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Photo credit: L'Auberge des Migrants
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Giorni folli e ordinari a Calais

L'Auberge des Migrants: «Fermate questa crudeltà istituzionalizzata»

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Giorni folli e ordinari si intitola l’ultimo report di “L’Auberge des Migrants“, il gruppo di solidarietà che dal 2008 opera con le persone migranti (nella traduzione esuli) nella regione dell’Alta Francia, fornendo assistenza e sostegno materiale, informazioni e patrocinio legale.


La nostra giornata inizia piacevolmente di fronte a uno dei luoghi più affascinanti di Calais: la stazione di polizia. Siamo seduti nella nostra piccola Peugeot. È ancora buio, abbassiamo un finestrino e alziamo la maniglia della vecchia portiera per accendere una sigaretta.

Siamo in attesa di sapere se si stanno preparando gli sgomberi dei campi. Per farlo dobbiamo capire se ci sono i veicoli parcheggiati di fronte all’edificio. Sono presenti i camion che confiscano gli effetti personali degli esuli? Ci sono furgoni dei CRS (Compagnie républicaine de sécurité: corpi di polizia antisommossa ndR.)? Si sta formando il “convoglio” di mezzi per le espulsioni?

Per il momento non si muove nulla. Le luci natalizie lampeggianti alla fine della strada sopra le auto della polizia creano una strana sensazione. Arriva un camion dei CRS. Poi un secondo. Una pallina di stress compare nello stomaco, perché ci stiamo preparando a seguire l’operazione per 5 ore.

Dovremo documentare questi sgomberi e avere a che fare con la polizia che bloccherà la nostra visuale sull’operazione, mentre alle loro spalle l'”impresa di pulizia” sequestra le tende e le coperte di coloro che dormono all’aperto.

Alla fine i due veicoli partono. Forse il battaglione si era semplicemente fermato a bere qualche
qualche caffè con i loro amici della polizia nazionale. Il tempo scorre. Non ci saranno espulsioni questa mattina, siamo sollevati.

Gli esuli avranno una tregua. Il convoglio della stupidità umana è in attesa da almeno un paio d’ore, ma gli sgomberi potrebbero iniziare nel pomeriggio. Nel frattempo, lavoreremo in magazzino sulla raccolta dei dati dei giorni precedenti.

Nel magazzino c’è un problema di fango. Il parcheggio è diventato un campo di fanghiglia, i veicoli per la distribuzione si bloccano uno dopo l’altro. Stiamo cercando di porre rimedio alla situazione con del legno e spargendo segatura di scarto con il nostro carrello elevatore, ma anche quello si sta impantanando. Sarà una giornata lunga.

Mettiamo un cono stradale e consigliamo ai volontari di parcheggiare altrove. Certo, quando piove, i problemi ai nostri veicoli sono fastidiosi, ma sono molto secondari se paragonati alla situazione delle persone costrette a vivere all’aperto.

Partiamo per distribuire legna da ardere. Durante il tragitto vediamo che sono state posate nuove pietre presso il ciglio stradale e l’ingresso per una delle zone del campo informale è bloccato. Il serbatoio dell’acqua installato per gli esuli da una delle associazioni si trova pochi metri dietro. Attualmente è impossibile riempirlo senza parcheggiare in mezzo alla strada e rischiare una multa per intralcio stradale.

Siamo sorpresi perché avevamo sentito dire che il Comune faticava a finanziare questi posizionamenti ripetuti di massi e che non poteva, purtroppo per lui, coprire tutta l’area desiderata. Quindi il denaro esiste, ma viene usato solo per comprare rocce.

Arriviamo al campo dove oggi verrà distribuita la legna. Dobbiamo parcheggiare a 300 metri di distanza perché sulla strada di accesso è stato installato un nuovo senso unico. L’altro giorno alcuni membri del team non l’hanno visto e sono stati multati. Riempiamo le nostre carriole, cercando di mettere in ognuna almeno 8 sacchi da 8 kg. Oggi dobbiamo portare circa 60 sacchi. Si tratta di un bel po’ di viaggi.

