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Voci di resistenza dal confine polacco-bielorusso

Racconti di violenza e paura lungo la gelida frontiera europea

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La testimonianza dell’attivista Marianna e di alcune persone in movimento che vivono il confine fra la Polonia e la Bielorussia riporta l’attenzione sulle atrocità che avvengono lungo le frontiere europee. Una pluralità di voci ed esperienze ricostruiscono le dinamiche di potere che governano una frontiera che dal 2021 è fra le più violente d’Europa.

Coloro che provano ad accedere all’Unione Europea attraverso il confine tra Bielorussia e Polonia 1 sono al centro di giochi di potere e volontà politiche che impediscono loro di esprimere la libertà personale al movimento. Da un lato la Polonia, finanziata dall’Unione Europea, ha costruito un muro di filo spinato per respingere le persone in movimento trascurando questioni di tipo ambientale ed etico.

D’altra parte, la Bielorussia dal 2021 sollecita chi desidera raggiungere l’Europa a farlo attraverso i propri confini con Lituania, Polonia e Lettonia. Il fine politico è quello di usare vite umane come strumento di ricatto e vendetta nei confronti dell’Unione che ha imposto alla Bielorussia sanzioni economiche a seguito della rielezione a presidente di Alexander Lukashenko nel 2020.

In una conferenza tenuta il 4 dicembre Paulina Bownik, medico ed attivista di Grupa Granica (Border Group), una rete di organizzazioni di monitoraggio e supporto al confine polacco-bielorusso, racconta che le violenze contro le persone in movimento sono esercitate dalle due polizia di frontiera con la stessa ferocia. «Alcune persone sono ferite dal filo spinato, altre mostrano morsi di cani, altre ancora raccontano di essere vittime di violenza sessuale», testimonia Bownik.

Da agosto 2021, 28 persone sono state uccise lungo il confine, ha dichiarato nella conferenza Aleksandra Łoboda, attivista di Grupa Granica. Quest’ultima negli ultimi due mesi ha fornito supporto a più di 1.100 persone fornendo aiuto umanitario, legale e assistenza medica. La violenza è quotidiana e il supporto legale e medico di Grupa Granica, di cui potete leggere i report settimanali sui loro canali social, sopperisce in minima parte alle necessità delle persone in movimento lungo il confine orientale europeo, conclude Łoboda.

«Le persone che incontriamo sono terribilmente congelate. Coloro che attraversano il confine hanno un disperato bisogno di aiuto, di cibo caldo, di vestiti caldi. Abbiamo paura che vengano uccisi. Si dice che ci siano già dei morti sul versante bielorusso».
Marianna, attivista di Grupa Granica a Deutschlandfunk

Voci dal confine

Gli organizzatori della conferenza del 4 dicembre hanno poi letto alcune testimonianze dirette di persone vittime della violenza di confine. Le esperienze raccontate rivelano lo squilibrio di potere e le discriminazioni che rendono di fatto impossibile per alcune persone esercitare il diritto al movimento.
Hazan, un migrante afgano, racconta di aver assistito ad una violenza sessuale verso una ragazza appartenente al suo gruppo, e successivamente di essere stato vittima di un pestaggio sempre compiuto dalla stessa guardia.

«Un soldato ha dichiarato di essersi innamorato di una ragazza del mio gruppo. Poi ha tirato fuori dalla sua borsa un paio di mutande. […] Con in mano un preservativo l’ha invitata a fare l’amore con lui. Le disse che poi sarebbe stata libera di andare in Europa. La ragazza rifiutò e il soldato sfogò la sua rabbia su di me perché credeva che fossi suo marito o fidanzato. Mi picchiò così tanto che persi i sensi. […] Quando mi sono svegliato, lei non c’era».

Un migrante siriano di 25 anni, di cui non è riportato il nome, ha raccontato di aver provato quattro volte ad attraversare il confine fra Polonia e Bielorussia. All’ultimo tentativo la nonna, che viaggiava con lui, ha avuto un malore. Dopo qualche giorno in ospedale, sono stati reclusi entrambi in un centro di detenzione.

«Non saprei dire se le bombe in Siria siano peggio dell’esercito polacco e bielorusso».

Il ruolo degli attivisti

Alle vite delle persone migranti si intrecciano quelle di coloro che attivamente forniscono loro un supporto. Marianna (nome di fantasia) è un’attivista di Grupa Granica che vive nella regione di Podlasie, a nord est della Polonia. Lungo la zona di confine fra Polonia e Bielorussia sorge la foresta di Białowieża, luogo dove le persone in movimento si nascondono dalle guardie di confine, costruendo ripari di fortuna contro il freddo (la temperatura è arrivata in questi giorni a -12 gradi), che caratterizza questa regione europea nella stagione invernale.

«La crisi umanitaria è iniziata qui a Podlasie all’inizio dell’estate dello scorso anno» racconta Marianna a Martin Adam in un articolo pubblicato su Deutschlandfunk lo scorso 12 dicembre 2.

«Solo ad agosto (2021) che abbiamo iniziato a parlare di come vengono trattate le persone, vengono accerchiate da due parti, dai servizi polacchi e bielorussi, e non possono scappare. […] A quel tempo per noi era inimmaginabile che una cosa del genere fosse possibile e che durasse così a lungo».

La fitta rete di attivisti e attiviste di Grupa Granica è ben organizzata; diversi gruppi sono diffusi nel territorio e comunicano attraverso Messanger. Le persone in difficoltà possono contattare il numero di telefono e dichiarare ciò di cui hanno bisogno e la posizione. Poco dopo si attiva il gruppo più vicino. In questo periodo le richieste sono principalmente per vestiti pesanti, sacchi a pelo, torce, e attrezzature per la comunicazione come power bank, schede SIM e cellulari.

