Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Life Support, la prima nave di soccorso in mare di Emergency

Effettuerà missioni di ricerca e soccorso (SAR, Search and Rescue) nel Mediterraneo centrale

La nave di Emengency

Nella prima giornata del “Festival di Emergency” (Reggio Emilia, 2 -3 – settembre), l’organizzazione ha annunciato il nuovo progetto: in autunno prenderà il mare la Life Support, una nave che effettuerà missioni di ricerca e soccorso (SAR, Search and Rescue) nel Mediterraneo centrale.

«A un anno dalla perdita di Gino, siamo pronti ad imbarcarci in questo nuovo progetto che aveva voluto a lungo. Lo facciamo, innanzitutto, perché è quello che facciamo da sempre: curare chi ne ha bisogno, chi è nel posto sbagliato, non per sua scelta», spiega Pietro Parrino, Direttore Field Operations Department. «L’attività di ricerca e salvataggio in mare da parte delle ONG è un argomento spesso divisivo. Ed è vero che non bisogna mai dare per scontato che quello che è giusto per noi lo sia anche per gli altri, ma salvare vite non può essere divisivo, mai. Questo è il nostro punto di partenza, anche questa volta. La Life Support è, però, anche un omaggio al fondatore di Emergency da parte di tutti noi, e di tutti quelli che ci supporteranno».

«Il Mar Mediterraneo centrale», scrive l’ONG, «è da anni la rotta migratoria più pericolosa del mondo: sono oltre 19.000 i migranti morti o dispersi dal 2014, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Più di 1.100 solo quest’anno». «Dopo aver collaborato al lavoro di altre organizzazioni con i nostri medici, infermieri, mediatori, psicologi, abbiamo acquistato una nostra nave».

La Life Support è un offshore vessel, una nave adibita a servizi speciali, l’area di ricovero e accoglienza per le persone soccorse, riprogettata da zero, è un ponte di circa 270 mq completamente coperto, nel main deck, un ambulatorio medico, i servizi igienici, i posti letto e alcune panche.

«Sulle murate, abbiamo dipinto le parole di Gino: ‘I diritti devono essere di tutti, sennò chiamateli privilegi’. Ci sembra il modo migliore di ricordarlo: fare quello che è giusto fare ce lo ha insegnato lui».