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Dimenticate il mio nome

Dietro le quinte dei falsi documenti prodotti dai trafficanti di ragazze nigeriane nella tratta per sfruttamento sessuale

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In questi giorni passo molto tempo al telefono con una fastidiosa musichetta d’attesa per accedere ai servizi dell’assistenza sanitaria francese. Non mi risponde nessuno. Sono passata per tutte le fasi emozionali possibili nel rapporto con la musichetta e con l’”administration publique“: speranza, pazienza, impazienza, collera, disperazione. Frustrazione. Sensazione di impotenza. Sono tutte parole che ricorrono spesso nel mestiere di operatrice e operatore sociale. Grandi momenti di solitudine, appesa a un filo tra le aspettative della persona da accompagnare, e i limiti delle istituzioni.

Ho già scritto qualche articolo sulle difficoltà incontrate dalle ragazze vittime di tratta per sfruttamento sessuale che incontro nel mio ufficio. Sulle violenze vissute, i meccanismi perversi di manipolazione delle reti di trafficanti, le risorse che molte donne mobilitano per ricostruire una vita.

A queste notevoli difficoltà umane, psicologiche e fisiche, si aggiungono quegli ostacoli “amministrativi” propri alla migrazione in sé, come l’assenza di documenti, l’incomprensione delle procedure, lo scorrere del tempo umano in conflitto con la reattività delle istituzioni. Con le ragazze con cui lavoro l’aggravante “tratta degli esseri umani” arriva spesso a complicare ulteriormente le cose.

Vivian (n.d.R: nome di fantasia) è arrivata in Francia nel 2018. E’ stata un anno a Parigi, in prostituzione, sorvegliata dagli scagnozzi di una Madam a cui aveva prestato il giuramento juju in Nigeria, a Benin City. Viene dalla campagna nigeriana, non sa leggere, né scrivere, ma fa delle trecce bellissime. Dopo un anno di vita dura e violenze tra i cespugli di un immenso parco in periferia di Parigi, conosciutissimo luogo di traffico di ragazze da ogni paese del mondo e sfruttamento in prostituzione, è riuscita a scappare. Nella testa, aveva ancora le consegne date dalla sua Madam, le voci delle amiche nigeriane, i consigli ignoranti dati dalle reti della tratta che fanno di tutto per evitare l’emancipazione delle ragazze. Aveva anche gli incubi ricorrenti, dei demoni venivano sempre a farle visita, a farle paura.

E’ arrivata in una città francese dal nome impronunciabile, sulla costa a ovest. Ha deposto la sua richiesta di asilo, ha ricevuto un posto in un centro di accoglienza e ha cominciato pian piano a seguire il lento scorrere delle procedure di regolarizzazione. Alla sua operatrice sociale ha dato il nome che le aveva dettato la sua Madam: Ivy. Le avevano detto di fare cosi: in Francia si sarebbe chiamata Ivy Adama. Il suo vero cognome era Adamou, ma tutto era stato cambiato ancora prima della partenza. Una nuova identità, non troppo diversa dall’originale, facile da ricordare. Una data di nascita a due anni di differenza, più grande.

La Madam un giorno, prima di partire, le ha fatto fare un falso atto di nascita con tutte queste false informazioni. Forse voleva farle fare un passaporto falso, da usare con lei e magari da ri-usare con altre ragazze. Ci sono tante parti della storia di Vivian che rimangono delle ombre incerte. Tante domande che non hanno ricevuto una risposta plausibile. E infatti, probabilmente anche per questo, non le è stato accordato l’asilo.

Vivian è scappata da Parigi, è arrivata sulla costa occidentale francese, ha abitato nel centro di accoglienza per tutta la durata della richiesta di asilo. Li’, ha beneficiato dell’assistenza sanitaria sotto il nome di Ivy. All’iscrizione, ha proprio mostrato il suo falso atto di nascita. E poi, quando ha ricevuto la risposta negativa della commissione… è dovuta partire. Ha lasciato il posto a una nuova richiedente asilo e ha deciso di cambiare città. Anche qui non so bene come, ma è arrivata a Lyon, poi a Grenoble. Il suo falso nome l’ha seguita fino al mio ufficio, dove è arrivata per la prima volta nel 2020.

