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Zona d’attesa di Tolone: violazione dei diritti delle persone salvate dalla Ocean Viking

La denuncia di Anafé (Associazione nazionale per l'assistenza agli stranieri alle frontiere)

Ph: SOS Méditerranée

Martedì 15 novembre il Ministro degli Interni francese Gérald Darmanin ha annunciato che 44 dei 234 sopravvissuti della “Ocean Viking” saranno deportati nel loro Paese d’origine, mentre la maggior parte degli altri sarà trasferita nei Paesi dell’Unione Europea. «Queste persone – ha precisato Darmanin – saranno ricondotte nel Paese di origine non appena le loro condizioni di salute lo consentiranno».

In questo comunicato la denuncia delle violazioni a cui sono sottoposti i naufraghi di Ocean Vikings nella zone d’attente (area di detenzione temporanea) 1 in cui sono trattenuti 2.

Martedì 15 novembre 2022

Da 5 giorni, l’Anafé (Associazione nazionale per l’assistenza agli stranieri alle frontiere) 3 si sta mobilitando per venire in soccorso alle persone rinchiuse nella zona d’attesa di Tolone dopo lo sbarco della Ocean Viking, venerdì 11 novembre. Le sue constatazioni sono allarmanti. Le persone salvate dalla Ocean Viking sono vittime di violazioni dei loro diritti fondamentali in questo luogo di detenzione che non ha nulla di un villaggio-vacanze: violazioni del diritto d’asilo, persone che indossano braccialetti numerati, assenza di interpretariato, assenza di sostegno psicologico effettivo, nessun telefono disponibile e nessuna possibilità di visita da parte di parenti o altre persone vicine, nessun diritto d’accesso ad un avvocato o ad un’associazione di difesa dei diritti.

Violazione del diritto d’asilo

Tutte le persone rinchiuse nella zona d’attesa di Tolone hanno chiesto l’asilo. L’Anafé denuncia la scelta delle autorità di privare della loro libertà queste persone attualmente richiedenti la protezione internazionale, mentre queste stesse autorità non hanno negato lo stato psicologico precario nel quale si trovano dopo un lungo percorso nel corso del quale hanno rischiato di annegare e dopo essere sbarcate da una nave di soccorso sulla quale avevano trascorso 21 giorni. Eppure, la procedura d’asilo alla frontiera è una procedura d’asilo “a ribasso, realizzata in urgenza ma anche in un luogo di detenzione, soltanto alcune ore dopo lo sbarco.

Le autorità avrebbero potuto, alla stregua del sistema che è stato implementato l’anno scorso all’arrivo di persone d’origine afghana o nel caso dell’arrivo di cittadini ucraini dall’inizio dell’anno, prevedere delle soluzioni di alloggio e un accesso alla procedura di richiesta di asilo sul territorio, dopo un periodo di riposo e di presa in carico medica, sia da un punto di vista fisico che psicologico.

Le condizioni del colloquio Ofpra (Ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi)

I colloqui con l’ufficio Ofpra devono garantire il rispetto della riservatezza degli scambi e della dignità delle persone, tenendo conto della loro vulnerabilità. L’Ofpra avrebbe potuto rifiutare di svolgere i colloqui di persone appena sbarcate, in considerazione della loro vulnerabilità. Ma non è stato così. Al contrario, queste persone hanno dovuto spiegare le loro paure di persecuzione non appena rinchiuse nella zona d’attesa. In particolare, alcuni colloqui si sono svolti in semplici tende, alcune delle quali lasciavano una visibilità verso l’esterno e senza rispettare la riservatezza degli scambi, dal momento che le conversazioni erano udibili dall’esterno. Gli altri colloqui sono stati fatti nei locali dove erano stati realizzati i colloqui con la polizia, contribuendo alla confusione degli interlocutori e dei ruoli. Niente, a parte il piccolo badge indossato dall’operatore di protezione, permetteva di distinguerli dai poliziotti in borghese o dalle associazioni presenti nel campo.

L’assenza di interpretariato

Le persone detenute in queste condizioni non hanno avuto accesso a degli interpreti. Soltanto due interpreti di lingua araba erano presenti nel corso di una visita organizzata da dei senatori e un deputato. Il loro ruolo: tradurre dei colloqui con la polizia di frontiera. A parte questi due interpreti, tutti i colloqui sono stati effettuati attraverso un interpretariato telefonico svolto da un fornitore esterno, compresi i colloqui con l’ufficio Ofpra. L’Anafé ha osservato le difficoltà della polizia di frontiera per contattare un interprete, dovendo a volte rivolgersi a una persona detenuta in zona d’attesa.

