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Reato di clandestinità. Alcune riflessioni su un caso di assoluzione di una famiglia albanese che ha richiesto l’autorizzazione ex art. 31 T.U.

Giudice di Pace, sentenza del 29 settembre 2022

Il caso riguarda una famiglia di cittadini albanesi i quali avendo stabilito la loro dimora in Puglia ed avendo instaurato stabili legami con il contesto scolastico, sociale e lavorativo presentavano la domanda di autorizzazione alla permanenza nel territorio nazionale ai sensi dell’art. 31, comma 3 del D.lgs. n. 286/98.

Senonché con la presentazione del ricorso auto denunciavano la loro presenza irregolare e, conseguentemente, venivano segnalati alla Procura della Repubblica per il reato di cui all’art. 10 bis del D.Lgs. n. 286/98 “perché si intrattenevano illegalmente nel territorio dello Stato Italiano, in violazione delle disposizioni del Testo Unico nonché di quelle di cui all’art. 1 della legge 28.05.2007 n. 68“.

Assunta la difesa degli imputati si celebrava il dibattimento e la discussione si affidava alle seguenti riflessioni.

1) Alcune brevi considerazioni sul reato di clandestinità

Dalla lettura della norma di cui all’art. 10 bis del D.Lgs. n. 286/98 è agevole notare che le fattispecie incriminatici sono due: da un lato “il fare ingresso nel territorio nazionale”, e dall’altro “il trattenersi illegalmente”. Entrambe le condotte devono contrastare con le disposizioni amministrative del D.Lg.s. n. 286/98 che disciplinano l’ingresso ed il soggiorno.

In ordine alla condotta di cui all’ingresso illegale si osserva quanto segue:

La contravvenzione di ingresso illegale si realizza con l’attraversamento dei confini, in qualunque modo avvenga (attraverso frontiere terresti o con il superamento del limite territoriale aereo o marino).
L’ingresso deve avere luogo “irregolarmente”, cioè in violazione delle norme del D. Lgs. n. 286/1998 che disciplinano l’entrata nel territorio italiano (e anche di quelle, espressamente richiamate, di cui alla l. 28.5.2007, n. 68 che regola i soggiorni di breve durata degli stranieri per i quali non è richiesto il permesso di soggiorno: per visite, affari, turismo e studio).

Al Giudice di Pace veniva depositato il passaporto biometrico degli imputati spiegando che i predetti avevano effettuato un ingresso regolare in esenzione di visto cosi come avviene per i cittadini albanesi dal 15.12.2010 in ossequio al regolamento UE 1091.

Ai sensi dell’art. 4.1 TU, si deve considerare illegale l’ingresso:

1) avvenuto sottraendosi ai controlli dei valichi di frontiera, salvi i casi di forza maggiore, da parte di straniero non munito di passaporto valido o di un documento equipollente (e quindi secondo la giurisprudenza anche nei casi di ingresso avvenuto grazie a documenti falsi o ottenuti illecitamente;

2) avvenuto senza visto, salvi i casi di esenzione.

Non costituiscono reato invece, elencando i casi principali, gli ingressi avvenuti nelle seguenti ipotesi:

  • straniero che si presenta ai valichi di frontiera e, in mancanza di passaporto o di visto o di altri requisiti, è colpito da un provvedimento di respingimento alla frontiera disposto dall’ufficio di polizia di frontiera ai sensi dell’art. 10, co. 1 T.U. (che quindi esclude il reato di ingresso irregolare);
  • straniero che si presenta ai valichi di frontiera senza avere i requisiti previsti dalla legge, ma è temporaneamente ammesso nel territorio per necessità di pubblico soccorso (art. 10 comma 2), se la necessità del soccorso derivi da eventi non addebitabili alla responsabilità dello straniero (ad esempio lo straniero si è sentito male in volo o su una nave e viene portato a terra);
  • straniero entrato nel territorio dello Stato senza propria colpa (ad esempio lo straniero vittima di una tratta di persone) in quanto gli artt. 5 e 6 del Protocollo addizionale per combattere il traffico di migranti – legge 16.3.2006, n. 146 – prevedono in questi casi la non sottoposizione all’azione penale;
  • straniero che non possa essere comunque respinto verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione (art. 19, co.1 TU) (il divieto di respingimento opera d’ufficio, indipendentemente dalla anteriore o successiva presentazione di domanda di asilo o di protezione internazionale);
  • straniero che presenta tempestivamente domanda di protezione internazionale allo stesso valico di frontiera, o dopo l’arrivo nel territorio italiano prima dei controlli di frontiera, o dopo avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera se la presentazione della domanda avvenga prima dell’adozione di un provvedimento di respingimento disposto dal questore;
  • ingresso nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari che siano familiari di cittadini comunitari, allorché tali cittadini extracomunitari siano sprovvisti di documenti di viaggio e di visti e li rendano disponibili entro le 24 ore successive alla richiesta o dimostrino con altra idonea documentazione la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione (art. 5, co. 5 d.lgs. n. 30/2007).

