Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Il ritrovamento di un corpo senza vita al confine (via Grupa Granica)
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In Polonia il confine uccide ancora. Continuano le proteste nei centri di detenzione

Il rapporto di Grupa Granica e scioperi della fame delle persone recluse

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Il gruppo informale Grupa Granica (Border Group) attivo da agosto 2021 sul confine polacco-bielorusso ha pubblicato i dati sulle attività assistenziali che conduce a sostegno delle persone in movimento. Mentre giungono notizie di corpi senza vita e proteste nei centri di detenzione, attiviste e attivisti raccontano l’entità delle violenze lungo la frontiera europea, con la consapevolezza di quanto la loro fine non sia per nulla prossima. 

I dati (che coprono il periodo dal 15 agosto 2021 alla fine di dicembre 2022) condivisi da Grupa Granica e pubblicati anche dalla testata giornalistica OkoPress confermano la gravità delle violenze e delle violazioni dei diritti umani che hanno luogo fra Polonia e Bielorussia da un anno e mezzo. I gruppi e gli individui attivi a sostegno delle persone migranti presenziano in un territorio dove quest’ultime sono continuamente osteggiate nell’esercizio della propria libertà al movimento. Dapprima il governo polacco ha attivato uno stato di emergenza sulla linea di confine, successivamente, con il sostegno delle istituzioni europee, ha costruito un muro che attraversa la foresta di Białowieża. A seguito dello scoppio del conflitto tra Ucraina e Russia, la politica migratoria portata avanti dalla Polonia ha favorito unicamente chi ha origini ucraine, in una spirale di razzismo e xenofobia. 

Con il nome Grupa Granica si identificano diversi collettivi ed organizzazioni informali attivi sul territorio polacco e bielorusso dall’agosto 2021. Grupa Granica ogni giorno monitora e documenta le deportazioni illegali e le violazioni di diritti, fornendo aiuto legale e medico. Inoltre le persone attive direttamente sul campo forniscono cibo caldo, vestiti invernali e prodotti per l’igiene a chi sosta in attesa lungo il muro nella foresta di Białowieża. 

Dall’inizio della crisi alla fine di dicembre 2022, sono state aiutate complessivamente più di 14.000 persone. Nel corso del 2022 le richieste di assistenza ricevute sono state almeno 6.022, tuttavia è stato possibile fornire supporto solo a 3.672 persone, dichiara Grupa Granica nel rapporto.
Da agosto 2021 è stata denunciata la scomparsa di 285 persone (73 sono state ritrovate e di 212 non si sa nulla) e 34 sono i corpi senza vita rinvenuti alla frontiera (4 di loro nel 2023). GG è in contatto con le famiglie di alcune delle persone decedute e sta cercando di assisterle nell’organizzazione dei funerali, nel trasporto della salma o nelle procedure legali.

Sono 10 le sentenze che confermano l’illegalità delle deportazioni, e quasi 400 le richieste di assistenza per bambini.

«La situazione», spiegano, «ci ha richiesto di essere attivi in molti campi allo stesso tempo, tra cui l’organizzazione di aiuti umanitari e medici, nonché il necessario supporto legale, psicologico e materiale nella zona di confine, a volte anche 24 ore su 24. In Ucraina abbiamo raggiunto i gruppi che si trovavano nella situazione peggiore, organizzando, tra l’altro, trasporti sicuri di persone e animali verso la Polonia, o di oggetti e medicinali nella direzione opposta».

Quattro corpi senza vita lungo il confine

Foto via Grupa Granica

Ad appena tre settimane dall’inizio del 2023 sono quattro le persone morte nella regione di Podlasie, nella foresta di Białowieża. Il 7 gennaio una guardia di frontiera ha trovato un corpo senza vita nell’area di Przewłoki. La persona morta è stata identificata dall’organizzazione Hope and Humanity Poland: si tratta di un medico yemenita, Ibrahim Dihiya e faceva parte di un gruppo di circa dieci persone, tutte originarie dello Yemen, più volte catturate dalle guardie polacche e respinte in Bielorussia. 

“I compagni di viaggio di Ibrahim ci hanno detto che sapevano che era quasi in pericolo di vita. Sono usciti per strada e hanno cercato aiuto. I servizi di assistenza polacchi hanno rifiutato di aiutarlo. Poi hanno respinto queste persone in Bielorussia”. Aleksandra Łoboda, coordinatrice di Grupa Granica, intervista su OKOPress, 14 gennaio 2023. 

Il gruppo yemenita dopo una breve tappa in Egitto aveva raggiunto la Russia, nel tentativo poi di oltrepassare il confine fra Polonia e Bielorussia. Ad inizio gennaio hanno tentato per l’ultima volta di superare il confine guadando il fiume, raccontano alcuni di loro a OKO.press. Tuttavia l’acqua era gelida e il fondale fangoso, per oltrepassarlo hanno impiegato quattro ore. Il gruppo si è poi diviso, alcune persone che erano riuscite ad attraversare il fiume sono state catturate, altre, ferite, sono state aiutate e nascoste lungo la riva del fiume dai compagni. Ibrahim era fra loro. Nonostante la disperata richiesta di aiuto di coloro che gli stavano accanto, le guardie di frontiera polacche non hanno fatto nulla, raccontano alcune persone che erano al fianco di Ibrahim. 

