Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Status di rifugiato alla richiedente che appartiene al movimento religioso considerato illegale dal governo cinese

Tribunale di Perugia, decreto dell'11 novembre 2022

Dopo cassazione con rinvio (Cass. civ, sez. III, ord. 18.11.2021, n. 35332), il Tribunale di Perugia ha riconosciuto lo status di rifugiata a cittadina cinese seguace della Chiesa di Dio Onnipotente.

Il Giudice ritiene credibili, sulla base del principio indicatogli dalla Cassazione, le dichiarazioni della ricorrente. Nello specifico, prende in esame un particolare comune a molti dinieghi delle CT, ossia il fatto di essere riuscita ad ottenere il passaporto e di non essere stata bloccata all’aeroporto durante l’espatrio. “Detta circostanza non può però neppure assurgere ad elemento ostativo al riconoscimento della protezione, ben potendo essere ipotizzata una spiegazione alternativa quale la fallacia dei controlli in un paese dalle rilevanti dimensioni come la Cina”.

Quindi, passa a confrontare il narrato con riscontri estrinseci. Prende le mosse dall’art. 36 della Costituzione cinese, secondo cui i cittadini godono della libertà di credo religioso. Ma l’ordinamento conferisce allo Stato il potere di limitare tale libertà solo ai culti ammessi (“buddismo, taoismo, islam, cattolicesimo e protestantesimo”) e mantenendo un forte controllo: “Il potere esecutivo invero controlla capillarmente le attività di culto attraverso dei regolamenti al fine di garantire che l’attività religiosa non costituisca una minaccia per l’ordine pubblico e la stabilità”. Tale minaccia è sanzionata dall’art. 300 c.p. cinese “ai sensi del quale chiunque crei o partecipi a sette superstiziose e società segrete, o usi la superstizione per violare la legge o i regolamenti amministravi è soggetto a un periodo di detenzione che va da un minimo di tre ad un massimo di sette anni o nei casi di estrema gravità ad un periodo di detenzione a partire da un minimo di sette anni (non essendo previsto un limite massimo, non si esclude che possa essere comminata la pena dell’ergastolo)”.

Il governo cinese considera illegali le sette definite “xie jiao”, quale quella cui appartiene la Ricorrente. Secondo le fonti COI, tali sette sono oggetto di persecuzione: “La polizia ed i funzionari del governo irrompono nei luoghi di culto per intimidire i fedeli”. Inoltre, “le autorità hanno anche preso di mira gli avvocati che difendono i leader della chiesa”. Ulteriore riscontro esterno alle dichiarazioni della ricorrente è costituito dalla documentazione attestante la frequentazione assidua della Chiesa di Dio Onnipotente di Roma.

Si ringrazia l’avv. Francesco Di Pietro per la segnalazione e il commento.


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