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Foto: Manifestazione a Macerata (10 febbraio 2018)

La strada verso una politica anti-immigrazione e anti-diritti

Stiamo tornando al periodo dei decreti sicurezza?

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A meno di un mese dall’insediamento del governo Meloni, è già chiara ed evidente quale sia la strada che si voglia intraprendere per quanto riguarda le migrazioni. Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi e Matteo Salvini non hanno minimamente velato che la loro intenzione è quella di attuare una politica anti-immigrazione basata su decreti di sicurezza, porti chiusi, accordi bilaterali, blocchi partenze, richieste d’asilo negate e rimpatri forzati. Hanno mostrato all’intera Europa la direzione intrapresa dal nuovo esecutivo quando a inizio novembre hanno cercato a tutti i costi d’impedire l’approdo di 1.078 persone tentando una nuova forma di selettività: “Tu sei fragile puoi scendere, tu non sei abbastanza fragile non puoi scendere”.

Ma la strada scelta non è una sorpresa perché i programmi politici erano ben chiari dal principio. Il sesto paragrafo del programma di coalizione di centrodestra (che forse potremmo in realtà ammettere essere una coalizione di estrema destra, così come la chiamano tutti i giornali internazionali) è interamente dedicato alla sicurezza e al contrasto all’immigrazione illegale. Già solo dal titolo, per l’utilizzo del termine “illegale”, capiamo fin da subito che la volontà del centrodestra è quella d’imporre una politica anti-immigrazione. Il primo punto del capitolo è “decreti sicurezza”: per sconfiggere l’immigrazione illegale la coalizione di estrema destra vuole reintrodurre il sistema previsto dal decreto sicurezza.

Ritorno al 2018?

Se guardiamo a un’inchiesta di openpolis, ci rendiamo conto che tra ottobre 2018 e dicembre 2020, i due anni in cui sono stati attivi i decreti sicurezza di Matteo Salvini, «si è assistito a livelli maggiori di irregolarità nella posizione dei migranti italiani, a una minore inclusione sociale e a cambiamenti nel sistema per richiedenti asilo e rifugiati che vanno nella direzione opposta al modello dell’accoglienza diffusa». Nei due anni in cui i decreti erano attivi, le presenze all’interno del sistema d’accoglienza sono dimezzate a causa del precedente decreto Minniti e della riduzione degli sbarchi, a sua volta causata da decisioni e accordi come il Memorandum Italia-Libia firmato da Gentiloni e Al-Sarraj nel 2017.

Il DL 113/2018 (poi convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132) e il DL 53/2019 , conosciuto come “Decreto sicurezza bis”, avevano lo scopo narrato di garantire nella società italiana una maggiore “sicurezza” e hanno abolito la protezione umanitaria e smantellato il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). Il permesso di soggiorno per protezione umanitaria era «una forma di protezione residuale che poteva essere offerta a chi non riceveva lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria ma che al contempo non poteva essere allontanato dall’Italia per ragioni oggettive», che viene sostituita con un permesso per casi speciali di durata minore, non convertibile e con meno tutele che consiste «nella concessione di un permesso di soggiorno per casi considerati speciali, di grave stato di malattia, di contingenze di eccezionale calamità o per atti di particolare valore civile».

Lo SPRAR «il luogo della seconda accoglienza», sistema volto all’inclusione e all’accompagnamento verso l’autonomia di un numero maggiore di beneficiari, si trasforma nel Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI): sono solo i titolari di status di rifugiato e protezione sussidiaria a poter accedere a veri programmi d’inclusione e accoglienza. I titolari di protezione umanitaria, o casi speciali, e i richiedenti asilo non possono accedervi e devono aspettare l’esito della loro domanda all’interno dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), cosa che ha limitato non solo l’apprendimento linguistico, ma anche l’orientamento lavorativo.

Ma non solo il decreto Salvini si è rilevato essere inefficace, ma «crea le condizioni per una maggiore irregolarità, che è poi il problema che afferma di voler risolvere. Un fenomeno che si ripercuote sia sui richiedenti asilo stessi, che vedono violati i propri diritti fondamentali, che sulla collettività nel suo complesso, che non trae beneficio dalla presenza di persone marginalizzate, impossibilitate a ricoprire un ruolo attivo nella società».

I decreti sicurezza non hanno fatto altro che escludere e marginalizzare i richiedenti asilo.

Inoltre l’aver eliminato la protezione umanitaria ha aumentato il numero d’irregolari poiché è stata respinta la domanda d’asilo a molti richiedenti: nel 2019 l’81% delle domande d’asilo non sono state accettate.