Il “campo” è un’ampia zona paludosa punteggiata da aree boschive. A pochi metri dalle tende, i lavori sono in corso. Un vago progetto di costruzione costringe gli occupanti del posto a stazionare con le tende in un angolo del campo per evitare di trovarsi in mezzo alle macchine scavatrici. In una città dove non si costruisce quasi nulla di nuovo, è sorprendente vedere che appena un esule pianta una tenda su un pezzo di terra, un edificio spunta dal terreno…

Molte persone stanno ancora dormendo: per necessità, vivono soprattutto di notte. Abbiamo messo i sacchi accanto alle ceneri dei falò, cercando di non fare troppo rumore. Una persona che si lava i denti ci saluta. I sentieri sono molto fangosi, le carriole affondano nella terra come aratri. Forse abbiamo messo troppi sacchi in una volta sola.

Per raggiungere il fondo del campo dobbiamo attraversare un piccolo ruscello, gettiamo le borse sull’altra sponda e ci mettiamo in equilibrio su di un tronco d’albero. Non deve essere facile per le persone che vivono lì usare questo passaggio tutto il tempo.

Ci auguriamo che lo sia ancora meno per gli agenti di polizia che vengono a sloggiarli quasi ogni giorno. Immaginare un CRS con i suoi chili di attrezzatura che sguazza accidentalmente nel fosso ci procura una gioia fugace.

Ci imbattiamo in una di quelle scene assurde di cui Calais possiede il segreto: un pony impagliato troneggia in mezzo a tende scosse dal vento. Poco più avanti, un piccolo gruppo ci invita a bere un caffè forte, poi torniamo al nostro furgone.

Dopo alcuni commenti sgradevoli offerti da un dipendente dell’azienda dove l’abbiamo parcheggiato, partiamo per un altro luogo dove vivono gli esuli.

Quando arriviamo, tutte le tende vengono spostate di qualche decina di metri fuori dal campo in previsione di un’eventuale sgombero. La violenza dello Stato, la sua deliberata non accoglienza hanno finito per regolare l’organizzazione della vita quotidiana degli esuli. La polizia entra sotto la pelle e si insedia in modo permanente nella testa.

Gli abitanti vengono ad aiutarci a scaricare, qui la legna viene depositata su un’unica catasta su loro richiesta. Ci viene offerto un caffè che è un vero piacere.

Sulla via del ritorno al magazzino, siamo piacevolmente sorpresi. I massi apparsi questa mattina si sono spostati sotto l’azione di una forza misteriosa, i veicoli possono entrare di nuovo nel campo. Tra qualche giorno, forse, saranno di nuovo in fila e fissati per sempre nel cemento.

Davanti al magazzino c’è un ingorgo di camion. Il mezzo della segheria da cui acquistiamo il legno è bloccato da un furgone che consegna coperte, che a sua volta impedisce l’ingresso di un camion per la raccolta dei rifiuti. Suona la campanella per il pranzo e ingurgitiamo velocemente un piatto di
di riso al curry prima di iniziare a fare la cernita di un mucchio di vestiti donati. Molti sono abiti invernali che saranno distribuiti rapidamente e anche… un pigiama tigrato. Un pigiamo tigrato?!

I tronchi vengono spaccati e i sacchi di legna sono riempiti per il giorno successivo. Il riso al curry si agita nelle nostre gole. Nel pomeriggio riempiamo il generatore di benzina che serve per caricare i telefoni e installiamo un terminale WiFi.

Distribuiremo un documento in diverse lingue che elenca tutti i servizi di base disponibili per gli esuli a Calais e Grande-Synthe. Verrà inoltre fornito un aggiornamento sulle ultime notizie riguardanti i piani del Regno Unito per le deportazioni verso il Ruanda. Questo è un vero motivo di preoccupazione, stiamo cercando di trasmettere informazioni affidabili e verificate sull’argomento per non aumentare l’angoscia generale.

Nel pomeriggio è partito il convoglio di mezzi per lo sgombero. Calais è circondato da CRS.