Le forze politiche in Polonia

Marianna ricorda che la Polonia ormai è isolata, lungo il confine è stata costruita una recinzione alta più di cinque metri. Altre zone sono delimitate da fiumi e barriere naturali. Tutt’ora si sta progettando la costruzione di una barriera di filo spinato anche al confine con la regione russa di Kaliningrad, aggiunge Marianna. Lo scopo è quello di impedire alla Russia di utilizzare le persone migranti come strumenti di ricatto nei confronti dell’UE.

Il governo polacco ha poi incaricato diverse autorità di controllare i confini. Non è sempre chiaro davanti a che forza militare ci si trovi, racconta l’attivista. La guardia di frontiera, l’esercito, la polizia e le WOT (Wojska Obrony Terytorialnej, forze di difesa territoriale) sono alcune delle unità che si possono incontrare lungo la frontiera. Le WOT sono senza insegne nazionali, senza nome o numero di identificazione. In caso di emergenza, non è chiaro se davanti a Marianna o alle persone migranti ci sia un soldato o semplicemente qualcuno che abbia fatto scorta privata di indumenti mimetici e di un’arma, spiega Deutschlandfunk.

La risposta dei cittadini polacchi che vivono al confine

Ph: Nie dla Muru (maggio 2022)

Le testimonianze dei cittadini dei villaggi polacchi al confine fra Polonia e Bielorussia mostrano che l’indifferenza e la paura sono i sentimenti più diffusi. Marianna racconta al Deutschlandfunk che nel villaggio di Krynki ha domandato ad una donna se avesse mai incontrato delle persone migranti. La donna ha dichiarato di non aver mai incontrato nessuno; tuttavia, l’anno scorso ha temuto per l’incolumità della nipote per via dei suoi capelli scuri, tanto da proibirle di uscire di casa.

«Le ho detto: sembri scura, hai i capelli scuri e tutto il resto. Ti scambieranno per uno dei loro figli».

Un uomo si aggiunge alla conversazione tra Marianna e l’intervistata, sostenendo che grazie al muro ora la situazione è migliorata e molte meno persone tentano di oltrepassare la linea di confine.

«Ho sentito dire che ce ne sono ancora alcuni che attraversano il confine, ma va meglio perché sono molto meno numerosi. All’inizio mia moglie ne ha visti alcuni, ma sono stati subito portati via dall’esercito e dalle guardie di frontiera».

Lo stato emotivo dei cittadini polacchi al confine è confuso, alla paura si aggiunge il razzismo e la volontà di non soccombere al ricatto bielorusso.

A forgiare l’opinione pubblica è anche la propaganda mediatica delle autorità polacche che cercano di creare un distacco emotivo fra cittadini e persone migranti. Uno degli esempi più eclatanti di questa volontà politica risale al 2021, quando in una conferenza Mariusz Kamiński, capo del ministero dell’Interno e dell’amministrazione polacca, ha mostrato alcune fotografie che ha dichiarato provenissero dai cellulari sequestrati ad alcune persone migranti. Le immagini erano fotogrammi di esecuzioni condotte da affiliati allo Stato Islamico, foto di armi, pedo-pornografiche e zoofile.

OKO.press ha poi rivelato come collegamento fra queste foto e i cellulari delle persone in movimento non abbia fonti precise. I servizi segreti polacchi non hanno saputo fornire informazioni aggiuntive e tutte le foto si sono rivelate facilmente scaricabili da internet. In questo caso il governo ha fornito delle ipotesi, non delle prove, rivelando che lo scopo era di creare un clima di paura tra i cittadini.

«Immagini scioccanti di questo tipo sono dannose dal punto di vista dell’interesse pubblico. Il governo sta conducendo una narrazione catastrofica, vuole creare un’atmosfera di pericolo e causare uno shock cognitivo».
Grzegorz Małecki, ex capo dell’agenzia di intelligence estera della Polonia, a Wydarzenia

La volontà politica degli stati, le forze militari e la paura dei cittadini collaborano nel fortificare gli ingranaggi di una macchina di violenza attiva nella frontiera orientale dell’UE. Le persone in movimento sono ferite, soffrono le basse temperature e vivono il clima di terrore che li circonda. Il sostegno dei volontari è essenziale nel fornire beni primari a chi ha bisogno di aiuto, tuttavia non basta ad arginare il potere statale ed economico, che, come sottolinea Grupa Granica, disumanizza le persone migranti, limitandone il ruolo a “pedine su una scacchiera”.

Intanto un’importante sentenza del tribunale ha stabilito che la Guardia di frontiera ha violato la legge espellendo un minore siriano dalla Polonia.

«Questo», scrive Magdalena Chrzczonowicz su Oko.press «è almeno il nono verdetto del tribunale che indica l’illegalità dei respingimenti, ripetutamente utilizzati dalle guardie di frontiera al confine tra Polonia e Bielorussia».

  1. Split Personality of the Sovereign: The Interplay of Power within Bordering Practices of Exclusion at the Polish-Belarusian Border di Mateusz Krępa – Sprawy Narodowościowe 2022
  2. Geflüchtete an der polnisch-belarussischen Grenze, Deutschlandfunk (12 dicembre 2022)

Francesca Olivi

Dopo la laurea triennale in Studi Internazionali a Trento, ora frequento un corso di laurea magistrale in International Relations a Bologna, con un focus su criminologia e giustizia. In passato ho seguito una formazione per il volontariato presso il Centro Astalli di Trento per il progetto suXr. Dal febbraio 2022 svolgo il tirocinio curriculare presso l'Associazione Melting Pot.