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Principio di non respingimento in Messico: questo sconosciuto

La denuncia di Sin Fronteras

Sin Fronteras è un’organizzazione messicana che lavora per contribuire a cambiare le condizioni in cui si verificano le migrazioni internazionali. Nel seguente articolo pubblicato da Animal Político, Ariadna Cano Cuevas, avvocata responsabile dell’Area Asilo della ong, denuncia come sistematicamente in Messico non venga applicato il principio di non refoulment.


Nonostante l’obbligo di accertare le esigenze di protezione internazionale, l’Istituto nazionale per le migrazioni pone maggiore enfasi sulla criminalizzazione, la detenzione e il respingimento delle persone in mobilità umana, considerando poco o per nulla i rischi che corrono nei loro Paesi d’origine.

Il principio di non respingimento è la pietra miliare del diritto internazionale dei rifugiati e consiste nel non espellere o respingere, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche 1.

Il Messico, in quanto parte della Convenzione sullo statuto dei rifugiati e del suo Protocollo del 1967, è tenuto a rispettare questo principio fondamentale e, di conseguenza, a garantire che nessuna persona soggetta a protezione internazionale venga rimpatriata in un Paese in cui sarebbe in pericolo.

Tuttavia, il divario tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere è molto ampio. Recentemente, grazie al lavoro di diverse organizzazioni della società civile, abbiamo rilevato diversi casi di richiedenti asilo e rifugiati che sono stati rimpatriati nei loro Paesi d’origine.

Purtroppo non esiste un registro pubblico nazionale che indichi la frequenza con cui si verificano questi casi, ma è altrettanto preoccupante che si tratti di una o migliaia di persone, perché non si tratta solo di numeri, ma di vite messe a rischio dall’irresponsabilità dello Stato messicano.

Ciò riguarda allo stesso modo le persone con esigenze di protezione internazionale, indipendentemente dal loro profilo, dal genere o dall’età, anche gli adolescenti sono stati vittime. Non importa se la persona si trovi in una situazione migratoria regolare o irregolare in Messico, poiché anche coloro che sono in possesso di un documento migratorio valido sono stati rimpatriati.

Questo contesto è dovuto alla gestione arbitraria degli agenti dell’Istituto Nazionale per le Migrazioni (INM) 2, che, nonostante siano obbligati ad accertare le esigenze di protezione internazionale, danno maggior peso alla criminalizzazione, alla detenzione e al rimpatrio delle persone in mobilità umana, indipendentemente dal rischio che corrono nei loro Paesi.

Inoltre, un fattore ulteriore che permette che casi di questo tipo si verifichino è la quasi inesistenza di comunicazione e coordinamento tra l’INM e la Commissione messicana per l’aiuto ai rifugiati (COMAR), nonostante entrambi appartengano al Ministero dell’Interno. In molte occasioni anche se la persona manifesta l’intenzione di chiedere asilo, è in procinto di presentare domanda al COMAR o è già stata riconosciuta come rifugiata, gli agenti non svolgono le procedure corrispondenti per confermare queste informazioni e, di conseguenza, mettono in atto il respingimento.

Di fronte a questa situazione, è urgente che lo Stato messicano rivaluti gli impegni assunti in termini di protezione internazionale e le misure che sta adottando per rispettarli pienamente. Si tratta, in primo luogo, di risarcire le vittime dirette e indirette di questi atti, che spesso ne subiscono le conseguenze, soprattutto psicologiche e fisiche; e, in secondo luogo, di garantire che non si ripeta, in modo che chiunque fugga dal proprio Paese trovi vero rifugio in Messico.

  1. Articolo 33 della Convenzione del 1951 sullo statuto dei rifugiati
  2. A volte accompagnati anche da componenti della Guardia Nazionale