L’European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR), con il sostegno di Sea-Watch, ha presentato una denuncia (tecnicamente una comunicazione ex art. 15 Statuto di Roma) alla Corte penale internazionale (CPI) sulla commissione di crimini contro l’umanità nei confronti di migranti e rifugiati, intercettati in mare e sistematicamente riportati e detenuti in Libia.
Le organizzazioni, spiegano in un loro comunicato stampa, chiedono alla Corte Penale Internazionale «di indagare sulla responsabilità penale individuale di funzionari di alto livello degli Stati membri dell’UE e delle agenzie dell’UE in merito a molteplici e gravi privazioni della libertà personale, risultanti da operazioni di intercettazione in mare tra il 2018 e il 2021. Tra i presunti co-autori figurano politici europei di alto livello tra cui gli ex Ministri dell’Interno italiani, Marco Minniti e Matteo Salvini, l’attuale e l’ex Primo Ministro di Malta, Robert Abela e Joseph Muscat, l’ex Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, l’ex direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, nonché membri dei Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo italiano e maltese e funzionari di EUNAVFOR MED e del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE)».
Le operazioni con cui migranti e rifugiati vengono intercettati in mare e riportati in Libia costituiscono un crimine contro l’umanità.
Integrando una denuncia che era stata presentata un anno fa alla Corte penale, il Centro europeo per i diritti Umani e Costituzionali ha fornito agli investigatori nuovi elementi per ricostruire la filiera degli «atroci crimini commessi contro migranti, rifugiati e richiedenti asilo nel contesto libico». La denuncia si basa su prove e testimonianze dirette raccolte da Sea-Watch e da altre organizzazioni di soccorso marittimo e della società civile, oltre che da giornalisti investigativi, ed esamina 12 episodi di privazione della libertà personale, che hanno avuto origine in mare, mettendo in luce la responsabilità individuale di funzionari di alto livello.
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«Dal 2016, le agenzie dell’UE e gli Stati membri dell’UE hanno aumentato lo sviluppo di capacità e il supporto operativo alla cosiddetta Guardia costiera libica, fornendo finanziamenti, motovedette, attrezzature e formazione, nonché partecipando direttamente a singole operazioni di intercettazione in mare, ad esempio fornendo informazioni sulla posizione delle imbarcazioni in pericolo. Tale sostegno e collaborazione tende a mostrare il ruolo decisivo che alti funzionari dell’UE svolgono in relazione alla privazione della libertà personale a cui sono sottoposti migranti e rifugiati in fuga dalla Libia», sottolinea l’ECCHR.
Le operazioni con cui migranti e rifugiati vengono intercettati in mare e successivamente riportati in Libia non sono missioni di ricerca e soccorso per salvare vite umane. Nella denuncia si sostiene, al contrario, che tali operazioni «costituiscano crimini contro l’umanità di grave privazione della libertà personale, in quanto si inseriscono in un sistema diffuso di sfruttamento, che prende di mira tali gruppi vulnerabili in Libia. La Corte penale internazionale deve pertanto indagare sulla collaborazione tra questi operatori europei e libici e assicurare i responsabili alla giustizia».
«Lo sfruttamento e l’abuso sistematico di migranti e rifugiati sono stati dilaganti in Libia a partire dal 2011 e ricomprendono atti di detenzione arbitraria, tortura, omicidio, persecuzione, violenza sessuale e riduzione in schiavitù. Questi abusi possono costituire crimini contro l’umanità, come l’ECCHR, insieme a FIDH e LFJL, ha sostenuto in un’altra comunicazione alla CPI nel 2021. Sebbene fossero a conoscenza di questi crimini, i funzionari delle agenzie dell’UE, nonché dello stato italiano e di Malta, hanno rafforzato la loro collaborazione con le autorità libiche per impedire a rifugiati e migranti di fuggire dalla Libia via mare».
“L’attuale sistema di supporto da parte dell’UE alle capacità e alle operazioni della cosiddetta Guardia costiera libica lungo la rotta del Mediterraneo centrale non sta salvando vite umane. Le prove fornite nella denuncia indicano che queste operazioni potrebbero configurarsi come crimini contro l’umanità consistenti in gravi privazioni della libertà personale“, afferma Andreas Schueller, direttore del programma di International Crimes and Accountability presso l’ECCHR. “Il trattamento disumano e le condizioni di detenzione di migranti e rifugiati in Libia sono ben noti da molti anni. La Libia non è un luogo sicuro per migranti e rifugiati. Il diritto marittimo internazionale prevede che le persone soccorse in mare debbano essere sbarcate in un luogo sicuro. Nessuno dovrebbe essere riportato in Libia dopo essere stato soccorso in mare“.
ECCHR e Sea-Watch, infine, richiedono:
- Indagini approfondite da parte della Corte penale internazionale sui presunti crimini contro l’umanità commessi nei confronti di migranti e rifugiati in mare e successivamente in Libia, compresi quelli commessi da funzionari di alto livello degli Stati membri e delle agenzie della UE.
- Di porre immediatamente fine a qualsiasi politica, finanziamento o programma da parte della UE e dei suoi Stati membri finalizzati ad esternalizzare i confini europei e a contenere i migranti in Libia.
- La creazione di un’operazione SAR europea a carattere civile, non militare, finanziata e coordinata dagli Stati membri, che operi in tutta l’area del Mediterraneo nel rispetto del diritto marittimo e dei diritti umani e che adempia al dovere di prestare assistenza alle persone in difficoltà e di sbarcarle in un luogo sicuro.