In ordine alla condotta di cui alla permanenza illegale si osserva quanto segue:

Il reato di soggiorno illegale può aversi sia come prosecuzione dell’ingresso illegale nel caso in cui l’agente abbia fatto ingresso regolarmente entro i confini italiani e come trattenimento nel territorio dello Stato una volta che le condizioni della permanenza regolare siano venute meno.

Andando ad esaminare questa seconda fattispecie, le ipotesi più frequenti sono quelle di trattenimento sul territorio dello Stato:

  • senza aver presentato alla competente questura la domanda di rilascio del permesso di soggiorno (art. 5, co. 2 TU) dopo la scadenza del termine previsto di 8 giorni lavorativi dall’ingresso, salvo i casi di forza maggiore;
  • senza avere presentato la dichiarazione di presenza per soggiorni brevi (fino a 90 giorni per turismo, visite, studio, affari) all’ufficio di polizia di frontiera o alla competente questura dopo la scadenza termine previsto di 8 giorni successivi all’ingresso, salvo che il ritardo sia dipeso da casi di forza maggiore (art. 1 della legge 28.5.2007, n. 68);
  • oltre i 15 giorni dalla notifica o comunicazione del provvedimento di rifiuto del permesso di soggiorno richiesto (art. 12 reg. att. TU approvato con d.p.r. 31.8.1999, n. 394);
  • oltre la comunicazione o la notifica del rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno;
  • oltre la comunicazione o la notifica del provvedimento di revoca o di annullamento del permesso di soggiorno o del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
  • da parte di uno straniero che aveva presentato domanda di protezione internazionale e che non abbia ottemperato all’obbligo di lasciare il territorio dello Stato dopo il rigetto della sua domanda; dopo 60 giorni dalla scadenza del permesso di soggiorno senza aver presentato la domanda di rinnovo; oltre la scadenza di tre mesi dall’ingresso o oltre il minore termine indicato nel visto di ingresso da parte dello straniero che aveva presentato la dichiarazione di presenza per soggiorni di breve durata per visite, affari, turismo e studio (art. 1, co. 3 legge n. 68/2007;
  • oltre il sessantesimo giorno dall’ingresso da parte dello straniero munito di permesso di soggiorno rilasciato dall’autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, senza aver reso al questore la dichiarazione di presenza.

Orbene, tutte le ipotesi elencate non sono applicate al caso degli imputati i quali hanno presentato il ricorso ex art. 31 poiché in Puglia vivono unitamente ai figli minori che frequentano con profitto la scuola. E, quindi, hanno assolto all’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno.

2) In ordine alla condotta di cui all’art. 10 bis e le norme a garanzia dei minori e della famiglia si osserva quanto segue:

Per quanto riguarda la presenza dei minori irregolari nel territorio dello Stato, innanzitutto vanno ricordate le norme della Costituzione e quelle delle Convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia,
nonché le norme interne (in particolare, l’art. 37 bis l. n. 184 del 1983 e l’art. 19 TU d.lgs. n. 286/1998) da cui si trae il principio per cui il minore straniero che si trovi in Italia non può essere espulso (se non al seguito della propria famiglia) e comunque – specie se solo o in stato di abbandono – deve ricevere protezione sia sulla base delle stesse norme del TU D.Lgs. n. 286/1998 (artt. 31, 32, 33) sia in generale sulla base della legislazione italiana in materia di adozione, affidamento e interventi urgenti.

Da queste norme si desume il principio della inespellibilità del minore, anzi, di più: vi è l’obbligo di rendere legale la sua presenza, tanto che l’art. 28 del d.p.r. n. 394/1999 prevede espressamente la concessione del permesso di soggiorno “per minore età” come conseguenza del divieto di espulsione, oppure prevede il ricorso all’art. 31, comma 3 del D.Lgs. n. 286/98 da parte dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale per l’autorizzazione a permanere ed ottenere il permesso di soggiorno per “assistenza minori”, in deroga alle disposizioni dell’intero testo unico.

All’esito del dibattimento e della discussione il Giudice di Pace di Bari assolveva gli imputati.

Si ringrazia l’avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.