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Protezione speciale: riconosciuta in virtù della tutela dei diritti fondamentali dei figli minori

Tribunale di Roma, ordinanza del 17 ottobre 2022

Foto di Claudio Colotti, manifestazione 10 novembre 2018 #indivisibili

La cittadina albanese promuove davanti al Tribunale ordinario di Roma, Sezione diritti della persona e Immigrazione civile, la sua opposizione al decreto di rigetto del Questore della provincia di Viterbo, inerente al diritto di ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. ex art 19 d.lgs.286/98 e 32.3 d.lgs.25/08.

Dopo un periodo di soggiorno di due anni in Italia e a seguito di vicissitudini familiari, la ricorrente con il marito e la figlia nata a Viterbo, rientra nel proprio paese di origine per assistere i familiari malati.

Rientra di nuovo in Italia e presenta istanza per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. Una scelta indotta da circostanze personali e famigliari, trovandosi loro in condizioni di vita particolarmente difficili.

Il collegio, nelle ragioni date all’accoglimento del ricorso gettando così il decreto del Questore, fa esplicita menzione alla vita privata e ai rapporti familiari del ricorrente prendendo atto che il nucleo familiare si era ormai stabilito e radicato in Italia.

Il Collegio pone a fondamento della sua decisione, un chiaro e netto collegamento tra le condizioni di vita in Albania (che sono particolarmente difficili, in linea con quanto illustrato da numerosi rapporti di organizzazioni non governative), e l’impatto che esse avrebbero avuto per il nucleo familiare, qualora la ricorrente fosse spedita al suo paese di origine.

Attraverso una tale decisione, il Collegio si conforma altresì, ai dettami della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, mettendo in evidenza che : “Tra le ipotesi di inespellibilità utili ai fini del riconoscimento della protezione speciale, rientra il caso in cui l’allontanamento del cittadino straniero dal territorio nazionale possa dare luogo ad una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché alla violazione di obblighi costituzionali o internazionali”.

In riferimento agli obblighi internazionali, si ribadisce che oltre all’art. 8 della CEDU, un rimpatrio, visto l’età dei figli e la loro integrazione nell’indole sociale italiano, costituirebbe un grave pregiudizio e una violazione dei principi sanciti dalla Convenzione di New York del 1989 rispetto ai diritti della prole, e altresì, comporterebbe una disgregazione del nucleo famigliare stabilmente convivente sul territorio italiano nonché un grave pregiudizio per la prole.

Con siffatto orientamento ed esplicito richiamo ai principi suindicati, il Collegio obbliga l’Autorità decidente a dover tener conto dell’interesse superiore dei figli minori nell’esercizio di valutazione dell’espulsione di un genitore e, in particolare, delle difficoltà legate al ritorno nel Paese di origine del genitore stesso.

Si ringrazia l’avv. Francesco Zofrea per la segnalazione e il commento.


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