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Protezione speciale alla richiedente alla luce della nozione di “vita privata” combinata con il radicamento in Italia

Tribunale di Salerno, decreto del 5 ottobre 2022

Dinanzi al Tribunale Ordinario di Salerno, Sezione specializzata, nel caso di specie presenta ricorso la ricorrente avverso il decreto della Commissione Territoriale di Salerno.

La ricorrente di nazionalità georgiana formalizza domanda di protezione internazionale davanti alla Commissione territoriale. La commissione ha respinto le sue richieste, “…ritenendo non credibile la vicenda posta a base dell’espatrio”. Il Collegio richiama l’attenzione della Commissione sul punto facendo menzione dei criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, dichiarando “quanto alla credibilità della narrazione…la valutazione… è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, la quale dev’essere svolta… alla stregua dei criteri stabiliti dalla legge…”. In linea generale, diventa importante in questo senso la necessità di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda per arrivare ad una idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi. Precisa così, la Suprema Corte, che una tale valutazione, non deve essere fatta mettendo a suo fondamento mere discordanze o contraddizioni nell’esposizione dei fatti. Ritiene il Collegio, “nel caso di specie, che le dichiarazioni rese sia nel corso dell’audizione innanzi alla Commissione Territoriale che in sede giudiziale non presentano alcun profilo di contraddittorietà”.

Nell’esaminare questioni di rito in via preliminare a garanzia del processo, il Collegio decide altresì, sul punto dell’entrata in vigore della nuova legge in materia: il Decreto Legge n.130/2020 ( convertito in legge il 18 dicembre 2020 n. 173), il quale all’art. 15, comma 1 prevede che siffatta legge si applica, nelle more del giudizio, anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Ritenendo applicabile la nuova legge nel caso di specie che tra l’altro ha ampliato il raggio d’azione della protezione internazionale.

Il Collegio asserisce una serie di precisazioni importanti riguardo alla protezione internazionale, richiamando le nuove modifiche in materia, e stando a quanto abbiamo citato sopra, il Decreto Legge n.130/2020 ( convertito in legge il 18 dicembre 2020 n. 173), ha ampliato il perimetro delle forme di protezione. La novella, ispirata all’art. 8 della CEDU, introduce la protezione speciale per la tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare, fissando così i criteri in ottica di un bilanciamento tra le ragioni di sicurezza nazionale da un lato e le condizioni soggettive ed oggettive dall’altro. Al caso concreto, il Collegio alla luce della nozione di “vita privata”, combinata con l’integrazione sociale, è giunto alla conclusione che la ricorrente fosse oramai ben inserita nella comunità, creando degli ottimi rapporti sia lavorativi che sociali, riconoscendole il radicamento in Italia, avendo lei spezzato i legami con la famiglia d’origine come viene provato durante il processo (i genitori sono deceduti e il fratello è espatriato).

Accoglie così il ricorso rispetto al riconoscimento della “protezione speciale”. Il Collegio cita una serie di sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, argomentando l’importanza dei rapporti della vita sociale in una comunità, essendo l’art. 8 della CEDU una norma a fattispecie aperta, considerando compresi nella nozione, tutti i legami con i propri simili e con il mondo esterno, trovatosi soddisfatto tale criterio nel caso della ricorrente.

Il Collegio ritiene che pur essendo credibile la vicenda, nella specie non ricorrono i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi del art. 14 let. a) e b) del D. Lgs. n. 251/2007, per assenza di attualità del pericolo, reputando inesistente il rischio, dichiarando la ricorrente che attualmente, i timori correlati all’eventuale rimpatrio riguardano l’assenza totale di punti di riferimento familiari, mentre non vi sono timori di altra natura.

Con la novellata disciplina, il legislatore sembra abbia codificato la giurisprudenza di legittimità, che aveva tante volte fatto specifica menzione nell’ambito umanitario, al fatto dell’integrazione sociale ai fini della valutazione dell’esistenza di una situazione di vulnerabilità.

In ragione di assenza di pericolosità nei confronti della sicurezza pubblica e considerate le ragioni obbiettive di un impedimento nel senso dello sviluppo della vita familiare nel caso di un rientro al suo paese, il Collegio ha accolto il ricorso, ordinando il rilascio del permesso di soggiorno a suo favore.

Si ringrazia l’avv. Francesco Zofrea per la segnalazione e il commento.


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