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Non risponde del reato art. 650 c.p. lo straniero che non ottemperi all’invito a presentarsi in Questura ai fini dell’espulsione

Tribunale di Rieti, sentenza n. 407 del 18 luglio 2022

Una sentenza di assoluzione dal reato previsto dall’art. 650 c.p. perché il cittadino albanese, non presentandosi presso gli uffici Immigrazione della Questura di Rieti nel giorno e nell’ora stabiliti nel biglietto di invito notificatogli dalla Questura di Rieti Ufficio Prevenzione Generale il 12.08.2015, non ottemperava ad un ordine legalmente dato dall’ Autorità di P.S. per ragioni di giustizia / sicurezza pubblica / ordine pubblico.

Il Tribunale in composizione monocratica, alla luce degli elementi raccolti, complessivamente valutati, riteneva insussistente il reato ascritto al di là di ogni ragionevole dubbio con la seguente motivazione:

…., in vicende del tutto sovrapponibili al caso in esame, anche a non voler considerare tale circostanza fattuale, quanto statuito da Cass. pen., Sez. 1, Sentenza n. 9890 del 05/02/2021, Rv. 280676 – 01, secondo cui “Non risponde del reato di cui all’art. 650 cod. pen. lo straniero che non ottemperi all’invito a presentarsi presso l’Ufficio immigrazione della Questura ai fini dell’espulsione dal territorio nazionale in quanto l’ordine di allontanamento del Questore ed il relativo procedimento descritto dall’art. 14 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 non possono essere surrogati da altri atti.

Trattasi di impostazione ormai costante seguita dalla più recente giurisprudenza della Suprema Corte la quale ha più volte affermato che il cittadino di un Paese terzo, il quale sia sorpreso nel territorio nazionale senza il permesso di soggiorno o altro documento attestante la sua regolare presenza in Italia, è persona indiziata del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, previsto dal d.lgs. 26 luglio 1998, n. 286, art. I0-bis (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in seguito T.U. imm.), come integrato dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, recante: “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, il cui art. 1, comma 16, letto a), ha introdotto il detto art. I0-bis.

Come persona sottoposta alle indagini “lo straniero irregolare è, quindi, passibile di identificazione anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti, a norma dell’art. 349 c.p.p., commi 2 e 2 bis, nel rispetto della dignità personale e previa autorizzazione del pubblico ministero; e, solo in caso di rifiuto ovvero di generalità o documenti di identificazione di dubbia autenticità, lo straniero privo di titolo di soggiorno, è sottoposto, come ogni altro indagato nella medesima situazione, ad accompagnamento e trattenimento coattivo negli uffici di polizia per il tempo strettamente necessario per la sua identificazione e, comunque, non oltre le dodici ore, ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore, se l’identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l’assistenza dell’autorità consolare” o di un interprete, in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente (art. 349 c.p.p., comma 4, come integrato dal D.L. 27 luglio 2005, n. 144, art. 10 comma 2, conv. con modif. in L. 31 luglio 2005, n. 155); salvo, in ogni caso, l’obbligo della polizia giudiziaria di dare immediata notizia al pubblico ministero dell’accompagnamento e dell’ora in cui è stato compiuto, al fine di consentire all’Autorità giudiziaria di ordinare il rilascio della persona se non ricorrono le condizioni che legittimano l’accompagnamento (art. 350 c.p.p., comma 5). Le altre attività a iniziativa della polizia giudiziaria nei confronti della persona sottoposta ad indagini sono disciplinate negli artt. 350, 352 e 354 c.p.p., nel rispetto delle garanzie difensive e con tempestiva informazione e controllo da parte del pubblico ministero.

Tale quadro di interventi, previsto in generale con riguardo a tutte le persone nei cui confronti vengono svolte indagini, trova puntuale eco nelle disposizioni contenute nel TU imm., cit., in tema di identificazione dello straniero e di richiesta allo stesso di informazioni o atti (art. 6, commi 4 e 5, TU imm.).

Ne consegue, secondo la Suprema Corte, che la qualità di persona sottoposta alle indagini dello straniero illegalmente presente nel territorio dello Stato, in relazione alla contravvenzione prevista dall’art. I0-bis, comma 1, T.U. imm., lo rende titolare dei diritti e delle garanzie dell’imputato a norma dell’art. 61 c.p.p., e, dunque, esclude che lo stesso possa essere destinatario, a causa dell’accertamento della sua posizione irregolare, di provvedimenti dell’Autorità la cui inosservanza sia ulteriormente e autonomamente sanzionata in sede penale. Va, pertanto, affermato che l’inottemperanza della persona sottoposta alle indagini all’ordine di presentarsi alla polizia giudiziaria per essere compiutamente identificata ovvero per “regolarizzare la propria posizione di immigrato clandestino”, è sanzionata attraverso la possibilità di disporre l’accompagnamento forzato, ma “non integra la sussidiaria contravvenzione di cui all’art. 650 c.p., la quale opera solo quando la violazione dell’obbligo, imposto da un ordine autorizzato da una disposizione di legge o di regolamento, ovvero da un legittimo provvedimento dell’autorità, non trovi nell’ordinamento altra specifica sanzione, la quale, pur costituendo la reazione apprestata dall’ordinamento giuridico ad un comportamento inosservante, non deve necessariamente rivestire il carattere dell’obbligatorietà, né quello penale, potendo anche avere natura amministrativa o processuale.

Né va trascurato che il diritto di difesa, inviolabile per l’imputato come per la persona sottoposta ad indagini, comprende anche il rifiuto di comportamenti che siano collaboranti con l’Autorità di polizia e giudiziaria, senza che esso esponga l’interessato a sanzione addirittura di rilievo penale” (cfr. Cass. pen., Sez. 1, Sentenza n. 12923 del 03/12/2013, Rv. 259542 – 01)”.

La trasposizione di tali princìpi pretori al caso di specie giustifica comunque una pronuncia assolutoria del cittadino albanese ex art. 530, comma 1, c.p.p. per materiale insussistenza del fatto di reato a lui addebitato.

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Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.