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Colibrì, we love you!

Il quarto episodio del reportage «Crepa. Testimonianze e riflessioni dal Mediterraneo centrale»

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«Crepa» nasce dalle esperienze ed emozioni che ho vissuto a bordo del veliero Nadir di RESQSHIP, l’ONG tedesca proprietaria della nave, durante una missione di monitoraggio, ricerca e soccorso. E’ un racconto in cinque articoli che escono ogni mercoledì di novembre, a partire dal 2 novembre 2022: un giorno infame per il rinnovo del Memorandum tra Italia e Libia. «Crepa» è una parte di quello che vorrei dire alla fortezza Europa 1.

Ph: Sea-Watch

E’ l’ultimo giorno di missione, siamo stanchə ma felici di aver fatto tutto quello che abbiamo potuto. In cielo vola un aereo, lo guardiamo e lo riconosciamo, è Colibrì!

Colibrì di Pilotes Volontaires è stato con noi fin dai primi giorni di missione. E’ uno degli aerei da ricognizione che aiutano la civil fleet ad individuare e confermare casi di imbarcazioni in pericolo, sono veri alleati dei cieli. Tra noi e Colibrì c’è complicità: quando ci vedono, hanno l’abitudine di girare una volta attorno alla Nadir e testare la comunicazione radiofonica, prima di continuare il loro percorso di ricognizione. Una manovra che è anche un abbraccio, e quando la compiono per l’ultima volta, guardo Abbi e Niels, mi dicono “”, prendo la radio e mi esce “Colibrì we love you!”. “We love you too”, rispondono.

In questo articolo parlo della cooperazione e degli scambi che abbiamo avuto con altri attori e attrici della società civile. Un universo variegato, fatto di navi della civil fleet, aerei da ricognizione, associazioni con expertise medica a bordo di Charlie Papa o a terra, associazioni che forniscono la prima accoglienza a terra, per fare solo alcuni esempi.

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L’inizio delle operazioni di salvataggio del nostro secondo e terzo caso è marcato dagli scambi con Seabird, l’aereo da ricognizione dell’associazione Sea-Watch. Io sono sul ponte della Nadir e sento il loro messaggio di allerta via radio. Non solo confermano la posizione dell’imbarcazione in difficoltà di cui abbiamo saputo pochi minuti prima, ma lanciano anche un mayday relay per un altro caso, di cui non sapevamo. É un mayday relay che segue perfettamente le convenzioni della comunicazione radiofonica. Descrivono le imbarcazioni, circa quaranta persone in ognuna, senza giubbotti di salvataggio, senza un motore funzionante, le onde sono alte e le barche rischiano di capovolgersi. Dietro alla precisione della comunicazione, pero’, percepisco chiaramente il nodo alla gola dell’umano, la sua angoscia.

Quell’angoscia si scioglie solo ore dopo. Mentre noi stiamo ancora effettuando il soccorso della prima barca, Seabird continua a sorvolare la seconda, non la perdono di vista, per lunghe ore. Quando finalmente con la Nadir ci muoviamo verso la loro posizione, è quasi notte e i giri concentrici e luminosi di Seabird sono veramente utili per non sbagliare direzione.

Avvistiamo l’imbarcazione con le persone, facciamo sapere a Seabird che abbiamo un contatto visivo e ci rispondono che sono contentə, “sollevatə”, aggiungono.

Il giorno dopo i soccorsi il mare è molto agitato, si prevede una tempesta e dobbiamo trovare un riparo a Lampedusa. Poco dopo aver attraccato al molo, salgono sulla Nadir amici, compagne, attivisti. Arriva l’equipaggio di Colibrì, ci abbracciamo. Mentre mangiamo i cannoli che il personale medico volontario a bordo della Charlie Papa ha portato, parliamo dei trasbordi effettuati tra la Nadir e la guardia costiera italiana, loro ci rassicurano sulle condizioni di salute di alcune delle persone soccorse. Parliamo anche con l’equipaggio di Seabird con cui abbiamo collaborato il giorno prima, incontro la persona che ha lanciato il mayday relay e ci raccontano le operazioni dal loro punto di vista, di come, ad esempio, avevano quasi finito il carburante quando hanno avuto l’ultima comunicazione radio con noi, sulla Nadir.

