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Ph: twitter Iuventa crew

Il governo italiano vuole costituirsi parte civile nel processo ai soccorritori della Iuventa

Una decisione vergognosa che svela del tutto la natura politica del processo

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Altri passi chiarificatori sono stati compiuti lunedì 19 dicembre nel processo ai membri dell’equipaggio della nave di soccorso civile Iuventa, i quali rischiano una pena di 20 anni di carcere per l’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

Infatti, rende noto Iuventa crew, sia il ministero dell’Interno e sia l’ufficio del Presidente del Consiglio dei ministri hanno chiesto di essere ammessi come parte civile nel processo. Il governo italiano afferma di aver subito un considerevole “danno economico e morale” e quindi l’intenzione espressa è quella di chiedere un risarcimento danni a coloro che hanno contribuito al salvataggio di persone in difficoltà in mare, portandole in un luogo sicuro e rispettando così non solo il diritto internazionale ma anche gli obblighi morali fondamentali. Un’assurdità e l’ennesima ritorsione. Non sembra una casualità il fatto che questa richiesta arrivi dopo che il 7 dicembre il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trapani abbia ordinato allo Stato italiano lavori di manutenzione per rimettere a nuovo la nave sequestrata e abbandonata, come fosse un rottame, nel porto di Trapani da oltre 5 anni. 

Secondo Kathrin Schmidt di Iuventa-crew «il fatto che il governo italiano affermi apertamente di aver subito danni morali e di reputazione a causa delle nostre azioni di difensori dei diritti umani che salvano persone in mare è molto eloquente per uno Stato membro dell’UE e davvero vergognoso. Le indagini e i processi contro di noi sono sempre stati motivati politicamente. Ora questo è stato apertamente rivelato».

Dariush Beigui, altro membro di Iuventa, risponde direttamente alla Presidente del Consiglio: «Meloni dice che stiamo danneggiando l’Italia perché abbiamo salvato delle persone e lottiamo per i loro diritti. Se i neofascisti vogliono farci causa, è molto probabile che abbiamo fatto tutto bene».

Ora la Corte dovrà esaminare la richiesta dello Stato italiano e rispondere nelle prossime udienze.

Alcune nuove decisioni fondamentali sono state invece prese direttamente nell’udienza di lunedì 19, in particolare attorno alle preoccupazioni emerse che quello contro i membri di Iuventa non sia considerabile un “processo equo”. In primo luogo, la Corte ha stabilito che agli imputati della Iuventa deve essere fornita un’ulteriore assistenza linguistica sotto forma di un interprete aggiuntivo, al fine di, come ha dichiarato la Corte, “garantire un’effettiva partecipazione al processo“. 

Inoltre, il giudice ha permesso alla difesa di presentare le registrazioni audio che la difesa aveva effettuato prudenzialmente durante l’interrogatorio di uno degli imputati. L’accusa si è incredibilmente opposta alla richiesta di inserire il file audio dell’interrogatorio nel fascicolo processuale, ed è stata smentita dalla decisione del giudice di ammettere la produzione.

«Accogliamo con favore questa decisione, perché ora finalmente si potrà esaminare la mancanza di qualità degli interpreti nominati dalla polizia e dalla procura. Le stesse prove audio dimostreranno che l’ufficio del pubblico ministero ha violato elementari regole procedurali, come citare correttamente la difesa nei verbali» ha spiegato al termine dell’udienza l’avvocato Nicola Canestrini.

Anche Amnesty Italia ritiene che si tratti di una “decisione importante, in quanto il diritto alla traduzione corretta di tutte le parti degli interrogatori è uno dei fondamenti di un processo equo“.

Il tribunale ha quindi nominato quattro esperti per preparare le trascrizioni parola per parola di tutti gli interrogatori, al fine di valutare l’adeguatezza dell’interpretazione. L’udienza è stata chiusa e aggiornata al 13 gennaio, quando verrà presa una decisione sulla validità dell’interrogatorio.

Redazione

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