Inoltre, stando a uno studio dei ricercatori Augusto Cerqua e Federico Zampollo1 riportato sempre da openpolis, nei Comuni in cui al potere vi è una coalizione di destra con un’ideologia e politica anti-immigrazione, «scatta un effetto di inospitalità che influenza la scelta dei cittadini stranieri di vivere in quei territori». È importante sottolineare che la freddezza e l’inospitalità nei confronti di persone straniere e/o immigrate non è dovuta solamente dalle decisioni dell’amministrazione e della politica locale, ma anche dalla popolazione e dalla percezione che questa ha degli stranieri. Tale percezione, paura, incertezza è il risultato della propaganda anti-immigrazione che da anni la destra italiana, e non solo, mette in atto. È molto interessante guardare all’impatto che tale propaganda ha avuto e continua ad avere sulla percezione che gli italiani hanno per quanto riguarda la presenza di stranieri in Italia. Secondo uno studio di Ipsos del 2019, la popolazione italiana crede che la quota di stranieri presente sul territorio italiano sia pari al 31% quando in realtà «rappresentano meno del 9% della popolazione». La propaganda anti-immigrazione che danni è messa in atto, ha raggiunto il suo obiettivo: costruire una percezione distorta della realtà e la costruzione di un clima di paura e odio.

Foto: Rete Antirazzista Catanese

Ritorna il teorema contro i salvataggi

Un grande nemico dei partiti e dei governi di destra sono le ONG che operano salvataggi in mare. ONG che sono state spesso chiamate “taxi del mare”, che sono state accusate di traffico di esseri umani, ancora oggi sotto processo. E anche con questo governo, puntuale come un orologio svizzero, arrivano le accuse. Il 14 novembre, durante il Consiglio europeo dei ministri degli esteri a Bruxelles, il ministro Tajani non solo ha accusato nuovamente le ONG di agire in collusione con i trafficanti di esseri umani, ma ha aggiunto che «un conto è il soccorso in mare, altra cosa è avere un appuntamento in mezzo al mare, una cosa completamente diversa […]. La verità vera è che dovrebbero essere le navi mercantili a fare il soccorso in mare; evidentemente ci sono delle ong che fanno un lavoro diverso per lasciare libere le navi mercantili dall’obbligo di soccorrere le persone in mare».

Tali accuse erano già state mosse da Matteo Salvini tra il 2017 e il 2018 ed era già stato verificato l’infondatezza di tali accuse: non vi è alcuna collusione tra ONG e trafficanti. Inoltre Tajani dichiara che venga redatto un codice di condotta europeo per regolare le operazioni delle navi umanitarie, ma tale codice in Italia è già stato approvato nel 2017 e si tratta comunque di un codice che «non può scavalcare il soccorso in mare prescritto dalle convenzioni internazionali di cui l’Italia è firmataria». Quella contro le ONG è una battaglia disumana che puntualmente ogni governo e ministro di destra, ma non solo, decide di intraprendere per continuare a cavalcare l’onda di politiche anti-migratorie e di odio e continuare a guadagnare elettori. Per ora la risposta della Commissione europea continua ad essere molto ferma dichiarando che «il primo obbligo dei paesi è salvare vite in mare senza fare differenze tra navi delle ong e altri navi». Da una parte non lascia spazio alle richieste dell’Italia, ma dall’altra non assume le proposte che giungono dalla flotta di soccorso civile che invece chiede una messa in discussione radicale delle politiche sull’immigrazione, con un dirottamento dei fondi usati per il controllo militare dei confini a missioni europee di soccorso e salvataggio nel Mediterraneo.

Primi effetti dell’insediamento del governo Meloni?

Ma la politica anti-migratoria non è un prerogativa solo del governo Meloni o delle amministrazioni di destra, ritroviamo le stesse dinamiche inospitali nelle questure italiane che cercano in tutti i modi di ostacolare l’accesso alle procedure di protezione internazionale. È questo quanto emerge dall’inchiesta di AltrEconomia nel numero di novembre: diverse questure richiedono delle vere e proprie prove di ospitalità che un «richiedente asilo appena arrivato in Italia con le proprie gambe e non inserito in accoglienza non potrà mai avere, o addirittura certificati di famiglia in caso di figli minori al seguirò tradotti e legalizzati dalle ambasciate di quei paesi da cui le persone stanno fuggendo». Quelle che mettono in atto le questure italiane sono delle prassi illegittime più volte sanzionate dai Tribunali poiché si tratta d’iniziative repressive e illogiche.