Pochi giorni dopo, il 12 gennaio, altri due corpi sono stati rinvenuti da una pattuglia di soldati nella foresta Białowieża. In seguito, nel tentativo di tornare alla base dopo aver denunciato l’accaduto, i soldati si sono persi nella foresta, trovando una terza persona senza vita. Tuttavia i soldati non avevano memorizzato la posizione dei corpi e questo ha reso molto difficile ritrovarli. Attivisti ed attiviste di Grupa Granica si sono unite alle forze armate polacche nella ricerca. Il 13 gennaio due corpi sono stati infine ritrovati. Nel tentativo di facilitare la loro identificazione l’attivista Piotr Czaban ha raccolto alcuni appelli di familiari che hanno denunciato di aver perso i contatti con i loro cari che viaggiavano lungo il confine. I corpi però non sono ancora stati identificati, denuncia No Borders Team sul proprio canale Telegram. 

Alcune attiviste di Grupa Granica sono certi che il numero di persone morte al confine è ampiamente sottostimato. “I rifugiati riferiscono spesso di aver visto cadaveri nella foresta, tuttavia nessuna autorità li cerca” osserva Magda Łuczak di Grupa Granica. 

Nuove proteste nei centri di detenzione 

Le violenze e le violazioni non sono soltanto lungo la frontiera ma anche nei centri di detenzione. In Polonia le persone detenute in questi centri rischiano la vita e la minaccia della deportazione incombe quotidianamente su di loro. 

Il 3 gennaio quattro persone irachene detenute nel centro di Lesznowola, nei pressi di Varsavia, hanno avviato uno sciopero della fame. In seguito alle terribili condizioni di salute in cui versavano e ad intervento parlamentare e legale, le autorità polacche hanno accettato di discutere con loro. No Borders Team riferisce che lo sciopero è terminato il 13 gennaio. Nonostante le promesse delle autorità il limbo burocratico non è stato sbloccato e a tutte le persone scioperanti è stata nuovamente negata la protezione internazionale.  

Altre proteste hanno luogo al momento anche nel centro di Białystok, dove Sewar, un detenuto siriano, ha iniziato uno sciopero della fame il 14 gennaio. Già vittima di torture in Siria per l’attività antigovernativa portata avanti su Facebook, Sewar è prigioniero da due mesi nel centro di Białystok. Il sito TOKFM.pl sostiene che ad inizio gennaio gli sia stato notificato che la sua detenzione si protrarrà per altri quattro mesi. Ewa Ostaszewska della Fondazione Helsinki per i diritti umani, sua rappresentante, dichiara che non può rimanere così a lungo in un centro di detenzione, in quanto soffre di sindrome da stress post-traumatico. Sewar infatti, oltre alle torture subite, ha già trascorso nove mesi recluso in un carcere siriano. 

«Ho iniziato uno sciopero della fame perché sono stufo delle condizioni in cui mi hanno rinchiuso. Non è un campo, è una prigione. Mi sento come quando ero in una prigione siriana», sono le parole di Sewar, in sciopero da 11 giorni nel Centro sorvegliato per stranieri di Bialystok.
«Questo è l’inferno, non la vita. Devo essere libero. Protesterò finché non sarò rilasciato o morirò – ora tocca a loro».

Lettera scritta da Sewar alle autorità del centro di detenzione di Białystok

Prima di raggiungere il territorio polacco Sewar è stato respinto 21 volte dalle guardie di frontiera anche con l’uso di spray al peperoncino, spiega No Borders Team. Da allora egli soffre di attacchi di panico e claustrofobia e ha tentato già diverse volte il suicidio. 

“Le condizioni di Sewar stanno peggiorando a causa della prolungata detenzione.   Siamo preoccupati per la sua salute e per la sua vita”. 
Aleksandra Łoboda, attivista di Grupa Granica a TOKFM.pl, 18 gennaio 2023

Al momento sono dieci i giorni di sciopero della fame per Sewar e le autorità non hanno acconsentito al suo ricovero in ospedale, denuncia Grupa Granica con un Tweet. Purtroppo gli attivisti e le attiviste dichiarano di non riuscire più ad avere contatti con lui. 

Un appello a sostegno delle proteste e dei diritti delle persone migranti arriva dal canale Telegram di No Borders Team. La sofferenza delle vittime delle pratiche di confine si estende dalla foresta nella regione di Podlasie ai centri di detenzioni presenti in territorio polacco. Le autorità procedono criminalizzando le persone in movimento e coloro che si impegnano quotidianamente nel fornire loro supporto legale e materiale. Ogni forma di lotta viene soffocata con la violenza e ancora una volta ci sono persone che devono protestare per la propria libertà e dignità personale. 

Il nostro ruolo è quello di supportare chi protesta e dimostrare alle autorità di frontiera che non rimarranno impunite e un giorno saranno ritenute responsabili per la loro crudeltà. Noi crediamo in un mondo dove ognuno possa vivere dove preferisce, a prescindere dalla propria nazionalità o religione”. 

Francesca Olivi

Dopo la laurea triennale in Studi Internazionali a Trento, ora frequento un corso di laurea magistrale in International Relations a Bologna, con un focus su criminologia e giustizia. In passato ho seguito una formazione per il volontariato presso il Centro Astalli di Trento per il progetto suXr. Dal febbraio 2022 svolgo il tirocinio curriculare presso l'Associazione Melting Pot.