Pertanto, le persone non sono in grado di capire la procedura di detenzione in zona d’attesa, i loro diritti, la procedura specifica d’asilo alla frontiera e i suoi pro e contro.

Dei numeri ai polsi

Le persone detenute sono identificate con dei braccialetti colorati al polso, contenenti un numero. Le autorità non hanno quindi esitato a numerarli senza nessun rispetto per la loro individualità e la loro identità.

L’assenza di sostegno psicologico effettivo

L’Anafé ha constatato nella zona d’attesa che, benché la CUMP83 (cellula di urgenza medico-psicologica) fosse presente, le condizioni di detenzione non permettono agli infermieri di interloquire con le persone detenute, dal momento che i servizi di interpretariato forniti sempre dallo stesso fornitore sono congestionati. Inoltre, la CUMP83 non beneficia di un locale adatto per parlare, in modo riservato, con le persone, ma di una sola tenda situata nel “villaggio Croce Rossa” in mezzo alla zona di attesa.

Questa disposizione non permette quindi alle persone detenute di beneficiare di un sostegno psicologico confidenziale e adatto al trauma che hanno subito nel corso del loro percorso migratorio e delle tre settimane trascorse in mare.

Inoltre, benché un medico, un’ostetrica e un’infermiera fossero presenti sabato 13 novembre 2022, l’indomani abbiamo potuto constatare che nessun medico era presente sul posto. Ci è stato indicato che in caso di necessità, avrebbero chiamato SOS Médecin.

Impossibilità di avere dei contatti con l’esterno, in violazione della normativa in materia di zone d’attesa

I numeri utili non sono esposti. Il wifi installato dalla Croce Rossa non funziona correttamente. Benché 8 cellulari siano disponibili tutto il giorno, le conversazioni sono limitate ad una durata di 5 minuti e fino alle 18 circa. Non è possibile essere chiamati su questi numeri e questi numeri servono soltanto nel quadro del recupero dei legami familiari. A parte questi cellulari, non è prevista nessuna cabina telefonica in tutta la zona d’attesa. Non è quindi possibile per le persone detenute avere conversazioni riservate, in particolare con un avvocato, un’associazione o con persone care. E’ impossibile per le persone detenute farsi chiamare dall’esterno.

Nessuna visita da parte di persone care è possibile, a causa dell’assenza dell’implementazione di un sistema di visite o di un luogo dedicato.

L’impossibile accesso agli avvocati e alle associazioni

L’Anafé ha constatato che le persone detenute non avevano nessuna conoscenza del loro diritto a contattare un avvocato e che nessun numero di telefono era stato loro comunicato, ancora una volta in violazione della normativa applicabile. Dopo la visita della Presidente dell’Ordine degli Avvocati e di alcuni rappresentanti delle istituzioni locali, agli avvocati sono state attribuite due camere che fungono da ufficio e che non dispongono né di un computer, né di un fax, né di una connessione internet per inviare i ricorsi.

L’Anafé non dispone di un luogo per discutere con le persone detenute, in particolare facendo ricorso ad un servizio di interpretariato. Sulla base delle informazioni fornite dalla protezione civile, non c’era un locale disponibile.

È quindi impossibile per gli avvocati e per le associazioni di difesa dei diritti di esercitare la propria mission in condizioni che possano garantire la riservatezza degli scambi e un accompagnamento dignitoso delle persone.

Tutte queste infrazioni costituiscono delle violazioni ai diritti delle persone detenute nella zona d’attesa di Tolone. Queste violazioni inaccettabili sono il risultato della scelta fatta da parte delle autorità di rinchiudere le persone invece di accoglierle. Come ogni volta che delle persone sono rinchiuse in zona d’attesa, i loro diritti non sono rispettati. È quello che l’Anafé denuncia dalla creazione delle zone d’attesa. È ora di mettere fine a questo regime di detenzione.

  1. Placement en zone d’attente (Articles L341-1 à L341-7)
  2. I naufraghi della Ocean Viking sotto detenzione temporanea in Francia, di Fulvio Vassallo Paleologo – Adif (16 novembre 2022)
  3. Creata nel 1989 Anafé agisce a favore dei diritti degli stranieri che si trovano o si sono trovati in difficoltà alle frontiere o nelle aree di attesa