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Sbarchi selettivi illegittimi: personale sanitario denuncia USMAF all’ordine

Il Team Sanitario di Mediterranea ha segnalato le violazioni

Photo credit: Sos Humanity

Il Team Sanitario di Mediterranea Saving Humans segnala violazioni del Codice di Deontologia Medica da parte dell’USMAF in merito allo sbarco di naufraghi soccorsi dalle navi della Flotta Civile.

Dopo aver soccorso oltre mille persone nel Mediterraneo centrale e dopo aver richiesto plurime volte un Place of Safety per portare a termine le operazioni di soccorso in sicurezza e come previsto dalla Convenzione di Amburgo, quattro navi della Flotta Civile si sono viste rifiutare per giorni l’assegnazione di un porto sicuro di sbarco per i naufraghi a bordo.

Il decreto dei Ministri Piantedosi, Salvini e Crosetto, con cui si concede la banchina di un porto solo temporaneamente e non oltre il tempo necessario per individuare i casi di vulnerabilità e fragilità a cui concedere lo sbarco, è contrario al rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, sanciti dalle convenzioni internazionali. Non concedere un porto sicuro di sbarco e imporre di allontanarsi in acque internazionali ancora con naufraghi a bordo, si traduce di fatto in un respingimento di massa, in netta contrapposizione con la Convenzione di Ginevra e il principio di non respingimento.

In quanto Team Sanitario di Mediterranea Saving Humans, ci preme sottolineare un ulteriore aspetto alquanto preoccupante dal punto di vista non solo legale ma anche etico-morale. La selezione dei naufraghi meritevoli di uno sbarco in un porto sicuro si basa su criteri di tipo sanitario, ovvero sulla valutazione, da parte dei medici USMAF (Unità di Sanità Marittima, Aerea e Frontiera), di condizioni di sufficiente vulnerabilità, tali da poter “meritare” lo sbarco.

Non comprendiamo pertanto come l’aver passato mesi e anni in Libia subendo torture, stupri e violenze di ogni tipo e con le conseguenti importanti ripercussioni sulla salute fisica e mentale, e l’essere costretti a tentare la traversata del Mediterraneo su imbarcazioni precarie e in condizioni di sovraffollamento senza cibo e acqua per giorni, tali da determinare in molti casi la morte a bordo per asfissia, trauma da schiacciamento, ipotermia, fame e disidratazione, non possa determinare una condizione di sufficiente vulnerabilità.

A tal proposito, ci preme ricordare alle colleghe e ai colleghi dell’USMAF, che si stanno prestando in queste ore a tale disumana selezione sanitaria, che la nostra professione deve essere esercitata nel rispetto del codice deontologico. All’inizio del nostro esercizio, prestiamo giuramento di tutelare sempre la vita e la salute psico-fisica di ogni persona, senza discriminazione alcuna.

Non è la prima volta, fra l’altro, che viene segnalata la collaborazione di USMAF con le autorità di frontiera in merito a respingimenti illegali anche su altre frontiere d’Europa, come ad esempio in Slovenia.

Riportiamo dunque una serie di articoli del Codice di Deontologia Medica.

Art. 3 Doveri del medico 

Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell’accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona.

Art. 5 Esercizio dell’attività professionale 

Il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici fondamentali, assumendo come principio il rispetto della vita, della salute fisica e psichica, della libertà e della dignità della persona; non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura. Il medico deve denunciare all’Ordine ogni iniziativa tendente a imporgli comportamenti non conformi alla deontologia professionale, da qualunque parte essa provenga.

Art. 17 Rispetto dei diritti del cittadino 

Il medico nel rapporto con il cittadino deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti fondamentali della persona.

Art. 49 Obblighi del medico 

Il medico che assista un cittadino in condizioni limitative della libertà personale è tenuto al rispetto rigoroso dei diritti della persona, fermi restando gli obblighi connessi con le sue specifiche funzioni. In caso di trattamento sanitario obbligatorio il medico non deve porre in essere o autorizzare misure coattive, salvo casi di effettiva necessità e nei limiti previsti dalla legge.

Art. 50 Tortura e trattamenti disumani 

Il medico non deve in alcun modo o caso collaborare, partecipare o semplicemente presenziare ad atti esecutivi di pena di morte o ad atti di tortura o a trattamenti crudeli, disumani o degradanti. […]

Riportiamo inoltre alcuni estratti del giuramento di Ippocrate per ricordare a tali professionisti sanitari ciò che hanno giurato al principio dell’esercizio della loro professione.

“Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:

  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
  • di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute;
  • di non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte;
  • di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona;
    […]”.

Ci allarmano anche le dichiarazioni del Direttore generale USMAF Sicilia, Claudio Pulvirenti, secondo cui il discernimento è puramente clinico e chi non presenta determinate condizioni – quali febbre, malattie infettive, stato di gravidanza e poche altre – sarebbe in grado di restare ancora in mare. Aggiunge inoltre che “il problema psicologico è un problema di secondo livello” e non comporterebbe quindi la necessità allo sbarco.

Queste dichiarazioni e l’atteggiamento dei medici USMAF sono però in netta contrapposizione con quanto riportato dalle “Linee guida per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale” (22 Marzo 2017) del Ministero della Salute secondo cui “Tutti i rifugiati sono da considerarsi come soggetti potenzialmente vulnerabili, poiché l’esilio è di per sé un’esperienza di tipo traumatico. La particolare vulnerabilità e il bagaglio di sofferenza di cui è portatore ogni rifugiato, non necessariamente e automaticamente però si traducono in disturbi psicopatologici. I RTP (ndr Richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria) vittime di tortura, stupro, abusi o traumi estremi di altra natura (prolungate prigionie in isolamento e/o in condizioni disumane e degradanti, naufragi, testimoni di morti violente, etc.) possono presentare quadri clinici psicopatologici manifesti, latenti o sub-clinici. Questa tipologia di rifugiati deve essere considerata ad alta vulnerabilità ed è perciò necessario mettere in atto azioni e procedure specifiche mirate all’individuazione precoce di queste persone. L’individuazione rappresenta il presupposto indispensabile per garantire al maggior numero possibile dei richiedenti sopravvissuti a violenze estreme, una corretta e precoce valutazione clinico-diagnostica, che indirizzi verso un’appropriata e tempestiva presa in carico medica, psicologica e sociale.”

In conclusione, consapevoli dell’importanza che la nostra professione riveste nella salvaguardia della vita umana e nel rispetto dei diritti fondamentali e in piena coerenza peraltro con la posizione espressa più volte dalla FNOMCeO in merito all’abrogazione del divieto ai sanitari di denunciare immigrati clandestini che si rivolgano alle loro cure, riteniamo tali comportamenti incompatibili con i principi alla base della nostra professione. 

Provvederemo dunque a segnalare alla Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri tali professionisti prestatisi a misure discriminatorie e degradanti la dignità umana, in quanto violazioni del Codice Deontologico Medico.

Ci uniamo inoltre alla richiesta di sbarco immediato per tutte le persone a bordo delle navi della Flotta Civile.

Invitiamo gli Ordini Professionali, le associazioni e organizzazioni medico-sanitarie e le professioniste e professionisti sanitari solidali con le persone bloccate in mare in attesa di un porto sicuro di sbarco e vittime di discriminazione da professionisti sanitari italiani, a sottoscrivere questo documento.

Per la sottoscrizione scrivere all’indirizzo email [email protected]