la disposizione prevede che lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno di tale partner.

Al riguardo, la Corte di Cassazione, aderendo ai principi indicati dalla Corte di Giustizia, ha ritenuto che “al cittadino di paese terzo coniuge di cittadino dell’Unione Europea, può essere rilasciato un titolo di soggiorno per motivi familiari anche quando non sia regolarmente soggiornato nel territorio dello Stato, in quanto alla luce dell’interpretazione vincolante fornita dalla sentenza della Corte di Giustizia n. C-27 del 25 luglio 2008, la Direttiva 2004/38/CE consente a qualsiasi cittadino di paese terzo familiare di un cittadino dell’Unione, ai sensi dell’art.2, punto 2 della predetta Direttiva che accompagni o raggiunga il predetto cittadino dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza di ottenere un titolo d’ingresso o soggiorno nello Stato membro ospitante a prescindere dall’aver già soggiornato regolarmente in uno Stato membro, non essendo compatibile con la Direttiva, una normativa interna che imponga la condizione del previo soggiorno regolare in uno Stato membro prima dell’arrivo nello Stato ospitante, al coniuge del cittadino dell’Unione, in considerazione del diritto al rispetto della vita familiare stabilito nell’art8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo”.

Deve dunque affermarsi in conformità a quanto stabilito dall’art.8 CEDU e della direttiva 2004/38/CE (laddove prevede che lo Stato membro ospitante agevoli l’ingresso e il soggiorno del partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata), la sussistenza del diritto per il partner extracomunitario di cittadino residente in un Comune italiano di ottenere un riconoscimento della situazione di fatto validamente accertata mediante l’iscrizione nel registro della popolazione residente di detto Comune e nello stato di famiglia del convivente, pur in assenza di permesso di soggiorno.


Si ringrazia l’Avv. Arselinda Shoshi per la segnalazione e il commento. La causa è stata patrocinata in collaborazione con l’Avv. Enrico Tedeschi, entrambi del foro di Sulmona (AQ).