Ma per capire meglio quali sono le prassi illegittime messe in atto dalle questure, è necessario ricordare quali sono le direttive europee fatte proprie dall’ordinamento italiano in merito alle richieste d’asilo. Tali direttive prevedono «che la richiesta di asilo vada presentata dall’asilante all’ufficio di polizia di frontiera all’atto di ingresso nel territorio dello Stato oppure alla questura competente in base al luogo di dimora. Gli Stati possono sì esigere che le domande vengano fatte personalmente dal richiedente e/o in luogo designato ma allo stesso tempo è previsto che anche autorità non considerate competenti per la registrazione debbano accoglierle, e che la registrazione venga effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione». È importante sottolineare ciò che recita l’art. 6.6 della direttiva 2013/33/EU, nota anche come Direttiva accoglienza, vale a dire che «gli Stati membri non esigono documenti inutili o sproporzionati né impongono altri requisiti amministrativi ai richiedenti prima di riconoscere loro i diritti conferiti dalla presente direttiva, per il solo fatto che chiedono protezione internazionale». Le questure dovrebbero limitarsi esclusivamente a ricevere la «manifestazione della volontà di chiedere asilo e a procedere di lì a poco alla sua formalizzazione attraverso la compilazione dell’apposito modulo (C3)».

Purtroppo vi sono fior fior di precedenti che mostrano come le questure non solo non seguano le direttive europee, ma facciano tutt’altro. Molte questure esigono che le persone migranti che vogliano fare domanda d’asilo «vengano invitati a formalizzare l’istanza anche tramite il deposito della comunicazione d’ospitalità». Per questa prassi, ad esempio, la questura di Pordenone è stata contestata dalla Sezione specializzata in materia d’immigrazione del Tribunale di Trieste. Nell’ordinanza il Tribunale ha dichiarato «La pretesa che uno straniero, il quale si dichiari da poco entrato clandestinamente in Italia, debba avere a sua disposizione una dimora intesa quale ‘autonoma sistemazione’ al fine di presentare domanda di protezione internazionale è illegittima, ma è ancor prima illogica. Si fatica invero a comprendere come questo soggetto […] possa procurarsi una ‘autonoma sistemazione’ senza esporre altri alla commissione di reati di favoreggiamento». Passiamo ora ad Alessandria la cui questura richiede «la dichiarazione di ospitalità oltre ai certificati attestanti i legami parentali già in possesso delle famiglie con minori». Anche in questo caso il Tribunale di Torino si è espresso in merito a una causa promossa dall’avvocato Veglio la cui ordinanza dichiara che «Non è legittimo l’operato della questura di Alessandria che non ha proceduto alla registrazione della domanda sulla base dell’omessa produzione di documentazione non prevista da alcuna normativa». L’inchiesta di AltrEconomia, come del resto diversi articoli e le sentenze che trovate su Melting Pot, rivelano come ogni questura faccia come creda senza seguire le direttive, ovunque vigono regole diverse.

Non sono solo le procedure amministrative ad essere problematiche nonché un vero e proprio ostacolo per i richiedenti asilo, ma anche l’accesso agli uffici burocratici è un problema. È quello che succede a Milano dove le persone a luglio 2022 erano costrette passare la notte all’esterno degli uffici della questura per sperare di poter entrare dal momento che non vi è la possibilità di prendere appuntamento. È importante sottolineare come molte di queste persone abbiano ricevuto ordini di allentamento e sanzioni da 100€.

Riportiamo le parole di Gianfranco Schiavone che afferma che «il diritto di asilo è innanzitutto poterlo chiedere: se questa possibilità non esiste o viene ostacolata si tratta di un diritto solo proclamato ma non accessibile»

L’avvocata Barbara Spinelli ha dichiarato che «la più grave forma di violazione del diritto di asilo è rappresentata dalle prassi illegittime, più o meno gravi e sistematiche, poste in essere dalle questure in tutta Italia, che ne ostacolano l’esercizio effettivo. […] Al contempo assistiamo anche a una gravissima compressione del diritto all’assistenza legale, il cui esercizio è garantito dalla legge per tutta la durata della procedura: impedire l’accesso degli avvocati all’Ufficio immigrazione, sia fisicamente sia eliminando caselle mail, sia negando ogni possibilità di interlocuzione alle volte anche con le rappresentanze istituzionali dell’avvocatura, è un chiaro segno che l’amministrazione apertamente discrimina gli stranieri, richiedenti asilo inclusi, nell’accesso all’esercizio di diritti fondamentali»

Quello a cui siamo di fronte è un Paese che continua a lucrare sulla vita di esseri umani. Giocare e fare propaganda sulla pelle di esseri umani che hanno deciso di allontanarsi dal loro paese per situazioni pericolose, ecco cosa fanno le persone al potere. Questi sono tutti esempi di come le persone in situazioni di privilegio utilizzino quest’ultimo e il loro potere per impedire che altri esseri umani possano godere dei loro diritti e libertà.

  1. Deeds or words? The local influence of anti-immigrant parties on foreigners’ flows, Augusto Cerqua and Federico Zampollo

Lara Aurelie Kopp Isaia

Attivista e studentessa magistrale di Peace and Conflict studies.
Scrivo e mi interesso di diritti umani, migrazione, diseguaglianza. Collaboro con due associazioni che si occupano di educazione informale. Cerco di raccontare in modo semplice che l’Altro non fa paura, che non è diverso e che non bisogna essere indifferenti.