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Reingresso irregolare – Assolto dall’accusa: è rientrato in Italia per ricongiungersi con la figlia minore cittadina italiana

Tribunale di Roma, sentenza n. 10554 del 19 settembre 2022

Il Tribunale di Roma assolve un cittadino albanese dall’accusa di reingresso irregolare ai sensi dell’art. 13, comma 13 D. Lgs 25 Luglio 1998 n. 286 perché, attinto da precedente provvedimento di espulsione del Prefetto della Provincia di Roma in data 12.2.2021, poi materialmente eseguito, “rientrava nel territorio nazionale senza la speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno”. 

Nel caso in esame, il cittadino straniero era effettivamente rientrato senza autorizzazione in Italia ma al fine di riconoscere e ricongiungersi con la figlia minore cittadina italiana, la quale era nata mentre lo stesso si trovava in Albania a causa del rimpatrio forzato. Giunto in Italia, il cittadino straniero ha effettuato il riconoscimento della figlia e ha richiesto immediatamente alla Questura il rilascio del permesso di soggiorno quale familiare di cittadina italiana. E’ stato proprio in occasione di un appuntamento fissato dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma per il rilascio del permesso di soggiorno che lo stesso è stato tratto in arresto per il reato di cui all’art. 13, comma 13 D. Lgs 25 Luglio 1998 n. 286, arresto convalidato il giorno seguente dal Tribunale penale di Roma che ha poi proceduto nelle forme del rito direttissimo, concedendo tuttavia al difensore un termine a difesa.

Nelle more del procedimento penale, l’imputato ha anche presentato un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. presso il Tribunale civile di Roma per chiedere “il rilascio urgente della carta di soggiorno come familiare di cittadina UE ex art. 10 d.lgs. 30/07 e/o del permesso di soggiorno come familiare di cittadina UE”, titolo poi in effetti rilasciato dall’Ufficio Immigrazione in data 3 ottobre 2022, con conseguente decisione di cessata materia del contendere in sede civile.

Nell’ambito del giudizio penale è stato sostenuto dalla difesa che nel caso in esame il fatto non costituisse reato per mancanza dell’elemento materiale del reato oltre che per la mancanza dell’elemento soggettivo dello stesso. In particolare, è stato osservato che anche in tale caso fosse applicabile la scriminante di cui all’art. 13 comma 13 del  D. Lgs 25 Luglio 1998 n. 286 da intendersi comprensiva sia del ricongiungimento familiare che della coesione familiare in quanto due istituti che sono entrambi espressione del medesimo principio di tutela dell’unità familiare di rilievo costituzionale e convenzionale (art. 8 CEDU).

La sentenza penale, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa, ha ritenuto sussistente l’elemento materiale del reato, tuttavia, si ritiene comunque interessante per aver dichiarato con formula piena l’assoluzione del cittadino straniero perché il fatto non costituisce reato per mancanza dell’elemento soggettivo del reato. Si legge nella motivazione della sentenza in commento: “Rileva tuttavia il Tribunale come il fatto oggetto di contestazione difetta dell’elemento soggettivo del dolo non essendo la condotta rimproverabile al xxx incorso in errore sulla legge penale. Ed invero il quadro probatorio ha consentito di ricostruire che l’imputato si è recato, più volte, sempre in modo spontaneo, presso la Questura di Roma presso la quale è stato dato effettivamente avvio al procedimento amministrativo volto al rilascio della carta di soggiorno così ingenerando un indubbio legittimo affidamento sulla liceità della condotta tenuta. Segnatamente, dalla documentazione prodotta dalla difesa in sede di udienza di convalida è emerso che…l’imputato sia incorso in errore sul precetto penale con conseguente operatività della causa di esclusione della colpevolezza di cui all’art. 5 c.p.”

Si ritiene dunque che la sentenza, seppur non condivisibile nella parte in cui ritiene integrato il reato dal punto di vista oggettivo, sia comunque da apprezzare in quanto dichiara un’assoluzione con formula piena (e non per tenuità del fatto, come di recente affermato dalla Corte di Appello di Bari, con sentenza 1384/2022). Si auspica in ogni caso l’intervento del Legislatore, del Ministero o della Corte costituzionale che chiarisca la portata estensiva della scriminante in commento, onde evitare sistematiche espulsioni ed arresti di persone che hanno il pieno diritto di vivere in Italia per esercitare il diritto-dovere all’unità familiare.

Si ringrazia l’avv. Federica Remiddi dello Studio legale Antartide per la segnalazione e il commento. Il caso è stato seguito con gli avvocati Salvatore Fachile e Gennaro Santoro.