Gli esuli sono troppo visibili nel centro della città per essere tollerati dalle autorità che sono determinate a rendere la loro vita insopportabile. Qui, nessun servizio statale va loro incontro, tranne questo. Le tende vengono sequestrate, gettate nel retro di un camion e nell’operazione danneggiate irrimediabilmente: archi rotti, tele strappate, ecc. Non importa cosa c’è dentro. L’operazione viene ripetuta alla posizione successiva.

Tiriamo fuori i nostri telefoni per filmare, ma viene creato un “perimetro” proprio per impedirci di avvicinarci. Un poliziotto arriva e si mette davanti al nostro obiettivo. Accende la piccola telecamera incorporata nel giubbotto senza avvisarci. Ovviamente, né lui né i suoi colleghi indossano il loro numero di identificazione che per legge è obbligatorio. Quando glielo si fa notare, di solito riceviamo uno sguardo di disprezzo o un controllo dell’identità.

Un volontario con accento straniero riceve un commento razzista e sessista. È una cosa talmente regolare che sicuramente il centro di addestramento dei CRS deve avere un modulo di formazione specifico.
Nel frattempo, una persona esiliata cerca di recuperare le sue cose dal camion. Ma è inutile.

Una persona che fa jogging attraversa il perimetro a passi brevi senza alcuna reazione da parte dei CRS, mentre un poliziotto cammina intorno alla nostra auto sperando di trovare un motivo per infliggere una multa. Le stesse scene vengono riproposte in tutto il pomeriggio. Cerchiamo di corazzarci, ma la cosa ci logora. E noi siamo solo spettatori, quindi che dire delle persone che sono vittime ogni giorno…

Abbiamo filmato, documentato e contato i sequestri, le interazioni tra la polizia e gli esuli. Torniamo in ufficio per riordinare i dati. Faremo anche un post sui social network con le immagini del giorno. Per allertare le persone ovunque sia possibile.

Photo credit: L’Auberge des Migrants

Non è sempre facile vedere gli effetti immediati del nostro lavoro, ma il nostro lavoro è a lungo termine, in modo da avere prove sufficienti a costringere un giorno lo Stato a interrompere gli abusi.

Questa sera potremmo essere chiamati a intervenire contro la violenza della polizia. E domani andremo nei campi per incontrare gli esiliati, creare legami, spiegare loro il nostro lavoro, scambiare numeri e fornire il maggior numero di informazioni possibili per aiutarli ad affrontare questo momento della loro vita.

Il nostro telefono ha squillato tutto il giorno. Un contadino locale ha una tonnellata di patate da donare, ci organizziamo per prenderle tutte. Una signora ci chiama per dirci che conosce bene il Regno Unito e che dovremmo “dire agli immigrati che non c’è più posto per loro” e “le scogliere si stanno sgretolando“. Gli studenti che approfondiscono il tema della migrazione vogliono discutere con noi. Un gruppo di scout vuole venire a fare volontariato la prossima estate. Un giornalista tedesco vuole parlare delle morti nella Manica. È sempre difficile controllare la rabbia quando si parla di queste tragedie che potevano essere evitate mille volte e non esplodere in diretta.

La giornata si conclude per noi. Qualcuno si è dimenticato di spegnere la luce nel magazzino. La squadra notturna di un’altra associazione sta caricando il loro furgone prima di andare a incontrare le persone che stanno vicino alla spiaggia per distribuire indumenti caldi e fornire i contatti dei servizi di emergenza.

Una giornata folle ma ordinaria a Calais. Ci sentiamo sempre un po’ in colpa quando torniamo a casa, poco prima di dormire in un vero letto. Si va a dormire con molte domande. Abbiamo davvero aiutato oggi? Come possiamo fare la differenza a lungo termine e non ripetersi all’infinito? Come possiamo essere più giusti nelle nostre azioni? Che cosa che metterebbe fine a questo dramma umano su larga scala?

Le risposte non sono ovvie. Ma ehi, lo facciamo.

Redazione

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