Era determinata a formulare una seconda richiesta di asilo, ma per farlo doveva fornire degli elementi nuovi, raccontare meglio la sua storia spiegando più dettagli, fornendo più materiale sulla sua storia alle autorità francesi. Nel nuovo “dossier” ha mostrato il suo atto di nascita falso, spiegandoci come la sua Madam l’aveva costretta a fingere di chiamarsi Ivy di fronte alle autorità nigeriane prima, e a quelle francesi poi. A lei in realtà faceva un po’ lo stesso usare un nome o un altro, in Nigeria, diceva, lo fanno tutti.

“E’ un po’ come se nessuno dicesse mai chi è veramente, così se succede qualcosa può semplicemente sparire e riapparire con un altro nome altrove”.

Ivy Adama è diventata, a Grenoble, Vivian Adamou. La seconda richiesta di asilo non ha funzionato, ancora una volta la sua storia non convinceva né gli operatori, né le istituzioni.

Vivian è tornata dopo qualche mese nel mio ufficio, chiedendomi aiuto per provare un’altra forma di regolarizzazione pensata per le vittime di tratta per sfruttamento sessuale. È un permesso di soggiorno temporaneo che permette alle ragazze di lavorare e quindi, secondo la legge francese, emanciparsi dalla prostituzione grazie alla regolarità del soggiorno, al permesso di lavoro e un piccolo budget per cominciare. Il suo dossier è stato convalidato dalla prefettura: finalmente un’opportunità di cambiare vita! Anche questa procedura, che ho descritto in pochissime righe, è stata un’odissea. Ha dovuto farsi spedire il vero atto di nascita dai suoi genitori in Nigeria, è dovuta andare all’ambasciata nigeriana in Svizzera per ottenere il suo passaporto (che costa 160 euro + corruzione = 700 euro), che ovviamente tarda a arrivare. Ha dovuto dimostrare di parlare un po’ francese, ha fatto ore e ore di volontariato per convincere la commissione della sua buona volontà.

Tutto va a gonfie vele fino al momento del rinnovo della tessera sanitaria, aprile 2022. L’amministrazione richiede il permesso di soggiorno per rinnovare la tessera. Il nuovo permesso di soggiorno è a nome di Vivian. Allora lei spiega che c’è stato un errore, che questo è il suo vero nome. Il problema pero’ è che nel 2018 lei ha dato un falso nome, un falso cognome, una falsa data di nascita e nel suo atto di nascita ci sono i nomi di due “falsi” genitori, che non corrispondono più ai nomi nell’atto di nascita vero.

In sostanza è tutto falso. Cioè, è una frode.

Ho cercato per mesi di capire perché Vivian non riceveva la sua nuova tessera. Senza tessera sanitaria, nessun datore di lavoro può assumerla. Senza lavoro, non potrà rinnovare il permesso di soggiorno.

La settimana scorsa, un’impiegata dell’assistenza sanitaria mi ha chiamato per darmi tutte queste informazioni. Mi ha spiegato che vedere nomi falsi o scritti male le era già successo prima, ma mai fino a questo punto. Ogni volta la procedura si blocca per un po’, ma poi tutto torna in regola. In questo caso non sa nemmeno lei cosa possiamo fare. Probabilmente bisognerà ricorrere a vie legali per risolvere l’impasse amministrativo in cui si ritrova Vivian. E chissà se dovrà rimborsare quanto le è stato dato sotto falso nome per coprire le spese mediche.

Non conosco bene la storia di Vivian, non conosco la fine di questa storia, ma la tristezza nel suo sguardo, ancora una volta, una sconfitta, un ostacolo, quando tutto aveva preso una piega inaspettata, positiva per la prima volta.

Se solo potessi tornare indietro…” mi ha detto.

Falsi documenti, falsi nomi… consigli che non sono tali, una rete di trafficanti, di magheggi, un labirinto pieno di ostacoli da cui è veramente difficile uscire.


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Linda Bergamo

Una grande passione per l’Afghanistan mi ha portato a far parte dell'Associazione Cisda ONLUS in sostegno alla Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA).
In parallelo a un Dottorato di ricerca all’Università di Grenoble, lavoro come operatrice sociale con le vittime di tratta degli esseri umani per sfruttamento sessuale.