Ph: SOS Méditerranée (maggio 2022)

La sera conosco una volontaria per un’associazione che presta prima accoglienza al momento dello sbarco, mi mostra il molo Favarolo. Mi indica i bagni disponibili sul molo, che a causa di un limbo amministrativo non erano tenuti puliti. Mi spiega anche che durante lo sbarco non è prevista una distribuzione di bottiglie di acqua da parte del sistema di accoglienza ufficiale, sono le associazioni che devono procurarle -a me torna in mente una delle persone soccorse, che ci aveva raccontato di non aver mangiato né bevuto da giorni.

Stare a Lampedusa ci permette finalmente di mettere facce dietro alle organizzazioni con cui collaboriamo, scambiare opinioni e confrontarci. Non ci sono perà gli equipaggi delle altre imbarcazioni della civil fleet attive durante la nostra missione: la Geo Barents di MSF, la Open Arms Uno (OA1) di Proactiva Open Arms e la Louise Michel. Mi sarebbe piaciuto fare conoscenza di persona con gli equipaggi di altre navi, parlare delle operazioni passate e delle reciproche esperienze.

Uno dei coordinamenti più stretti lo abbiamo avuto con la OA1. Siamo al largo della costa tunisina, davanti ad una piattaforma di estrazione petrolifera. L’imbarcazione in difficoltà che cerchiamo di soccorrere nella notte è riuscita a raggiungere la piattaforma e ad essere soccorsa dal personale. Sappiamo che una delle persone non ce l’ha fatta, e che la salma è stata lasciata a bordo dell’imbarcazione alla deriva. Decidiamo con la OA1 di condurre un’operazione di ricerca congiunta, seguendo rotte complementari, per trovare la persona deceduta. Spendiamo la notte illuminando le onde e guardando il radar, vedo in lontananza la OA1 che scruta il mare girando il suo occhio ciclopico – hanno una luce che sembra un piccolo faro galleggiante. All’alba riusciamo ad avvistare l’imbarcazione, e la OA1 prende a bordo la salma.

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Un’associazione meno visibile fisicamente, perché non opera navi o aerei, ma che in qualche maniera è sempre stata presente durante la nostra missione è Alarm Phone (AP). La linea telefonica che l’associazione mantiene attiva 24 ore su 24 da ormai oltre otto anni ha salvato migliaia di persone. Una volta ricevuta una richiesta di soccorso, AP dirama l’informazione all’autorità della zona SAR competente, aggiungendo in copia alle email le imbarcazioni della civil fleet. Il lavoro di AP è fondamentale anche per documentare il rispetto, o meno, delle norme internazionali da parte degli stati.

La rete di connessioni tra organizzazioni della società civile moltiplica quelle che sono risorse limitate. Si tratta di un cerotto inadeguato che non può essere in grado di sostituire lo stato, ma si trova spesso a fare i conti con la sua assenza, o con la sua presenza ostile ed ostacolante. Eppure le collaborazioni con lo stato sono possibili e già sperimentate: tra il 2014 e il 2017, la maggior parte delle operazioni di soccorso sono state iniziate e coordinate dalle autorità italiane, che sollecitavano le navi più vicine ad assistere le imbarcazioni in difficoltà. Le navi della civil fleet costituivano un asset fondamentale dato che la capacità istituzionale era stata indebolita dal termine dell’operazione Mare Nostrum 2. Successivamente il deterioramento della situazione politica determina la fine di quel coordinamento, ad un prezzo altissimo in termini di vite. Il prossimo articolo conclude “Crepa” e parla di politiche europee.

  1. Le opinioni contenute in questi articoli sono personali
  2. From “Angels” to “Vice Smugglers”: the Criminalization of Sea Rescue NGOs in Italy, Springer Link (2021)

Pietro Desideri

E se i confini non esistessero? Cerco di trovare risposte (spoiler: si starebbe meglio). Lavoro in programmi di cooperazione internazionale, dove porto una prospettiva anticoloniale e antirazzista.
Ho approfondito le tematiche legate all'asilo e all'immigrazione vivendo a Lesbo, in Grecia. Ho partecipato a una missione SAR con l'associazione RESQSHIP, a bordo della Nadir. Mi piace il copyleft e Banksy.
Per contattarmi: [email protected]