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Austria, dove per essere accolti bisogna lottare

In Tirolo 16 richiedenti asilo hanno denunciato le pessime condizioni dell'accoglienza

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L’odissea di 16 persone migranti, supportate da attiviste e attivisti del Tirolo, si è conclusa dopo uno sciopero della fame e un incredibile rimbalzo di responsabilità tra la Regione alpina e lo Stato centrale austriaco.

Le 16 persone, provenienti dalla rotta balcanica e originarie della Siria, Iraq e Turchia, hanno deciso di fermarsi ad Innsbruck e fare richiesta di asilo; è partito così un rimpallo di responsabilità tra Vienna e il Tirolo su chi effettivamente dovesse prendersi in carico l’accoglienza di suddette persone lamentando il fatto che non ci sono posti a disposizione.

Una scusa paradossale nel momento in cui il Tirolo austriaco apre puntualmente le proprie porte a turisti ed è uno dei territori con più strutture ricettive dell’intero arco alpino. Certo in questo caso non ci troviamo di fronte a turisti benestanti, ma a richiedenti asilo che sono stati costretti a lasciare il proprio Paese e, proprio per questo, dovrebbero vedersi garantiti dei diritti fondamentali sanciti nelle principali Convenzioni internazionali alle quali anche l’Austria deve attenersi in quanto firmataria.

Malgrado ciò, in autunno inoltrato e con le temperature già attorno allo zero, il Tirolo decide di sistemare “temporaneamente” il gruppo in tenda in un campo ad Absam, ad una quindicina di chilometri da Innsbruck.

Uno dei tanti abusi che avvengono sistematicamente a molte persone in transito che attraversano il territorio austriaco per raggiungere l’Italia o i paesi scandinavi verso nord. Ce lo conferma una attivista solidale di Innsbruck che ha sostenuto la protesta dei richiedenti asilo: «Le persone, siano in transito, o determinate a fare richiesta di asilo in Austria, sono già state vittime di respingimenti violenti lungo le rotte balcaniche e una volta che provano a superare i confini austriaci subiscono spesso altre violazioni dei diritti basilari. Chi si imbatte nella polizia austriaca, cosa consuetudinaria visto l’utilizzo sistematico della profilazione razziale, racconta di espulsioni sommarie, sequestri di oggetti personali, torture psicologiche». Emblematico è il caso avvenuto qualche mese fa ad un nutrito gruppo di migranti nei pressi del Brennero, al confine tra Italia e Austria.

Nulla di nuovo sotto il sole, le solite pratiche emergenziali messe in atto nel momento in cui è chiara la volontà di spedire le persone in altri posti. Non è un mistero che l’Austria stia “copiando” le pratiche dei paesi balcanici nei quali i campi di accoglienza sono diventati luoghi di confinamento; a tal proposito vedasi il campo costruito a Bihac, in Bosnia, di fatto un non luogo disperso e appositamente ben nascosto.

Ma a differenza di altre volte dove gli abusi rimangono invisibili, in questo caso le 16 persone hanno deciso di lottare e di far conoscere la loro storia e hanno trovato il sostegno dei gruppi antifascisti e antirazzisti. Martedì 25 ottobre hanno iniziato uno sciopero della fame con cui hanno denunciato le precarie condizioni igienico sanitarie della tendopoli; nel frattempo gli attivisti e le attiviste si sono date appuntamento ad Absam per sabato 28 ottobre organizzando un presidio composito per denunciare il fallimento strutturale e politico dell’accoglienza austriaca.

Lo sciopero della fame e la mobilitazione hanno portato ad un primo risultato: il giorno dopo, il 29 ottobre, è stata trovata una soluzione ponte e le persone sono state trasferite in un capannone nell’area urbana di Innsbruck.

«Nonostante condizioni migliori, anche in vista dell’inverno, la prassi resta comunque quella dell’emergenza e della ghettizzazione. La tendopoli di Absam andrebbe smantellata ma è ancora lì, quasi da monito ai futuri richiedenti asilo» sottolinea l’attivista.

Non molto diverso da quello che succede dall’altra parte del confine, in Italia, in particolare a Bolzano e Trento che a breve saranno invase da orde di turisti per i mercatini di Natale e l’accoglienza non è garantita1 e continua ad essere di tipo emergenziale o in capannoni industriali.

  1. A Trento, come ha denunciato l’Assemblea Antirazzista, oltre 300 richiedenti asilo non sono accolti dalla Provincia nel sistema di accoglienza

Matteo De Checchi

Insegnante, attivo nella città di Bolzano con Bozen solidale e lo Spazio Autogestito 77. Autore di reportage sui ghetti del sud Italia.
Membro della redazione di Melting Pot Europa.