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La Croazia dopo l’ingresso in area Schengen

Il viaggio di monitoraggio di Bozen solidale

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A pochi giorni dall’ingresso ufficiale della Croazia nell’Unione Europea, Bozen Solidale è tornata lungo la rotta balcanica per monitorare la situazione e capire come sono cambiati gli equilibri all’interno di un Paese che, fin dal 2016, ha sempre utilizzato strategie di espulsione, violenza e tortura nei confronti delle persone migranti in transito.

Dal primo gennaio del 2023 la Croazia è entrata ufficialmente nell’area Schengen, dopo un lungo “avvicinamento” che ha portato, tra le altre cose, alla rimozione dei valichi di frontiera e all’introduzione dell’euro proprio con l’inizio dell’anno. La nostra attività di monitoraggio ha avuto come obiettivo quello di capire come questo grande cambiamento 1 influenzerà le rotte migratorie interne al paese e l’attitudine delle istituzioni locali e della polizia nei confronti delle persone migranti in transito.

Arrivati in Croazia a Rijeka (Fiume), città a tratti cupa nonostante la presenza di un mare cristallino, notiamo inaspettatamente che nei pressi della stazione ferroviaria esiste, anche se rudimentale, una prima accoglienza per le 200, 250 persone in grandissima maggioranza di origine afgana, che transitano ogni giorno attraverso la città. Due piccoli containers con docce e bagni, alcuni bagni chimici, un tendone riscaldato per famiglie e i più vulnerabili, che costituisce anche l’unico luogo dove poter dormire al caldo. La maggior parte dorme sotto la tettoia della stazione ferroviaria in condizioni di estremo disagio e precarietà, davanti degli enormi silos; a gestire il piccolo campo la Caritas e la chiesa locale.

Rispetto alla ormai nota brutalità utilizzata dalla polizia croata nei confronti delle persone migranti 2, ci accorgiamo immediatamente, questa volta, di osservare una situazione diversa. Alcuni poliziotti e guardie della security presiedono permanentemente la stazione, ma, dopo un breve controllo, ignorano e lasciano andare le persone in transito, preoccupandosi solo che non siano troppo visibili per una questione di decoro pubblico.

Dopo che la Croazia ha introdotto il “Seven days paper”, di fatto un “Foglio di Via” che dà il diritto comunque di restare in territorio croato fino a 7 giorni, la condizione dei migranti in transito in Croazia sembra migliorata. 

La “Rotta Balcanica” ha anche preso una direzione diversa: da Velika Kladuša, in Bosnia Erzegovina, le persone transitano per Zagabria dove in treno raggiungono Ogulin, cittadina montana al centro della Croazia, e proseguono fino a Rijeka. Un viaggio che continua, con mezzi pubblici o a piedi fino al confine croato sloveno. 

Attraversando questo confine, ci siamo imbattuti in chilometri di filo spinato ma cancelli aperti, con tanto di cartelli “Area Schengen – No border control” appesi davanti alle strutture di frontiera. Grandi casermoni che, veramente da pochissimi giorni, si erano svuotati di tutto, in primis della polizia di frontiera, entrando a far parte, a buon diritto, di quella che potremmo definire “archeologia borderline“; nei paesi dell’ex Jugoslavia, un mix tra edifici giallognoli e fatiscenti e una improbabile ristrutturazione anni Novanta, quasi una facciata di modernità.

Quei luoghi, spesso ameni e dispersi nel nulla, hanno rappresentato la violenza di uno stato, la Croazia appunto, che per anni, lautamente finanziata dall’Unione Europea, ha perseguito una politica di respingimenti e torture nei confronti delle persone migranti “colpevoli” di attraversare quei territori, di transitare, per raggiungere altri Stati europei; proprio lungo quei confini, alla spalle dei casermoni di confine, svolazzavano droni e pattuglie di polizia di frontiera, ben equipaggiate, che hanno dato vita, per molti anni, ad una vera e propria caccia al migrante ed espulsioni collettive 3.

In pochi giorni, tra autobus, treni e tratti a piedi, abbiamo ripercorso la parte di “Rotta Croata” restando increduli nel vedere poca polizia e pochi, pochissimi controlli per le persone che compiono questo lunghissimo viaggio, che qui vede una delle sue ultime tappe e che termina, almeno nella sua prima parte, nella città di Trieste.

Un “viaggio”, termine che non descrive affatto il dramma di chi lo compie, che può durare mesi, talvolta anni; alcuni ragazzi afgani ci raccontano di essere in “viaggio” da 4 anni e di essere stati rimpatriati dalla Turchia. M.A.K. in Afghanistan era un pubblico ministero: «I talebani non volevano che io continuassi quel lavoro volevano che facessi un lavoro “normale” ed hanno iniziato a minacciarmi. Sono dovuto quindi fuggire prima in Iran poi sono arrivato in Turchia dove sono stato respinto due volte. Arrivato poi in Bulgaria sono stato arrestato dalla Polizia. Ora mi trovo qui perché vivere in Afghanistan non è più possibile per me», ci ha riferito. M., nigeriano, è scappato dal proprio paese verso l’Iran per poi prendere la via della Rotta Balcanica, in viaggio da mesi. E’ arrivato in Italia qualche giorno fa.

La fatica si legge in corpi stanchi, mal vestiti, corpi che hanno addosso l’odore del bosco, della montagna; fango sulle scarpe, spesso bucate, sudore di chi fatica a trovare un minimo di igiene e di cura del proprio corpo, pelle corrugata. Portamento chino di chi si è nascosto per tanto, troppo tempo.

Il cambio di atteggiamento della polizia croata è sicuramente un dato positivo da registrare in questo viaggio. Nonostante ciò, non dobbiamo illuderci che questo rifletta la volontà, a livello europeo, di mostrare una solidarietà che è stata messa in campo per il popolo Ucraino, per esempio, ma bensì interessi locali di una Croazia appena ammessa a tutti gli effetti nell’Unione Europea.

Purtroppo la volontà politica in Europa rimane quella di alzare confini contro persone in fuga da totalitarismi, guerre e cambiamenti climatici, attuando solo quei minimi sforzi che le consentono di mantenere una faccia ipocrita da portatrice di democrazia e diritti umani. L’esempio più lampante è la militarizzazione della frontiera terrestre tra Grecia e Turchia con la costruzione di muri e la posa di centinaia di chilometri di filo spinato nel solco delle fortissime tensioni politiche tra i due Paesi; chi ha attraversato i confini bulgari o ungheresi ci ha raccontato la violenza e la brutalità di quei luoghi, i muri, il filo spinato, l’abbaiare dei cani. 

Il Vecchio Continente rappresenta così la volontà sempre più chiara di respingere già dalle propaggini le persone in transito, dall’Est, appunto, fino alle barriere di separazione di Ceuta e Melilla in territorio marocchino.

  1. La Croazia in Schengen, il prezzo della libertà di movimento – Giorgio Fruscione, ISPI (23 dicembre 2022)
  2. EU admits Croatia to Schengen Without Regard To Abuses at the Border, Human Rights Watch (8 dicembre 2022)
  3. The Croatian Case, Border Monitoring Violence Network

Bozen Solidale

Bozen Solidale ODV è un’associazione di volontariato nata nel 2018 per monitorare la situazione delle persone migranti e senza fissa dimora sul territorio e dare loro supporto. Oltre ad essere impegnata nel contesto altoatesino, monitora la situazione lungo la rotta balcanica e del Brennero.